Kyle Anderson
Kawhi Leonard si sta allenando più frequentemente con il proprio team. Nell’ultima settimana infatti, il giocatore avrebbe portato a termine tutti gli allenamenti, dando un ottimo segnale allo staff medico.
L’infortunio del numero 2 dei San Antonio Spurs, sembra migliorare giorno dopo giorno e il ragazzo è pieno di buone sensazioni.
Anche i compagni di squadra pensano che ormai, il loro leader sia pronto a tornare in campo.
Le dichiarazioni di Kawhi Leonard
In un’intervista ad ESPN il giocatore dichiara: “Mi sento meglio in questo periodo” e conclude: “Dovrei tornare a giocare presto”. Sempre fonti ESPN inoltre, rivelano che lo staff tecnico potrebbe rilanciare Kawhi Leonard nella gara contro i Detroit Pistons.
Il rientro avrebbe un tempismo perfetto, visto il recente stop di Kyle Anderson, che tanto ha dato in queste sue ultime prestazioni. Senza Kawhi Leonard, i San Antonio Spurs si stanno piazzando alla terza posizione della Western Conference. La squadra, su 24 match ne ha portati a casa ben 16 con una percentuale di vittoria che si aggira intorno al 66%.
Il ritorno del numero 2 quindi, servirà alla squadra di Gregg Popovich per mantenere costante il rendimento, ma soprattutto ad riavere un leader in campo.
Kawhi Leonard infine, con il suo rientro, potrà ricominciare a pensare anche alla rincorsa al titolo di MVP, che nonostante l’infortunio rimane sempre alla portata di un giocatore straordinario come lui.
San Antonio Spurs: Westworld
In un futuro non molto lontano, c’è un immenso parco tematico western abitato da robot con sembianze umane. Uomini e donne sono soliti frequentare il parco di Westworld per passare una splendida giornata a tema western, interagendo con i robot stessi che, oltre ad essere indistinguibili dagli esseri umani, presentano una complessa componente psicologica. Le regole sono semplici: i robot sono determinati da una serie di linee narrative studiate dagli sceneggiatori del parco. Agli umani è concesso accettare di partecipare alle linee narrative previste dagli sceneggiatori accentando, ad esempio, di partecipare alla cattura di un pericoloso bandito, o se frequentare e visitare tranquillamente il parco. Per ogni robot la vita è una sorta di loop: giornalmente vengono ricalibrati e riprogrammati, annullando i ricordi legati alla giornata precedente, aumentando però la loro conoscenza e diventando sempre più indistinguibili dagli esseri umani.
Il tutto viene gestito da fuori, come detto, da tecnici ed esperti che monitorano quello che succede e che decidono cosa far fare ai robot e quando, negando agli stessi la conoscenza del mondo esterno al parco. Nulla è più simile di Westworld se non la franchigia di San Antonio.
Ci sono voluti circa 15 anni perchè gli Spurs diventassero una piccola Westworld, che trova come esempio per eccellenza Kawhi Leonard. Definito da molti analisti Robocop, Leonard incarna a tutti gli effetti cosa significa la Spurs Culture: disinteressarsi (si fa per dire) alla regular season, controllo del minutaggio, dominio della partita, pace controllato e soprattutto efficienza. Mai una parola fuori posto, tutto sempre sotto controllo, anche nei momenti più tesi di una partita, l’applicazione sistematica dei principi di Popovich a beneficio di tutta la squadra, il tutto nel corpo del prodotto di San Diego State. Kawhi Leonard ha raccolto non senza difficoltà (mascherate dal sistema e dalla cultura creata da Popovich) il testimone di Tim Duncan ed è proprio su di lui che verte il futuro della franchigia.
La scorsa stagione si è interrotta, in buona sostanza, con la vittoria dei neroargento sui Golden State Warriors in Gara 1 della finale di Conference, anche se il risultato dice tutt’altro. Gli Spurs hanno dato filo da torcere ai loro avversari, compattando tutto il gruppo dopo l’infortunio di Kawhi.
