Quella che sembrava essere una maledizione è finalmente spezzata. I Boston Celtics centrano la loro ventiduesima apparizione alle NBA Finals, dopo nove anni di progettazione e quattro finali di Conference disputate.
La vittoria in gara 7 contro i Miami Heat è stato il compimento di una svolta stagionale iniziata a gennaio e proseguita in un crescendo rossiniano di vittorie, condite da una splendida fase difensiva.
Tra i protagonisti di questo intenso viaggio c’è Al Horford, vera rivelazione della post-season e pilastro del sistema di gioco architettato da coach Ime Udoka.
Nella notte della FTX Arena, il numero 42 biancoverde ha lavorato tanto sotto traccia, ergendosi a muro nella propria metà campo e lasciando il compito realizzativo ai compagni. Alla sirena il tabellino ha recitato 5 punti e soprattutto 13 rimbalzi.
Per l’ex Thunder, quella di giovedì contro gli Warriors sarà la prima apparizione alle Finals, dopo una carriera che lo ha visto prendere parte a 141 incontri di playoffs, senza mai raggiungere l’atto conclusivo.
Eppure nella quindicennale esperienza nella lega americana, diverse sono state le occasioni per centrare il palcoscenico più ambito: nel 2016 con la casacca di Atlanta, le speranze del lungo dominicano si schiantarono contro l’egemonia del Re e dei suoi Cleveland Cavaliers.
Nel 2017 e nel 2018, passato nel frattempo ai Boston Celtics, fu ancora LeBron James a sbarrargli la strada verso le finali. Insomma un percorso tortuoso e una rincorsa durata un’eternità, che giovedì troverà una degna chiusura del cerchio.
Come riportato da Ryan Young di Yahoo Sports, al termine del match, un fiume emozionale ha travolto Horford, che nelle parole rilasciate ad Alex Barth di 98.5,non ha nascosto orgoglio ed entusiasmo per un traguardo raggiunto insieme a un gruppo, quello dei Celtics, definito “speciale”: “Sono emozionato ed eccitato . Ho lavorato duramente, ho fatto parte di molte buone squadre, buoni compagni di squadra. Sono molto orgoglioso di questo gruppo… per me è davvero speciale farne parte”.