28-27. Un parziale in tutto e per tutto da dentro-fuori, in ottica playoffs, specialmente nella serrata competizione in atto a Ovest. Se si va a considerare, tuttavia, il trend dell’ultimo periodo dei Memphis Grizzles, quest’ultimo dato acquisisce maggiore valore di quanto in realtà le apparenze rivelino. 8 vittorie nelle ultime 11 partite; soltanto Phila, New Orleans e Boston hanno saputo fermare la corsa di Memphis. Un dato, d’altro canto, a rappresentare più di una semplice coincidenza, specie per una squadra che, con maniacale costanza, sta trovando la quadratura del proprio cerchio nella corsa alla postseason.
Nessuno, del resto, avrebbe potuto prevedere un impatto così positivo nella transizione dalla cosiddetta Grit N’ Grind era’, l’epoca del risultato prima di tutto, persino del bel gioco, messo da parte pur di raggiungere il risultato, l’epoca dello stesso nucleo di giocatori (Randolph, Marc Gasol e Mike Conley, tanto per citarne alcuni) in una delle squadre più rognose della Western Conference. Ma la predizione, come spesso accade nel basket così come nella vita, risulta una scienza fine a se stessa, creata per essere smentita e superata. Ecco quindi prendere forma il fenomeno Grizzlies, un percorso di ricostruzione a tutto tondo pressochè perfetto, in ottica presente e futura.
Memphis Grizzlies: connubio generazionale
Una ricostruzione degna di questo nome non può essere tale se si focalizza l’attenzione esclusivamente al futuro. L’apporto delle nuove leve e dell’esplosività della propria voglia è un qualcosa di fondamentale, questo è vero, ma altrettanto importante risulta la mediazione e l’esperienza di giocatori in grado di indirizzare al meglio il talento dei rookies. Per meglio dire, la crescita di una squadra in quanto tale passa per la guida a tutto tondo di quei veterani che, nelle dinamiche di spogliatoio, sono in grado di insegnare l’attitudine (dall’impegno negli allenamenti al tenere la testa a posto dentro e fuori dal parquet) e ciò che occorre per stare e brillare nell’NBA.
In quest’ottica la perdita di veterani come Jae Crowder e Solomon Hill, passati a Miami nella trade che ha visto protagonista Andre Iguodala, gioca contro Memphis, tuttavia rimangono diversi elementi d’esperienza in grado di fare la differenza. L’apporto dato dall’esperienza dei centri sta mediando al meglio la crescita dei più giovani. Jonas Valančiūnas in primis. La crescita nel gioco del lituano va in rotta col tradizionale modo di pensare al gioco dei centri come lui e di pari passo, al tempo stesso, con l’evoluzione del gioco. La sua capacità di adattarsi a un nuovo modo di giocare lo ha reso più competitivo ed essenziale per il gioco di Memphis.
Valanciunas si rende partecipe a tutto tondo del gioco di Memphis, approfittando della classica palla al bacio di Morant.
Le statistiche di quest’anno sono in netta crescita rispetto ai numeri delle stagioni passate (14.7 punti, 10.6 rimbalzi e 1.9 assist di quest’anno contro i 12.3 punti, 8.7 rimbalzi e 0.9 assist in carriera). Il miglioramento, in particolare, nei passaggi decisivi testimonia l’evoluzione del suo gioco, non più focalizzato esclusivamente nel raccogliere rimbalzi e punti sotto al ferro, ma più partecipe nella manovra della squadra.
La palla di Morant è perfetta a premiare il taglio al ferro di Dieng.
L’apporto, quindi, di Gorgui Dieng da Minnesota saprà dare allo stesso Valančiūnas ricambio durante la partita e soprattutto esperienza in spogliatoio. Un fattore, quest’ultimo, che ha finora giovato alla crescita di Dillon Brooks in primis. La shooting guard canadese sta vivendo la sua miglior stagione dal draft di tre anni fa, nel 2017, con numeri che lo pongono al centro del gioco dei Grizzlies (15.6 punti, 3.4 rimbalzi e 2 assist di media col 37.8% di realizzazione dall’arco). Un tandem, quello del canadese, creato insieme a Brandon Clarke, che alla sua prima stagione in NBA sta dimostrando il motivo per cui Memphis ha deciso di puntare, tra gli altri, su di lui. I numeri del canadese (12.3 punti, 5.9 rimbalzi e 1.4 assist) testimoniano l’apporto a tutto tondo della panchina alla causa di Memphis: i Grizzlies sono noni nella lega per punti arrivati dalla panchina.