Quello che però si può certamente dire è che a questo punto della sua avventura Gregg Popovich si trova ad un bivio cruciale: perseguire con i due lunghi, in totale controtendenza con l’andamento generale della lega, e puntare tutto sul dominio (mentale e del ritmo) della partita da parte del numero 2 e sulla efficienza (offensiva e difensiva); oppure alzare il ritmo della partita, attraverso un più elevato pace e passando allo small ball? Popovich, infatti, dispone potenzialmente di un 4 che non vuole giocare 5, che è LaMarcus Aldridge, ed un Rudy Gay che non potrebbe scalare nella posizione di ala forte. Ed eventualmente ci sarebbe anche Leonard, che subirebbe un’ulteriore evoluzione.
Durante la offseason, agli Spurs sono stati associati numerosi giocatori, soprattutto nel ruolo di point guard, scoperto dopo l’infortunio di Tony Parker: si è parlato anche di Kyrie Irving, operazione che non è nemmeno partita. Alla fine sono stati offerti nuovi contratti a Pau Gasol e Patty Mills, entrambi confermati.
Il movimento di mercato più importante dell’estate in casa San Antonio, è, però, la firma per un biennale di Gay, reduce da un infortunio importante al tendine d’Achille. Il suo acquisto è fondamentale perché sopperisce a Jonathan Simmons. Popovich scommette sulla possibilità di avere un giocatore molto simile a Simmons dal punto di vista della strutturazione fisica, che lo rende in grado di poter difendere e giocare diversi ruoli, ma allo stesso tempo potrà disporre di uno scorer naturale, in grado di costruirsi un tiro anche da fermo. Se le parole di Gay incoraggiano dal punto di vista della sua motivazione personale ad essere determinante e sulla sua voglia di mostrare anche le sue capacità difensive, da un punto di vista tecnico sarà complicato capire quanto tempo ci vorrà perché il giocatore si riveli un fit importante per gli Spurs. In questa stagione più che mai è estremamente complicato capire quale sarà la conformazione degli Spurs, l’ordine nelle gerarchie e soprattutto come verranno utilizzati i lunghi.
Guardando il roster, appare evidente che vi sia una sovrabbondanza nei ruoli 1 e 2, e gravi lacune se si pensa alla qualità generale nel frontcourt: i nomi che spiccano sono chiaramente quello di Pau Gasol che ha giocato un Eurobasket straordinario, alla veneranda età di 37 anni, e Aldridge, additato da tutti come il giocatore non all’altezza delle aspettative, specie perché la sua presenza e la sua immobilità intasa l’area non agevolando le spaziature. Senza contare che alcuni giocatori sono avanti con l’età (Manu Ginobili ha 40 anni, per esempio), e i giovani non sembrano essere capaci di esplodere o diventare decisivi.
Anche in questa stagione tutto sembra sarà in mano a Leonard, divenuto, ormai, totalizzante. E’ perfettamente in grado di condizionare tanto in difesa quanto in attacco. L’incoronazione, a seguito della miglior stagione della carriera (25.5 punti, 5.8 rimbalzi, 3.5 assist a partita), è di Michael Jordan: “E’ il miglior two-way player della Lega”.
Soprattutto nei primi mesi della stagione gli verrà richiesto di prendere tutte le decisioni in attacco, ruolo che andrà sicuramente a condividere con Parker al momento del ritorno. Come detto, la scorsa annata è stata la migliore dal punto di vista individuale, ma i numeri non spiegano quanto sia stato importante per la squadra. Era la prima stagione senza Duncan e lui si è dimostrato prontissimo a coglierne il testimone, che non è una eredità nel senso puramente tecnico, ma dal punto di vista di leadership: la capacità di essere sempre presente per la squadra, di essere una guida silenziosa e di sfruttare, a beneficio degli altri e all’interno del sistema, il corpo che si ritrova.
Grandissima dell’economia offensiva degli Spurs passa dalle mani di Leonard.
