I Milwaukee Bucks ispiratori della protesta dei giocatori NBA contro le violenze di Kenosha, Wisconsin, ed il ferimento di Jacob Blake tornano in campo per gara 5 della serie di primo turno contro gli Orlando Magic, e chiudono la serie.
118-104 il risultato finale, un risultato forse troppo largo per i Magic che ci provano, resistono nel secondo quarto all’uragano Giannis e nel terzo periodo si riportano in partita con un parziale di 24-7 ispirato da Terrence Ross e Evan Fournier (93-96 Bucks a 7:43 dal termine della partita).
I Bucks si ricompongono e dopo un timeout mettono di nuovo 10 punti di distacco tra sé e i Magic, e non si voltano più indietro. Giannis Antetokounmpo, fresco di vittoria del premio di defensive player of the year, chiude con 28 punti e 17 rimbalzi, 3 su 6 al tiro da tre e soli 5 tiri liberi, in appena 28 minuti di gioco. Non la miglior partita offensiva per i Bucks che però controllano a rimbalzo e limitano ad un brutto 9 su 25 al tiro Nikola Vucevic, pericolo pubblico numero 1 in casa Magic.
Nessuna gioia per i Milwaukee Bucks dopo il passaggio del turno ai playoffs
Dopo la partita però, per Giannis, George Hill e i Milwaukee Bucks non c’è spazio per la gioia di aver passato il primo turno di playoffs. Gli ultimi 4 giorni nella bolla di Orlando sono stati emotivamente stressanti per tutti i giocatori, i Bucks hanno avuto il difficile ruolo di primi attori nel boicottaggio delle partite, attirandosi anche le critiche dei colleghi per la mancata comunicazione delle loro intenzioni prima della partita (poi mai giocata) di mercoledì.
I giocatori dei Bucks hanno impiegato la serata di mercoledì ed i giorni successivi per chiedere azioni concrete alla politica locale in Wisconsin, ed ha mettersi in contatto con la famiglia di Jacob Blake. “Siamo riusciti a parlarci, quando si vuole fare davvero una cosa tutto è possibile. Abbiamo parlato con lui e cui ha detto quanto fosse potente quello che stavamo facendo per lui e per la sua famiglia. Per me sono cose più grandi del basket“, così Giannis Antetokounmpo. “Potrò giocare partite in cui segnerò 50 punti, ma il ricordo di una sera come quella non sparirà, la memoria di come ci siamo sentiti“.
Prosegue Giannis: “Ora ho capito cosa volesse dirmi Caron Butler (ex compagno di squadra di Antetkounmpo ai Bucks, ndr) quando mi disse di non indossare il cappuccio della felpa in testa quando camminavo per strada, durante la mia stagione da rookie. Allora non avevo be capito cosa intendesse. Ora si“.
“Le persone di colore hanno paura di camminare in strada per via del colore della loro pelle, hanno paura per la loro vita“, prosegue Antetokounmpo “Deve cambiare, io e la mia fidanzata abbiamo appena avuto un figlio e fa paura pensare di avere una famiglia e dei figli, pensare che dovrei preoccuparmi ogni volta che usciranno in strada…“.
Bucks, George Hill ripercorre la decisione del boicottaggio di mercoledì
La guardia George Hill, da sempre tra i più critici della decisione di riprendere la stagione NBA a Orlando, non si è presentato in campo al momento dell’esecuzione dell’inno nazionale. E dopo la partita ha ripercorso gli eventi dei minuti che hanno deciso il boicottaggio di gara 5 di mercoledì scorso.
George Hill chose to stay by the locker rooms during the national anthem. He joined his teammates once it was over. pic.twitter.com/vnvbNs5o6k
— ESPN (@espn) August 29, 2020
Hill ha raccontato di aver deciso soli 20 minuti prima della partita e dopo aver parlato con coach Mike Budenholzer che non avrebbe giocato. “Non ho detto nulla ai miei compagni, non volevo mettere loro pressione. Forse ho sbagliato (…) quando hanno scoperto che non avrei giocato, ne abbiamo parlato, Sterling Brown ha detto che si sarebbe unito a me. E’ stato un effetto domino, tutti hanno deciso che non avrebbero giocato: se i miei fratelli non giocano, non gioco neppure io, questo è stato l’effetto. Nulla di premeditato, abbiamo seguito l’istinto e la nostra coscienza“.
Giannis Antetokounmpo ha poi confermato le parole di Hill è si è assunto da leader la responsabilità della decisione finale di non giocare.
Hill ha confessato che nei giorni successivi gli eventi di Kenosha aveva valutato l’idea di lasciare Orlando: “Il cuore mi diceva così, volevo andare a Kenosha e fare qualcosa di utile la. Ho parlato con Darvin Ham e Vin Baker (assistenti allenatori dei Bucks, ndr), ma i miei compagni si sono stretti attorno a me, abbiamo parlato e mi hanno fatto capire che sono una parte importante della squadra. Non potevo deluderli e lasciarli così“.
“Quello che abbiamo fatto non è stato per cercare notorietà, né per farci pubblicità. Lo abbiamo fatto col cuore, perché ci sono diverse cose in questo mondo di cui siamo stanchi. Vogliamo agire, vogliamo chiamare in causa i responsabili (…) abbiamo creato nel mondo dello sport un effetto domino che ha fatto capire a tutti che facciamo sul serio. Dobbiamo cambiare il mondo, e farlo in meglio“.