Ja Morant e Jaren Jackson Jr
La prima impressione riguardo a Ja Morant è probabilmente il rammarico di essere approdato a Memphis in una fase di ricostruzione come quella attuale. Un discorso che, dall’altra parte, può essere capovolto, se si considera che la rinascita dei Grizzlies passa intorno al talento, valorizzandolo dunque.
Nonostante l’impatto positivo di Zion Williamson coi Pelicans la continuità al rookie year dell’ex Murray St. Racers lo rende il candidato numero uno per il Rookie of the Year. Uno degli aspetti sorprendenti nella sua pallacanestro sta anzitutto nella tenuta atletica. Morant è il quinto giocatore più magro dell’intera lega (pesa appena 174 libbre, 78 chili), eppure il suo gioco di schiacciate e le sue incursioni al ferro suggerisce esplosività a braccetto con un apparente strapotere fisico. Penetrazione dopo penetrazione il rookie è in grado di sfruttare al meglio le sue caratteristiche, ponendosi al meglio nel contatto con gli avversari.
Un altro aspetto chiave sta nella sua capacità di produrre gioco. Pazienza è il termine chiave da accostare alla sua pallacanestro. I 7 assist a partita del rookie testimoniano la capacità di vedere attraverso il gioco, alternando l’iniziativa personale al passaggio decisivo quando occorre.
“He sees four or five moves ahead”.
“Vede (il gioco) in anticipo di quattro/cinque mosse“. Queste le parole di Dillon Brooks in un’intervista a The Athletic. La sua capacità di compiere passaggi da pressochè qualsiasi posizione lo rende l’assistman perfetto per i compagni. Morant, del resto, ricerca la pressione degli avversari per favorire i movimenti dei compagni, liberandoli così al tiro. I 17.7 punti di media in 49 incontri disputati fin qui lo consacrano come un realizzatore a tutto tondo, trattandosi del primo anno nel basket dei Grandi. Sia nel discorso schiacciate che nel tiro dalla distanza, grazie al 35.5% di realizzazione dall’arco.
Il movimento di Valanciunas concede ancor più spazio all’iniziativa di Morant, che in solitaria realizza.
Si consideri quindi Jaren Jackson Jr. Alla sua seconda stagione coi Memphis Grizzlies l’ala grande ex MSU sta dimostrando enormi miglioramenti nelle due fasi, esprimendo un potenziale sempre più crescente per le prossime stagioni. I numeri raggiunti fin qui (17.1 punti, 4.7 rimbalzi e 1.4 assist di media, col 39.8% dall’arco) testimoniano sinergia coi compagni di squadra nelle dinamiche di gioco. Specialmente con Ja Morant. Jackson, in fase offensiva, sa perfettamente dove e come porsi sul parquet, in funzione dei movimenti e delle idee di gioco del rookie, completandole.
La stoppata di Jaren su Lillard testimonia la crescita e il potenziale dell’ala in fase difensiva.
In fase difensiva, poi, è primo di squadra per stoppate (1.7 di media), dimostrando fin qui ampi margini di miglioramento nel contrasto con le percussioni avversarie. Ma l’aspetto probabilmente più sorprendente nella sua pallacanestro sta nell’attitudine con la quale scende in campo. Jaren Jackson JR. si diverte sul parquet, trovando l’equilibrio perfetto fra concentrazione nel migliorare e vivere la vera essenza di quello che, in fin dei conti, rimane un gioco basato appunto sul divertirsi. Se si vince, poi, tanto di guadagnato.
Prospettive future
Se si dovesse pensare a un fattore dalla parte dei Memphis Grizzlies, questo sarebbe senz’altro il tempo. Il futuro, d’altro canto, è tutto dalla parte di questa squadra, che in questa stagione sta letteralmente bruciando tappe che si presupponeva essere raggiunte in molto più tempo. L’ottavo posto a Ovest è il primo dato alla mano che lo testimonia.
Coach Taylor Jenkins ha saputo creare un mix pressochè perfetto fra la voglia e l’esplosività delle nuove leve e l’esperienza dei veterani più esperti in grado di mediarne la crescita. Se la situazione in classifica rimanesse invariata rispetto a come risulta adesso, Memphis se la vedrebbe coi Lakers che, nonostante siano nettamente favoriti, venderebbero cara la pelle contro una franchigia come quella dei Grizzlies. Un gruppo ricco di talento e soprattutto di voglia di dimostrare e di crescere, sia individualmente che come gruppo, verso i traguardi di un tempo, per poi superarli naturalmente, divenendo col tempo una seria contender al titolo. I mezzi e gli uomini come base ci sono, così come una crescente convinzione nei propri mezzi.
NB: le statistiche utilizzate nell’articolo fanno fede alla data di pubblicazione dello stesso.