La stagione che gli Spurs hanno all’orizzonte è, per i motivi più diversi, particolarmente importante. Sono attesi, con non poche aspettative, i giovani che, per i motivi che abbiamo precedentemente detto, troveranno, specialmente all’inizio, largo spazio: stiamo parlando di Dejonte Murray e Kyle Anderson. Entrambi sono stati nella scorsa stagione gradualmente inseriti trovando largo spazio soprattutto nella parte finale. Come dimostra l’altezza, sono degli esterni con una strutturazione fisica versatile che li rende facilmente accoppiabili con un vasto numero di giocatori NBA. In particolare Anderson potrebbe rivelarsi una versione giovane e rivisitata (secondo gli insider) di Boris Diaw, per l’elevato IQ cestistico e la buonissima capacità da passatore, ma con dei limiti fisici particolarmente evidenti (mancanza di rapidità e di forza fisica). Le lacune fisiche di Anderson sono però oscurate dall’impianto di gioco che gli hanno consentito un Plus/Minus difensivo pari a 3.7, dietro solo a Leonard e Danny Green. Il suo miglioramento e il conseguente miglioramento della squadra passerà anche dalla sua capacità di prendere più tiri da 3, dopo aver lavorato a lungo con l’assistente Chip Engelland (che migliorò il tiro di Ginobili e ampliò il raggio di tiro di Leonard).
In rotazione, gli Spurs dispongono anche di Joffrey Lauvergne, che ha fatto innamorare Buford per la sua capacità di sopperire la sua mancanza di atletismo con una elevata comprensione del gioco e la varietà di movimenti in post e la duttilità che gli consente di giocare da 4 e da 5 indifferentemente, grazie anche alla sua capacità di conquistarsi il rimbalzo. Ultimo, non per ordine di importanza è Davis Bertans, il tassello dimenticato della trade che portò a San Antonio Kawhi in cambio di George Hill. Nella scorsa stagione il lettone si è costruito un altarino molto solido presso Popovich, stupito dalle sue letture dalla sicurezza con cui il giovane ha giocato in tutta la stagione. Per strutturazione fisica, Bertans è il giocatore utile anche nel tiro da tre (40% su 2.5 tentativi a partita).
Ci sono molti motivi per cui la regular season degli Spurs, anche se l’estate non è stata certo memorabile, potrebbe rivelarsi oltre le aspettative. Popovich dispone di un gruppo solido, che conosce perfettamente cosa il coach desidera in ogni aspetto. I giovani sono stati mantenuti ed educati nel corso di questi anni molto sotto traccia, lasciando loro sviluppare le singole qualità che servono a giocare per questa particolarissima squadra. Sarà sicuramente una stagione transitoria, in quanto sarà necessario trovare il modo più coerente per far convivere il trio Leonard-Gay-Aldridge e non soffrire nella metà campo difensiva. Lo sviluppo della squadra passerà dal limitare le lacune individuali di Gay e Aldridge in fase offensiva, perché sono molto propensi a giocare isolamenti, ed integrarli in un sistema che li renda partecipi ma che non rovinino la spaziature, come è successo negli ultimi anni.
La chiave sarà sicuramente la costruzione del tiro da 3; gli Spurs, infatti, sono i migliori dal punto di vita della efficienza da oltre l’arco (39.1%), ma venticinquesimi per tiri tentati (23.5), che non impatta minimamente nel considerarli pericolosi in quella zona del campo. Questa particolarità è data da una inflessione al tiro del veterano Danny Green, l’elemento di stabilità della squadra, e dal fatto che i neroargento non hanno tiratori affidabili. Gasol, che ha iniziato a tirare da tre in maniera continuativa, non è assolutamente un fattore da questo punto di vista (meno di un tentativo realizzato a partita). Trovare il modo di aprire le difese avversarie sarà fondamentale per provare a rimanere ad alti livelli anche ai playoff e per permettere a Gay e Aldridge (gli scorer puri) fare quello che sanno fare meglio. Ancora una volta il punto di forza degli Spurs sarà la panchina, guidata da Mills,un altro veterano. E se nei momenti importanti della stagione Ginobili dovesse avere qualche sprazzo dei suoi…
Pronti ad essere smentiti, è facilmente prevedibile l’ingresso degli Spurs in postseason, cosa che succede da circa vent’anni. Questa volta, però, l’ingresso tra le prime quattro non è così scontato come negli anni scorsi, anche perché la concorrenza ad Ovest è spietata.
