Al Wells Fargo Center di Philadelphia, Pennsylvania, è andato in scena un vero e proprio massacro sportivo: i San Antonio Spurs, senza i vari Kawhi Leonard, Tim Duncan e Manu Ginobili, tenuti a riposo precauzionale, sono riusciti a schiantare letteralmente i padroni di casa dei Philadelphia 76ers.
Il risultato finale di 119-68 è lo specchio perfetto di quanto si è visto in campo.
Gli Spurs sono stati spietati, hanno giocato un basket divino su entrambe le metà del campo, senza risentire delle assenze pesanti nel quintetto base e nella second-unit: hanno trovato due armi offensive su cui fare affidamento in LaMarcus Aldridge, finalmente decisivo come ai tempi di Portland e capace di segnare 26 punti (11-15 dal campo) e 9 rimbalzi in appena 21 minuti, e in Boban Marjanovic, uscito nel corso del secondo tempo dalla panchina e autore di una prova tanto eccezionale quanto inaspettata. Il gigante serbo è stato capace di segnare 18 punti (career-high in NBA) segnando 8 canestri su 10 tentativi, dimostrando di poter essere chiamato in causa in qualsiasi momento essendo sempre pronto per portare il suo prezioso contributo sotto canestro.
BOBAN!! pic.twitter.com/UKCwzQRi3h
— San Antonio Spurs (@spurs) December 8, 2015
Anche Jonathon Simmons, ripescato per l’occasione da Gregg Popovich dagli Austin Spurs della D-League, ha offerto una prestazione con i controfiocchi, realizzando anche lui il suo career-high da 14 punti, risultando una validissima opzione offensiva quando l’obiettivo diventa aggredire le difese avversarie in penetrazione. In generale tutti gli speroni hanno giocato magnificamente, ottenendo alla fine un net-rating generale (ovvero il margine di punti in 100 possessi) di +62.3, un dato eccellente. La squadra ha tirato con il 61.8% dal campo ed è riuscita a segnare ben 119 punti (season-high) con appena 4 triple messe a segno. Anche la difesa ha lavorato alla grande concedendo agli avversari solamente 68 punti (season-low di punti concessi), riuscendo così a far registrare il nuovo record di franchigia per il maggior scarto di punti in una vittoria (51).
Dalla parte dei Sixers, invece, non c’è stato niente da salvare: la squadra è sembrata completamente allo sbando e in balia della furia nero-argento. Nessuno si è “guadagnato la pagnotta” e tutti hanno sfigurato anche contro le terze linee dei texani durante il periodo di garbage time. La sconfitta sulla carta era pronosticabile e prevedibile, ma perdere in questo modo è sempre irritante e spiacevole. Ora tutti si domandano se il progetto del GM Sam Hinkie sia davvero valido e se, invece, non abbia sbagliato tutte le strategie adottate fino ad ora per rendere la squadra una contender entro pochi anni. Insomma, a Philadelphia ne escono veramente tutti con le ossa rotte.
MVP DELLA PARTITA: LaMarcus Aldridge. Come detto prima il lungo texano è sembrato essere tornato quello di Portland, quello che riusciva a scardinare ogni difesa avversaria, grazie anche all’aiuto di Damian Lillard. Speriamo che continui su questi livelli.
PEGGIORE IN CAMPO: Jahlil Okafor. Il rookie non è mai riuscito ad essere incisivo ed è risultato anche molto impreciso al tiro. Uscito dalla panchina a metà del primo quarto ha subito sbagliato le prime 4 conclusioni, commettendo, inoltre, due falli evitabili che lo hanno costretto a risiedersi subito accanto ai propri compagni e al proprio allenatore. Ha concluso la sua gara segnando 10 punti, tirando malissimo (3-14 dal campo) e catturando solamente 4 rimbalzi in 29 minuti di gioco. Da lui ci si aspetta molto di più.
HIGHLIGHTS
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