Per decenni, gli LA Clippers sono stati la barzelletta della NBA. Per interrompere una striscia infinita di sconfitte e umiliazioni è servita l’epoca di Lob City, che ha reso rilevante la franchigia, ma che non è comunque riuscita a portarla fino al titolo. Al momento non ci è riuscita nemmeno la squadra di Paul George e Kawhi Leonard, i cui arrivi avevano fatto sognare ai tifosi la nascita di una nuova dinastia. Ecco il quintetto ideale dei Los Angeles Clippers dal 2000 in avanti.
Point guard: Chris Paul
Il mancato approdo di CP3 ai Los Angeles Lakers e la sua conseguente cessione ai Clippers segna il destino delle due franchigie negli anni Dieci.
Da un lato condanna i gialloviola agli abissi che accompagneranno Kobe Bryant all’addio, dall’altro permette ai ‘cugini poveri’ di diventare una delle squadre più spettacolari di sempre. Le imbeccate di Paul per le schiacciate di Blake Griffin e DeAndre Jordan fanno conoscere Lob City al grande pubblico, e allo stesso tempo trasformano i Clippers in una contender. Nelle sei stagioni trascorse in California, Chris diventa un candidato fisso al premio di MVP, aggiunge al suo palmarès 5 All-Star Game e altrettante inclusioni nel primo quintetto All-Defensive e nei quintetti All-NBA, guida tre volte la lega per recuperi e due volte per assist. A fare da contraltare a questo glorioso bottino individuale ci sono i troppi passi falsi compiuti durante i playoff e gli infortuni che tempestivamente infrangono ogni speranza della squadra. Nell’estate del 2017, dopo l’ennesima eliminazione prematura, Paul viene ceduto agli Houston Rockets, facendo calare il sipario su Lob City.
Guardia: Paul George
Reduce da una stagione da candidato MVP nell’Oklahoma, a luglio 2019 George viene ceduto ai Clippers. Insieme a lui arriva a Los Angeles Kawhi Leonard, e la corsa al titolo NBA ha subito una nuova favorita. Sul piano individuale, PG13 non tradisce le attese, facendo presenza fissa agli All-Star Game e nei quintetti All-NBA. Ai playoffs, però, la musica cambia; nel 2020 le sue performance sottotono favoriscono la rimonta dei Denver Nuggets, che fermano George e compagni al secondo turno. L’anno dopo, con Kawhi ai box, PG trascina la squadra alle prime finali di Conference della sua storia, ma i Phoenix Suns hanno la meglio. Nelle due stagioni successive, quando conta, le superstar non ci sono. Nel 2022, al termine di una stagione giocata interamente senza Leonard, George è costretto a saltare il play-in contro i Pelicans per i protocolli anti-Covid. Nel 2023 viene messo fuori causa da un infortunio al ginocchio destro a ridosso dei playoffs, condannando i Clippers all’eliminazione sempre per mano dei Suns.
Ala piccola: Kawhi Leonard
Più che l’arrivo di George, a solleticare maggiormente la fantasia dei tifosi Clippers è l’approdo in California dell’MVP delle Finals 2019, capace di guidare i Toronto Raptors al loro primo titolo NBA giocando dei playoffs da assoluto protagonista. Con un fuoriclasse del genere in organico, la franchigia di Steve Ballmer può ambire a un dominio prolungato sulla lega.
Il primo anno con il nuovo assetto sembra rispettare le previsioni; Kawhi viene inserito nel secondo quintetto All-NBA e nel secondo All-Defensive e trascina i Clippers a un passo dalle Conference Finals nella Bolla di Orlando. Proprio quando bisogna compiere quell’ultimo passo, però, Leonard stecca clamorosamente, al pari del compagno Paul George, contribuendo alla rimonta dei Denver Nuggets. Nel 2020/21 Kawhi è straordinario; gioca il suo quinto All-Star Game e viene incluso nel primo quintetto All-NBA per la terza volta in carriera. I Clippers sono lanciatissimi, ma la loro superstar li abbandona sul più bello. Durante gara-4 del secondo turno playoffs, contro gli Utah Jazz, Leonard si ferma per un dolore al ginocchio. Inizialmente sembra che possa rientrare da un momento all’altro, poi i tempi di recupero si allungano misteriosamente, infine viene annunciato che Leonard non solo ha chiuso la sua serie e i suoi playoffs, ma che salterà addirittura l’intera stagione successiva. Si rivede in campo dopo quasi un anno e mezzo, e il copione è invariato; quando gioca, Kawhi è inarrestabile, ma molto spesso non gioca. Dopo aver collezionato appena 52 presenze in regular season e aver giocato due partite impressionanti al primo turno playoffs, contro Phoenix, Leonard si ferma di nuovo per la lesione di un menisco, compromettendo per l’ennesima volta le ambizioni di gloria della squadra.
Ala grande: Blake Griffin
Il primo punto di svolta nella storia recente dei Clippers è l’arrivo di Blake Griffin, prima scelta assoluta del draft 2009. Dopo aver saltato il primo anno per un infortunio al ginocchio subito in preseason, Blake scende finalmente in campo, e fin dalle prime partite incanta le arene di tutta America con le sue incredibili schiacciate.
