Alla fine del girone di andata dell’Eurolega 2021/2022, che bilancio possono trarre le partecipanti? Scopriamolo insieme analizzandole una per una.
Pagelle Eurolega: le promosse
Real Madrid: le tante traversie dell’anno passato sembrano solo un brutto incubo. Pablo Laso, forse con Zeljko Obradovic il miglior coach europeo, ha costruito una macchina fluida e fisicamente robusta, imperniata sulla coppia di lunghi Yabusele-Tavares. Nel lungo periodo può dare frutti.
Olympiacos: discorso non dissimile da quanto successo al Real. Dopo una stagione di transizione, Bartzokas ha dato ai biancorossi gerarchie chiare. A dieci anni da Istanbul riuscirà a ripetersi, anche per ricordare coach Dusan Ivkovic, recentemente scomparso? Le possibilità ci sono tutte.
Zenit San Pietroburgo: Xavi Pascual resta uno dei grandi geni non totalmente compresi del basket europeo. Nella città di Vladimir Putin, che non aveva tradizione cestistica, ha messo al posto giusto i vari Ponitka, Poythress, Gudaitis e ora Napier. Perde elementi, ma continua a stupire.
Unics Kazan: i russi finalisti dell’Eurocup 2021 reggono il colpo. Lorenzo Brown primo negli assist, John Brown nei recuperi, Hezonja tornato a brillare (forse per merito anche del connazionale Perasovic in panchina), Spissu cresciuto e OJ Mayo che sembra vivere una seconda giovinezza.
ASVEL: oltre alla New York di Spider-Man c’è un altro luogo dove si moltiplicano i Parker e si compiono eroismi. Villeurbane ha Tony dietro la scrivania e Terence (TJ) in panchina: come tutto il basket francese, è in crescita vertiginosa. Okobo secondo cannoniere di Eurolega ne è un simbolo.
Stella Rossa: sulla carta una delle più deboli del lotto, è a due vittorie dal paradiso post-stagionale. Non ci arriverà, però intanto sta dimostrando che la Lega Adriatica non è solo un trampolino di lancio, ma anche un approdo di valore per veterani (Markovic, Kalinic, Simonovic tra gli altri).
Anche l’Olimpia tra le rimandate
Barcellona: è prima in stagione regolare, sì, ma non convince. Sembra sempre un insieme di solisti, più che una vera orchestra, e potrebbe pagarlo quando la palla peserà. Mirotic canta e porta la croce, ma chi c’è dietro di lui? Il platoon system pare più una necessità che una scelta strategica.
Olimpia Milano: al di là degli infortuni, comunque fisiologici, lascia perplessi la gestione degli uomini più esperti. Il fatto che provenga da un campionato mediocre non deve far dimenticare che a livello europeo il suo budget è significativo, dunque le aspettative non possono non essere alte.
CSKA e Efes: accorpate perché hanno avuto un percorso simile, con una partenza difficile e una risalita costante. Il dubbio è legato all’effetto che produrrà questo recupero, specie nei campioni in carica, che lo compiono per il secondo anno di fila. Si può sempre inseguire? Vedremo alla fine.
Fenerbahçe: la musica è finita, gli amici se ne vanno. Zeljko Obradovic ha portato via con sé anche ogni speranza di competitività ad alto livello europeo: tornano i tempi della “mediocritas” non tanto “aurea” pre-2013. La svalutazione della lira turca in questo ha avuto un ruolo non piccolo.
Maccabi Tel-Aviv: usando uno dei termini in voga in questo infausto periodo, la crisi dei gialloblù è purtroppo endemica, dal 2014. La partenza positiva faceva ben sperare, ora invece stanno arrivando i rovesci. Si può ancora sperare in un miracolo, che guarda caso in Israele è la specialità della casa.
AS Monaco: altra preziosa testimonianza della crescita della pallacanestro gallica. È tornato Sasa Obradovic, che dovrà sia lanciare i giovani Demahis-Ballou e Traoré sia gestire le lune di Mike James, che al giro di boa si segnala come settimo realizzatore e terzo assist-man. Non male.
Eurolega, le squadre bocciate del girone d’andata
Bayern Monaco: dopo essere arrivata ad un’asinata di Baldwin da una possibile Final Four, alla potenza bavarese in questa stagione sembra inspiegabilmente mancare un’identità chiara. Un bel paradosso, per un club il cui motto è “Mia san mia”(“Noi siamo noi” nel dialetto locale).
ALBA Berlino: la compagnia non farà piacere né ai berlinesi né ai monacensi, vista la distanza culturale tra le due città (più prussiana la capitale, più austro-francofila Monaco), ma è vero che entrambe le tedesche stanno deludendo. La separazione con Aito ha inevitabilmente chiuso un ciclo.
Baskonia: è tornato Spahjia al posto di Ivanovic, ma difficilmente torneranno anche i tempi d’oro. Di giovani pronti ad esplodere non se ne vede l’ombra, se non Artur Kurucs, che gioca meno di dieci minuti a partita di media, e Sedekersis, che comunque a gennaio di anni ne fa 24.
Panathinaikos: un inno alla potenza che fu. Anche qui dopo i bellissimi ricordi con Zeljko si è aperto un periodo di carestia in termini di risultati europei, unito (purtroppo per il Trifoglio) ai successi degli odiati cugini del Pireo. In campionato però i rapporti di forza sono ribaltati.
Zalgiris: semplicemente inadeguata. Il problema non era Schiller, e si era capito sin dall’inizio. Vaso di vetro tra i vasi di coccio, in Eurocup ci sono almeno quattro squadre (Joventut Badalona, Partizan Belgrado, Valencia, Virtus) che avrebbero fatto una figura più dignitosa dello Zalgiris in Eurolega.