Il 7 luglio 2012 è una data da incorniciare ai posteri. È quella che segna la fine di un sogno, quello dei Boston Celtics che vedono il trio formato da Paul Pierce, Kevin Garnett e Ray Allen, sciogliersi con la partenza di quest’ultimo, direzione Miami Heat. Gli acerrimi rivali del biennio 2010-2012.
Alla conferma della notizia i giocatori in maglia biancoverde sono increduli. Non riescono a capacitarsi di come di fronte al rinnovo avanzato da Ainge e dalle proposte di Clippers, Grizzlies e Timberwolves, il numero 20 abbia ceduto al corteggiamento di Pat Riley.
Secondo Espn, l’ala allora trentasettenne avrebbe avuto diversi screzi nell’ultima stagione al TD Garden, in particolare con la star emergente Rajon Rondo.
Intercettato nei giorni seguenti, Pierce, indimenticato leader di Boston amareggiato e tradito dirà: ”Sarei stato più contento se Ray fosse andato ai Clippers, invece giocherà con i nostri rivali nella Eastern Conference“.
Il resto è storia. I Celtics arrivati al capolinea di uno splendido ciclo, rovinato solo da qualche sfortuna di troppo, vengono spazzati via da New York al primo turno.
A Miami invece il tripudio. Gli Heat sono costretti a sudare le proverbiali sette camicie per avere la meglio dei San Antonio Spurs. In gara 6 Allen disegna allo scadere, una parabola che termina la sua corsa avvolta dalla retina. Pareggio all’ultimo istante. Ai supplementari LeBron e compagni volano in vantaggio e si portano a casa l’incontro.
É il preludio al trionfo che si materializza il 20 giugno. Gli uomini in maglia rossa portano a casa il loro terzo titolo. Allen si gode la festa, la scelta fatta in estate lo ripaga in pieno. Sul piano morale tuttavia qualcosa non torna, l’addio ai Celtics è stato accompagnato da un ciclone di polemiche. Gli ex compagni non gli rivolgono parola. Il vulcanico pubblico biancoverde lo fischia ferocemente al suo ritorno a Boston.
Inizia un periodo complicatissimo. Per anni Pierce e Garnett e gli volteranno lo sguardo evitando di includerlo in qualsiasi discussione concernente il titolo del 2008.
Con il numero 34 l’ascia di guerra verrà sepolta solo nel 2018, come affermato dallo stesso Allen dopo la cerimonia per il ritiro della maglia numero 5 di Kevin Garnett.
“Ho incrociato Paul in Cina nel 2018, qui ho avuto l’opportunità di parlare dei nostri sentimenti, delle cose che abbiamo fatto e non . E una volta fatto questo, siamo tornati a ridere e scherzare. Dopodiché ogni volta che io e Paul ci siamo visti, è stato come se non fosse cambiato nulla. Ora cerchiamo solo di crescere i nostri figli e renderli membri produttivi della società.”
Nondimeno, con Garnett il percorso è più tortuoso. Il “bigliettone” non ne vuole sapere di riappacificarsi con chi ha portato le proprie prestazioni al servizio del nemico, di fatto ricalcando il famoso detto: “se non puoi batterli, unisciti a loro”.
Qualche anno più tardi seppur in un contesto assai differenziato anche Kevin Durant, allora stella di OKC, porterà il suo talento ai piedi della Baia, rendendo di fatto ingiocabile il roster a disposizione di coach Kerr. Insomma un detto banale, quanto mai reale.
Allen approda in un porto destinato al successo, ma il conto da pagare in termini relazionali é di quelli salati, roba che solo il tempo è in grado di placare.
Eppure Garnett e Allen si conoscono dal liceo, un’amicizia sincera e profonda, che si sgretola improvvisamente con una decisione professionale.
“Lo ricordo bene da ragazzetto Kevin, ci provava con mia sorella e le aveva chiesto pure un appuntamento. Andavamo a Columbia e ci allenavamo contro i ragazzi della USC. Questo è il ragazzo che ricordo sempre. Per me, per avere un certo senso di umiltà e di normalità, non puoi non pensare a questi grandi momenti perché devi sempre ricordare da dove vieni. Quello che ci ha permesso di arrivare a grandi livelli è stato l’intenso e grande volume di lavoro per essere i migliori possibili. Non ci allenavamo per alzare di più il peso della trave, ma solo per far sì che l’altro avversario ci temesse e che i nostri compagni di squadra ci amassero”.
Un rapporto che alla luce di questi aneddoti pareva impossibile rompers, e invece una ferita profonda si apre nel 2012. Il sangue scorre sotto forma di frecciate gratuite da una parte e silenzi incessanti dall’altra.
La guarigione arriva solo nel 2022. A dieci anni esatti di distanza. I due si incrociano a Cleveland, nella cornice dell’All-Star game. Sorrisi, scambi di battute, tutto l’opposto di quello che ci si sarebbe potuto aspettare. Lo stesso Ray Allen si dice sorpreso, incurante della splendida sorpresa che qualche settimana più tardi avrebbe ricevuto.
“Non sono mai stato sicuro che volesse riappacificarsi. Pensavo che in quella situazione non avremmo scambiato parola e invece tutt’altro (…) siamo vecchi ora non abbiamo nulla di cui arrabbiarci, abbiamo fatto alcune cose speciali insieme, dobbiamo continuare a celebrare ciò andando avanti. È stato un bel momento per noi, l’All-Star Weekend.”
Successivamente
“Io e lui ci siamo scambiati dei messaggi la settimana dopo perché voleva che partecipassi (allo show di Garnett su Showtime) e io non potevo perché avevo degli impegni da allenatore. Sapevo che almeno si stava muovendo nella direzione di lasciare il passato alle spalle.”
In seguito, Garnett fa espressa volontà di invitare Ray Allen alla cerimonia di ritiro della casacca numero 5 in quel di Boston.
Il resto sono immagini di queste ore. L’abbraccio di ricongiunzione tra i big 3 e l’esclamazione del bigliettone: “bello vederti qui, tu sarai il prossimo”