Termina la stagione da rookie a 22.5 punti di media, ed è la prima matricola dai tempi di Yao Ming a partecipare a un All-Star Game. Quel weekend, Griffin trionfa allo Slam Dunk Contest, realizzando tra le altre una schiacciata saltando un’automobile, che diventa subito una pagina indelebile nella storia della manifestazione. Negli anni seguenti, Blake dimostra di non essere solo un’atleta disumano, ma anche un giocatore sempre più completo; tra il 2012 e il 2015 viene inserito costantemente nei migliori quintetti All-NBA, e nel 2014 arriva dietro ai soli Kevin Durant e LeBron James nelle votazioni per l’MVP. I Clippers di Lob City sono ospiti fissi dei playoffs, ma non riescono mai a superare l’ostacolo del secondo turno; un po’ per via di alcune disfatte clamorose, come quella del 2015 contro Houston, un po’ a causa degli infortuni delle loro stelle nei momenti meno opportuni. Griffin si ferma nel 2016 per un problema al quadricipite, favorendo la vittoria di Portland, e l’anno dopo per un infortunio al piede, che lascia campo libero agli Utah Jazz. Incassata l’ennesima delusione, il front office decide di scrivere la parola “fine” all’epopea di Lob City. In estate viene ceduto Chris Paul, e a gennaio tocca a Blake Griffin, che aveva da poco firmato una ricca estensione contrattuale. BG finisce ai Detroit Pistons, con i quali vivrà un paio di buonissime stagioni prima di imboccare il viale del tramonto.
Centro: DeAndre Jordan
Il colosso da Texas A&M viene pescato a inizio secondo giro del draft 2008. Trascorre le prime stagioni NBA come riserva di Marcus Camby e Chris Kaman, ma nel 2010/11 la cessione del primo e gli infortuni del secondo aprono a DJ le porte del quintetto. Destinatario perfetto per le alzate di Chris Paul e Blake Griffin, Jordan diventa un pilastro dei Clippers di Lob City. Due volte miglior rimbalzista della lega, tra il 2015 e il 2017 fa presenza fissa nei quintetti All-NBA e si guadagna due inclusioni nell’All-Defensive First Team. Nel 2017 DeAndre viene convocato al suo primo e unico All-Star Game, dopodiché la franchigia decide di premere il tasto “reset” e ricostruire. DJ è l’ultimo componente di quell’elettrizzante formazione ad abbandonare la California. Nell’estate del 2018 forma con i Dallas Mavericks, la stessa squadra che aveva clamorosamente rifiutato tre anni prima.
Sesto uomo: Elton Brand
Nelle fila dei Clippers hanno militato due dei migliori sesti uomini di sempre: Jamal Crawford e Lou Williams. Entrambi meritano senz’altro una menzione d’onore, ma non si può negare questo posto alla prima, vera star della squadra nel nuovo millennio. Prima scelta assoluta del draft 1999, disputa due ottime stagioni a Chicago, poi viene ceduto ai Clippers in cambio della meteora Brian Skinner e dei diritti su Tyson Chandler, con cui i Bulls sperano di ripartire. Nei sette anni trascorsi in California, Brand si attesta stabilmente attorno ai 20 punti e 10 rimbalzi di media. Nel 2002 debutta all’All-Star Game e ci torna nel 2006, quando viene inserito nel secondo quintetto All-NBA e riporta i Clippers ai playoffs dopo 9 anni di assenza. Nell’estate del 2007, Elton si lesiona il tendine d’Achille durante un workout individuale, e si rivede in campo solamente ad aprile. Al termine di un’altra stagione chiusa senza playoffs, decide di lasciare Los Angeles e di firmare da free agent per i Philadelphia 76ers, dei quali a fine carriera diventerà un dirigente.
Allenatore: Doc Rivers
L’ascesa di Lob City è avvenuta con Vinny Del Negro in panchina, ma è l’avvento di Doc Rivers, nel 2013, a inaugurare i migliori anni di quella grande incompiuta. Nelle quattro stagioni successive, i Clippers si impongono fra le superpotenze della Western Conference, e si presentano costantemente ai playoffs tra i favoriti assoluti. Ciò non toglie che una parte delle responsabilità per i ripetuti flop della squadra, oltre agli infortuni nei momenti chiave, vada attribuita a colui che, per un certo periodo, ne è stato sia l’allenatore sia il presidente. Dopo gli addii di Chis Paul e Blake Griffin, Rivers guida L.A. a un sorprendente 2018/19, chiuso al primo turno playoffs contro la corazzata Warriors. Gli arrivi di Kawhi Leonard e Paul George fanno aumentare nuovamente la pressione, ma nella Bolla di Orlando, Doc si rende protagonista dell’ennesima rimonta subita ai playoff, stavolta per mano dei Denver Nuggets. Un fallimento che non ammette alibi; Rivers viene esonerato e rimpiazzato dal suo primo assistente, Tyronn Lue.