I giorni del giudizio
4 Luglio 2016: una data che nessunò scorderà mai più. Kevin Durant annuncia la sua decisione di dire addio all’Oklahoma per aprire un nuovo capitolo nella più acclamata Golden State: è bufera. Ed è subito un tuffo nel passato.
8 Luglio 2010: LeBron James annuncia in diretta nazionale (per non dire mondiale) la sua volontà di unirsi ai Miami Heat per formare un nuovo e micidiale trio completato dagli amici Dwyane Wade e Chris Bosh. Le critiche piovono da cielo in terra come se non ci fosse un domani.
Per forza di cose, la decisione presa da Kevin Durant ricorda molto e si rispecchia in diversi aspetti in quella presa poco meno di 6 anni fa da LeBron James. Le critiche poi, hanno praticamente la stessa intensità. Sono in molti, infatti, a sostenere che le due vicende siano da equiparare sullo stesso livello ma non provate a definirla una ‘Decision 2.0‘ perchè i modi in cui le due scelte si sono sviluppate sono passati attraverso dinamiche assolutamente differenti e adesso vi spiegheremo perchè.
Approccio diverso
Nonostante le analogie piuttosto singolari riguardanti l’età o appunto la scelta stessa di cambiare aria, le questioni riguardanti Durant e James hanno avuto sviluppi diversi. Da un lato, Kevin Durant ha sempre dichiarato di voler rimanere ai Thunder, ammiccando l’occhio alle grandi leggende del passato che hanno giocato per lo stesso team nel corso della loro carriera, come confermano le dichiarazioni di qualche tempo fa a Revolt TV quando dichiarò: “Adoro stare qui [ad Oklahoma City, n.d.r.], adoro i miei compagni e adoro la città. Non penso di andare in nessun altro posto. Kobe Bryant, Tim Duncan, Dirk Nowitzki. E’ a loro che mi ispiro.”
D’altro canto invece, il LeBron James che si approcciava a testare la FAgency 2010, era un ragazzo che non nascondeva assolutamente la sua voglia di vincere, a Cleveland come altrove: “Per me l’obiettivo principale è vincere il titolo. E, sai, capisco che non potrò mai essere ricordato come uno dei migliori di questa lega finchè non ne vincero almeno uno.”
Non proprio la stessa base di partenza
Quando LeBron James decise di cambiare aria, gli Heat non erano propriamente definibili un team vincente. Certo avevano vinto il primo titolo della loro – breve – storia pochi anni prima; certo in squadra c’era una guardia che di nome fa Dwyane e di cognome Wade (seppur con contratto in scadenza); diciamo pure che c’era un certo Pat Riley tra i dirigenti che sapeva e sa quali tasti toccare ma soprattutto sa come si alzano i titoli al termine della stagione. Ma la scelta di LeBron fu molto più rischiosa di quella assunta da Durant per i 3 motivi che vi citerò:
- Far coesistere 3 prime donne mai ‘collaudate’ prima come Wade, James e Bosh era un dubbio piuttosto forte
- Nonostante i Big Three, il comparto di supporto e la panchina iniziali non erano da titolo
- Pressione aggiuntiva dovuta alle dichiarazioni di LeBron sul numero di titoli che avrebbero vinto insieme (“Not one, not two, not three, not four…”)
Come si può ben capire arrivati a questo punto, il rischio che tutto finisse per essere un grande fuoco di paglia erano altissimi.
Questo non vuol dire che Kevin Durant e i Warriors stiamo dormendo sonni tranquilli ma, sotto l’aspetto personale della vicenda, è inutile girarci attorno: Kevin Durant ha scelto la destinazione più comoda e facile possibile per poter provare a vincere il titolo NBA:
- Il team è super collaudato a livello di gioco, come dimostra il record assoluto di 73-9 stabilito in Regular Season
- I Warriors vengono da 2 Finals consecutive, una vinta e una persa
- E’ inoltre presente il 2x MVP della lega, Steph Curry
In parole povere, avrebbe potuto scegliere un team in forte crescita come quello dei Celtics e divenirne il leader assoluto, avrebbe potuto firmare per i Clippers per provare a togliergli (e togliersi) di dosso la nomina del perdente (così come accadde per LeBron a suo tempo) o ri-firmare per i Thunder e provare a completare l’opera. Avrebbe potuto addirittura firmare per gli Spurs, e rappresentare il futuro della franchigia nel post-Duncan (che, tra l’altro, sembra ormai essere arrivato). E invece no, niente di tutto questo. Alla fine la strada più facile ha avuto la meglio. Le garanzie odierne hanno prevalso sui dubbi e sulla voglia di rimettersi in gioco. E questo la gente lo ha percepito con le conseguenti reazioni che tale scelta ha più o meno suscitato in ognuno di noi.
Percorsi analoghi ma cammini diversi
E’ questa in sostanza la netta divisione tra la ‘decision’ di LeBron James e quella attuale di Kevin Durant: la scelta tra la strada più semplice e quella meno semplice. E’ possibile che tutte e due portino allo stesso obiettivo, certo. Questo solo il tempo ce lo dirà. Ma le scelte che assumi ti rendono ciò che veramente sei. Per cui adesso sta al nativo di Washington DC dimostrare che tutte le critiche piovutegli addosso sono per la stragrande maggioranza immeritate, così come fece LeBron a suo tempo. E’ tutto nelle tue mani ora, Kevin: è il momento di dimostrare se puoi essere un leader vincente o sei l’ennesimo immenso talento a cui manca la personalità che serve per raggiungere grandi traguardi.