Il curioso caso di Kyle Anderson
Se dovessi rispondere ad una ipotetica domanda su chi sia lo sperone che, in campo, mi faccia divertire di più, non avrei dubbi: Kyle Anderson. Nickname ‘Slow-Mo’. Azzeccatissimo. Sì, perché ciò che colpisce maggiormente di Kyle a primo impatto, è la sua incredibile lentezza. Capace di rubare un possesso, partire indisturbato verso il canestro, prepararsi per schiacciare e…niente. Stoppata dell’avversario. Forse più incredulo dello stesso Anderson nel capire come sia riuscito a recuperargli tutti quei metri di svantaggio.
Tim Duncan,dopo un’azione svoltasi esattamente in questo modo, ha comicamente commentato: “I can get Kyle in a footrace. I can get him. That’s bad.”. Ai tempi, 39 anni lui contro i 22 del nostro ‘Slow-Mo’.
Divertente, appunto. Tutto qui?
Assolutamente no. Anzi, partiamo proprio dall’anteporre il fatto che ridimensionare Kyle Anderson ad un giocatore semplicemente troppo lento, sarebbe un delitto.
Rarità. Una delle due parole chiave per descriverlo.
Origini giamaicane e cinesi. Classe 1993. Alto 2.06 m con una apertura di 2.21 m. Ruolo: tutti. Cosa?
Ebbene si. Il n#1 di San Antonio può ricoprire qualsiasi posizione indistintamente.
Nato con la palla a spicchi tra le mani, è stato cresciuto dal padre (allenatore di pallacanestro liceale) come point guard. L’obbiettivo era quello di abituarlo, fin dall’inizio, ad un approccio mentale da giocatore ‘più basso‘ in campo in modo da poterne variare le possibilità di utilizzo in partita. Difficile però, perché Kyle, in relazione alla propria età, è sempre stato molto alto. Come fare allora? Una soluzione tanto semplice quanto intelligente. Il padre infatti, lo porta a giocare nella American Athletic Union (AAU) -lega amatoriale americana- con gente più grande, sia di età che di statura, del giovane Kyle.
Ecco l’innesto. Ciò che indelebilmente marcherà il processo di maturazione di mr Slow-Mo:
la possibilità di sviluppare, sin da subito, doti di playmaking decisamente inusuali per un’ala naturale come lui. E sarà proprio questo il punto cardine di Anderson. Ciò che farà la differenza. Ciò che gli permetterà di meritare la NBA. Fisicità, intelligenza e duttilità tattica. Da Forward a Point guard. Da Point guard a forward. In qualsiasi momento.
La rarità che contraddistingue un giocatore come Kyle Anderson non è passata inosservata. La carriera al college con UCLA è stata di prim’ordine infatti. Oltre al raggiungimento di diversi riconoscimenti individuali (tra cui un All-Pac-12 first team e un All-American third-team, nel 2014, trascinerà la propria squadra a vincere il proprio primo titolo nel torneo di Pac-12 conference. Sarà votato Most Outstandig Player (MOP) della competizione e diventerà il primo giocatore nella storia della conference, a far registrare 200 rimbalzi e 200 assist in una sola stagione. Ma non finisce qui. C’è dell’altro.
Dopo la finale di titolo vinta da UCLA infatti, in cui Kyle contribuirà con 21 punti, 15 rimbalzi e 5 assist, l’allora coach di Arizona, Sean Miller, dichiarerà: ”Non so se ho mai visto un playmaker capace di realizzare questi numeri con solo una sola palla persa in tutta la partita”. Già, perché l’altro grande merito di questo ragazzo, è la capacità di congiungere una più che buona visione ad uno stile di gioco semplice. Il risultato? Una media turnovers/partita bassissima. Puro oro colato.
La totale mancanza di rapidità però, è fin troppo evidente. Ed è proprio questa la ragione per cui le previsioni, al NBA Draft del 2014, daranno Kyle al massimo tra le ultime chiamate del primo giro. E così sarà. 30° scelta, San Antonio Spurs.
