Un Clasico è sempre un Clasico, ma assume ancora di più i contorni della sfida fratricida nel momento in cui ha luogo sul più prestigioso palcoscenico europeo. Un palcoscenico in cui non contano più le sfide stagionali avvenute in Liga ACB o in Eurolega, tanto meno in Coppa del Re. Le Final Four sono una partita a sé, con tutto il peso emotivo che ciò può comportare.
Qui Barcellona
Non è dato conoscere l’autentico stato d’animo di Sarunas Jasikevicius nel momento in cui “Trinca”, al secolo Andrea Trinchieri, ha quasi miracolosamente condotto il suo Bayern Monaco a vincere in Catalogna, in una sfida che aveva il sapore della Champions League targata non FIBA, ma UEFA. Certamente Saras non si aspettava di uscire con il referto giallo, contro un avversario che aveva perso il proprio top scorer, Darun Hilliard.
Una gara che ha messo in luce tutte le pecche del Barcellona di questa stagione, la squadra dal roster nettamente più forte d’Europa, ma che non di rado di amnesie tanto difensive quanto, soprattutto, offensive, nel momento in cui i propri orchestrali si mettono a suonare da soli senza dare una parvenza di organicità allo spartito. È stato questo, finora, il grande limite dei blaugrana, ed è forse l’unico elemento che potrebbe tenerne svegli i tifosi.
Per il resto, infatti, parliamo di una squadra completa in ogni reparto, ma la cui pietra angolare è senza dubbio Nikola Mirotic. Il montenegrino passaportato spagnolo è ormai da alla terza stagione a Barcellona, dopo essere stato svezzato nel Real Madrid, e il fatto che la sua versatilità e la sua pericolosità offensiva ne abbiano fatto il fulcro dei catalani ha rinfocolato gli animi nelle sfide tra questi ultimi e la Casa Blanca.
Altro ex-madrileno è anche Nicolas Laprovittola, che con la sua tripla a meno di un minuto dalla fine ha mandato i titoli di coda in gara-5 contro i bavaresi. Il baffuto argentino si divide con il greco-americano (non dimentichiamo mai che è nato e si è formato in Florida) Nick Calathes la gestione della sfera, ed entrambi sono efficaci tanto nel giocare il pick&roll quanto nel farsi trovare liberi sugli scarichi per un tiro da fuori.
La pericolosità diffusa e il gioco elaborato sono, a conti fatti, la lama a doppio taglio del Barça: possono risultare inarrestabili per gli avversari così come problematici da gestire per i giocatori in campo. Se vuole portare a casa la sua prima Eurolega come coach, Jasikevicius dovrà selezionare gli schemi su cui insistere, non ingabbiare l’alto talento medio dei suoi e… non farsi prendere dall’emotività.
Qui Real Madrid
Ci sono due francesi, due statunitensi e un capoverdiano nel pitturato. Sembrerebbe l’inizio di una qualsiasi barzelletta, e invece è la descrizione della frontline merengue pronta a sfidare gli avversari di sempre, consapevole che finora i summenzionati scontri diretti hanno sorriso ai catalani.
Se la forza del Barcellona si concentra soprattutto nel reparto esterni, con i lunghi a fornire un riferimento in area o pronti a creare situazioni che portino vantaggi, quella del Real Madrid va invece sicuramente ricercata tra i big men. Yabusele, Poirier, Thompson, Randolph e Tavares sono infatti la fanteria pesante grazie alla quale Pablo Laso può legittimamente sperare di fare uno scherzetto al collega Jasikevicius, in una sfida che altrimenti sarebbe proibitiva.
Intendiamoci, non è che Llull o Fernandez siano diventati improvvisamente dei giocatori da minors, anzi, il loro apporto è stato fondamentale in gara-3 contro un Maccabi Tel-Aviv ormai lontano parente di quello che abbiamo visto all’inizio della precedente decade. Che abbiano perso smalto rispetto ai giorni d’oro a causa dell’età che avanza è tuttavia però incontrovertibile, ma che nulla toglie a due campioni in grado di fare ancora la differenza.
Si è trattato di un vero e proprio spostamento d’asse da fuori a dentro, con pick&roll e giochi alto-basso che hanno la funzione di attivare i giocatori blancos che stazionano nei pressi del ferro. Laso, allenatore di acuta intelligenza e per nulla dogmatico, ha implementato un sistema che esalta i lunghi senza frustrare gli esterni, tenendo attivi, e quindi, potenzialmente pericolosi, tutti gli uomini a sua disposizione.
Proprio lui, messo frequentemente nel mirino da un ambiente che sembra esaltarsi nell’innalzare idoli per poi abbatterli con lo stesso verginale entusiasmo, a Belgrado ha tutte le carte in regola per sorprendere nuovamente i suoi critici e uscire vincitore, con i tifosi a festeggiare poi, come di consueto, alla fontana di Cibele. Seguiti magari, nel giro di una settimana, dai colleghi della sezione pallonara.