Oggi, l’ex play di UCLA è alla terza stagione con i texani e con la partita di Toronto, complici i molteplici infortuni, ha già eguagliato il numero di presenze da titolare della stagione scorsa (11).Tuttavia, detto questo, non c’è nulla di particolarmente eclatante da segnalare nella sua giovane carriera da professionista. Non ci sono, infatti, partite in cui ha fatto parlare di sé. Le sue attuali cifre parlano chiaro: 2.9 punti, 1.0 assist e 2.6 rimbalzi in 14 minuti scarsi a partita. Decisamente numeri mediocri. Ma allora, cosa c’è di divertente?
Utilità. L’altra parola chiave per descriverlo.
Parliamoci chiaro. Kyle Anderson non sarà mai un All-Star o un giocatore franchigia. Non sarà mai un elemento in grado di stravolgere da sé l’andamento di una partita. Non è nelle sue corde e quasi sicuramente, non lo sarà mai. Eppure, sono sicuro che non ci sia una sola squadra nella lega a cui non tornerebbe utile un talento come il suo. Kyle Anderson ha il grande merito di aver reso della versatilità la propria arma migliore. Testimone vivente di come l’intelligenza tattica sia in grado di fare la differenza, tanto da permettere ad un giocatore come lui, completamente privo di rapidità, di giocare nella massima espressione di questo sport. Poter subentrare in qualsiasi momento al posto di un qualsiasi compagno; poter sovvertire gli equilibri fisici in gioco creando continui mismatch sia offensivi che difensivi; poter persino sfruttare la propria lentezza per rallentare il gioco quando la squadra lo necessita. Semplici esempi di come il potenziale di questo giocatore possa essere sfruttato in molteplici situazioni. Quanti sono i giocatori nella NBA con queste capacità?
23 anni. Polivalenza più che rara. Una vita davanti per migliorare tecnicamente. Come potrebbe non essere divertente? Pensiamo ad una partita a Scala 40. Peschiamo e troviamo il jolly. Ecco, quello è Kyle Anderson.
Spurs, chi sostituirà Marco Belinelli?
Nell’estate del 2013, con grande sorpresa di tutti, il free agent italiano Marco Belinelli ha firmato un contratto di due anni con i San Antonio Spurs. La guardia, col duro lavoro in allenamento e con una grande intelligenza tattica, si è subito inserita all’interno del sistema di gioco degli speroni, con grande soddisfazione di coach Popovich e del GM R.C. Buford.
In quell’anno, infatti, Marco aiuta, col suo contributo preziosissimo dalla panchina, la sua squadra a vincere il quinto anello della storia della franchigia texana, giocando un basket spettacolare per gli occhi di tutti gli appassionati di questo sport e non.
Giocando nella second-unit, Marco ha portato freschezza alla squadra, essendo un ottimo tiratore da oltre l’arco e potendo dar fiato al suo amico dai tempi di Bologna, Manu Ginobili, nel portare avanti la palla e gestirla in fase d’attacco. Peccava nella fase difensiva a causa del suo fisico leggermente troppo sottile, ma era comunque apprezzato da Popovich e compagni per l’impegno che metteva in ogni cosa.
Durante la recente offseason, però, gli speroni, con grande dispiacere di tutto lo staff, non sono riusciti a rifirmare il giocatore italiano, il quale ha dovuto fare le valige e trasferirsi in California, alla corte dei Sacramento Kings, dove ha comunque ottime possibilità di giocare nel quintetto titolare.
Ora tutti i tifosi Spurs si chiedono chi possa prendere il posto di Marco nelle rotazioni e negli schemi della squadra. Il blog Pounding The Rock, molto vicino alla franchigia texana, ha provato a rispondere, analizzando i tre giocatori che potrebbero realmente sostituire Belinelli: Jimmer Fredette, Jonathon Simmons e Kyle Anderson.
JIMMER FREDETTE
Fredette, nei primi tre anni di NBA, si è dimostrato un eccellente tiratore da tre punti, realizzando il 40% dei tiri da oltre l’arco su 456 tentativi. Per questo ovvio motivo, come caratteristiche tecniche, è quello che si avvicina maggiormente alla guardia italiana. Al contrario di Marco, però, Jimmer preferisce avere la palla in mano, piuttosto che giocare lontano dalla palla per ricevere un passaggio su uno scarico di un compagno, o su un’uscita dai blocchi. Siamo sicuri, però, che Popovich farà capire al giocatore chi comanda, convincendo il giocatore a seguire gli schemi del sistema Spurs.
Nella fase difensiva, invece, Fredette è un difensore sottovalutato, riuscendo a tenere molto bene le penetrazioni dei giocatori più piccoli di lui, anche se potrebbe non bastare considerando il suo fisico non proprio scultoreo. Questo potrebbe rappresentare un punto debole per la squadra, che quindi, avrebbe bisogno di un forte contributo del giocatore in fase offensiva per tenere in equilibrio il risultato.
JONATHON SIMMONS
Jonathon, al contrario di Jimmer e Marco, ha un fisico adatto a giocare in NBA, potendo contare su di esso in ogni situazione di gioco, sia nella propria metà campo, che in quella avversaria. È un ottimo attaccante dal palleggio: può colpire in penetrazione, attaccando il ferro o scaricando per i compagni sull’arco, oppure in palleggio arresto e tiro dopo aver dribblato il suo diretto avversario. Ha, quindi, caratteristiche diverse dall’italiano, ma Popovich potrebbe comunque puntare su di lui data comunque la sua crescita esponenziale durante questi ultimi anni passati in D-League, magari scovando un nuovo Kawhi Leonard dal nulla.
L’unica pecca di Simmons è quella del tiro dalla distanza: non è molto affidabile e lo sa. Si prende pochissimi tiri da oltre l’arco, tirando, comunque, con percentuali piuttosto basse, per pensare che gli avversari possano rispettarlo per tenere occupata la difesa. Sicuramente, se il giocatore migliorerà anche sotto questo aspetto, sarà uno dei cardini della second-unit degli Spurs del presente e, magari, uno dei giocatori chiavi per il futuro dei texani.
KYLE ANDERSON
I punti forti dell’ex UCLA sono sicuramente il playmaking e la sua abilità di catturare rimbalzi. Kyle ha un ottima visione di gioco e riesce facilmente a creare tiri facili, per sè e per i suoi compagni, potendo contare su una visione dall’alto data la sua maggiore altezza rispetto ai playmakers avversari. Ha sviluppato anche un ottimo gioco in post basso, dove ha costruito i successi degli Spurs nella Summer League di Las Vegas. Durante la competizione si è distinto anche per la sua grande capacità di prendere i rimbalzi, arrivando a catturare il 18% dei rimbalzi difensivi della squadra. E’ un ottimo portatore di palla e, quindi, potrà aiutare Manu Ginobili in fase di impostazione degli schemi chiamati dal coach.
Essendo stato, però, sempre il playmaker principale, ovunque abbia giocato, non ha mai dovuto sviluppare un gioco lontano dalla palla. Questa potrebbe essere una pecca secondo Gregg Popovich, che predilige molto un gioco in cui tutti sono sempre in movimento e tutti toccano il pallone. Inoltre, Anderson non è un buon tiratore dalla distanza, avendo tirato col 31% su 76 tiri nella sua carriera da professionista. Anche la sua difesa è da migliorare, considerando che per il suo fisico non riesce a reggere le penetrazioni dei giocatori più rapidi di lui.
Kyle, però, è ancora molto giovane e ha ancora tantissimo tempo per crescere e per migliorare ogni aspetto del suo gioco, quindi, in futuro ci si aspettano grandi cose da lui.
CONCLUSIONI:
Gregg Popovich avrà molto da studiare e da lavorare per rimpiazzare al meglio Belinelli, potendo scegliere tra tre giocatori completamente diversi l’uno dall’altro. Al momento nessuno sa cosa passi per la testa del coach, ma maggiori risposte le potremo avere dopo le partite di pre-season, che inizieranno l’8 ottobre, proprio contro la nuova squadra di Marco, i Sacramento Kings.
Per NBA Passion,
Giuseppe Fagnani (@dartfagnans)
I San Antonio Spurs possono coccolarsi un giovane dal grande futuro nel proprio roster: durante la Summer League infatti Kyle Anderson sta dando continuità a grandi prove ed anche questa notte contro Boston ha tirato fuori il meglio di se.
21 punti, con 8-16 dal campo: percentuale del 50% dal campo e Celtics superati di 2 punti. Ecco Kyle Anderson
Kyle Anderson trascina gli Spurs contro i Nets: 25 punti ed 8 rimbalzi (VIDEO)
Kyle Anderson trascina i San Antonio Spurs: contro i Nets mano calda per il giovane della franchigia texana con 25 punti ed 8 rimbalzi.
Ecco le sue azioni!
NBA Analysis: Spurs, si sogna il titolo tra nuovi innesti e piacevoli conferme
La magnifica serie persa contro i Los Angeles Clippers sembrava il tramonto di un ciclo vittorioso e il crocevia verso l’inizio di un nuovo corso. In casa San Antonio Spurs però hanno deciso di rimanere ancora nel limbo, facendo le cose in grande per puntare ad un obiettivo che forse non è tanto celato: il titolo. Già, il front office texano ha messo a segno dei colpi di primo ordine in questa free agency e allo stesso tempo incassato le conferme delle principali colonne portanti del roster, che verranno utili sia per l’immediato ma anche per il futuro.
FRONTCOURT DA PALATI FINI
La manovra di maggior rilievo è stata sicuramente quella dell’ingaggio di LaMarcus Aldridge. Dopo una lunga bagarre dove non sono mancati i concorrenti, gli Spurs sono riusciti a convincere l’ex Portland Trail Blazers a sposare la causa. Il classe 1985, uno dei lunghi più completi in circolazione, andrà ad affiancare l’evergreen Tim Duncan, che ha deciso di proseguire la sua prestigiosa carriera. Con la cessione di Tiago Splitter, andato agli Atlanta Hawks, il posto di centro titolare dovrebbe essere preso proprio da The Big Fundamental, con Aldridge nel ruolo di 4. Una coppia di lunghi di assoluto livello, molto versatile e variegata tecnicamente, che può puntare su valide alternative: l’eclettico Boris Diaw e il fresco arrivato David West, ex Indiana Pacers, che porterà altri chili e opzioni offensive sotto le plance. Sarà interessante vedere come Gregg Popovich gestirà questo reparto, privo (per il momento?) di un 5 puro ma davvero intrigante e aperto a diverse soluzioni.
L’ESPERIENZA DI TONY E MANU
La cabina di regia sarà ovviamente affidata a ancora Parker, reduce da una stagione sofferta sul piano fisico. Gran parte dell’economia del gioco passerà dalle sue mani. E ad aiutare la squadra con la sua esperienza e i suoi lampi di classe ci sarà anche Manu Ginobili, che ha deciso come Duncan di continuare a giocare. L’argentino, durante la scorsa annata, ha subito un calo che ha fatto storcere il naso agli scettici. Tuttavia, il numero 20 può ancora dire la sua partendo dalla panchina e trascinando con il suo carisma i compagni. Da entrambi, dunque ci si aspetta un significativo riscatto.
LEONARD, GREEN E GLI ALTRI
L’ampiamente pronosticato rinnovo di Kawhi Leonard e quello relativo a Danny Green sono gli altri paletti posti dalla dirigenza. L’ultimo Defensive Player of the Year avrà ancor più responsabilità, soprattutto in vista del passaggio di consegne coi senatori che potrebbe concretizzarsi tra un anno. Ormai consacratosi definitivamente, Leonard avrà il compito di dare un apporto sempre più in crescendo. La guardia invece è stata trattenuta data l’importanza nel sistema di gioco, sia a livello difensivo che offensivo dove, sfruttando le attenzioni avversarie rivolte al pitturato, dovrà garantire punti dall’arco. E a dar manforte ci saranno i vari Kyle Anderson ( ci si aspetta la sua esplosione) e il veterano Patty Mills.
Insomma, in attesa che vengano svolte altre operazioni di contorno, in quel di San Antonio si incomincia a respirare aria d’alta quota, ambizioni di vittoria e ottimismo:vedere gli speroni alzare il Larry O’Brien Trophy 2015/16 potrebbe non essere una cosa da escludere a priori.
Per NBA Passion,
Olivio Daniele Maggio (@daniele_maggio on Twitter)