Coach Dawn Staley è una tipa tosta. Chi segue la NCAAW, e in particolare le South Carolina Gamecocks, lo sa benissimo.
Ma è una tipa tosta anche quando si tratta di esprimere le proprie opinioni. Cosa intendo? Andiamo per gradi.
Nella conferenza stampa tenutasi dopo la partita tra le Gamecocks di coach Staley e le Hawkeyes, all’allenatrice di Iowa State Lisa Bluder è stata posta una domanda spinosa.
Questa fatidica domanda riguardava gli atleti transgender, e se lei riteneva giusto o meno che questi ultimi giocassero nei campionati del genere in cui si identificano, e non in quelli del proprio genere di nascita.
“Capisco che è un argomento che interessa alle persone” ha detto coach Bluder. “Ma oggi mi concentro sulla partita, sulle mie giocatrici. E’ una partita importante ed è di questo che voglio parlare”.
Un’ignava, direbbe Dante Alighieri. Ma non sono tutti come lei.
Sempre durante una conferenza stampa, il giorno dopo che le Gamecocks hanno battuto NC State nelle Final Four, per arrivare a competere per il titolo nazionale contro Iowa, a coach Staley è stata chiesta la sua opinione sulla questione.
E lei non si è fatta alcun tipo di problema nel dire che ritiene che gli atleti transgender dovrebbero essere autorizzati a competere.
“Sono dell’idea che se sei una donna, dovresti giocare” ha detto. “Se ti senti una donna, dovresti giocare lo stesso. Lo stesso vale per gli uomini”.
Il dibattito sul consentire o meno agli atleti transgender di gareggiare in conformità con la loro identità di genere è particolarmente acceso nei tribunali, nei palazzi di giustizia e in tutti gli organi di governo dello sport.
La NCAA ha adottato una politica che regola la partecipazione degli atleti transgender sin dal 2010, fornendo un percorso di partecipazione alle donne e agli uomini transgender in conformità con la loro identità di genere. Ha emendato la sua politica il 19 gennaio 2022, rendendola specifica per ogni sport, come stabilito dall’organo di governo nazionale dello sport, dalla Federazione internazionale e dallo standard olimpico del 2015.
Questo cambiamento è avvenuto in seguito ai problemi riscontrati dalla nuotatrice Lia Thomas, atleta dell’Università della Pennsylvania e donna transgender che ha vinto un titolo nazionale per i 500 metri dello stile libero.
Attualmente l’NCAA richiede alle donne transgender che vogliono gareggiare nei campionati femminili di presentare un’apposita documentazione, compresi i livelli di testosterone, al Comitato NCAA per le garanzie agonistiche e gli aspetti medici dello sport. La commissione di revisione medica del comitato ne determina poi l’idoneità.
Per la pallacanestro, l’NCAA si rifà alla guida olimpica del 2015 per determinare la soglia di testosterone ammissibile, che è inferiore a 10 nanomoli per litro. Eppure, ad oggi non ci sono donne transgender che giocano in Division I.
Da quando l’Idaho ha approvato la HB 500 nel 2020 (prima legge che impediva alle ragazze transgender di essere inserite in campionati femminili), altri 23 Stati hanno emanato leggi simili, tra cui il South Carolina e l’Iowa. Eppure, non esiste una legislazione federale che regoli l’idoneità degli atleti transgender.
E anche il metodo con cui il Titolo IX viene applicato o non applicato alle leggi e alle politiche esistenti è oggetto di controversie in diversi Stati. Il 14 marzo, 16 atleti ed ex atleti NCAA, guidati dall’ex nuotatrice del Kentucky Riley Gaines (donna cisgender), hanno intentato una causa presso il Tribunale distrettuale dell’Atlanta contro la NCAA, sostenendo che la sua politica viola i loro diritti ai sensi del Titolo IX.
World Aquatics, la federazione ciclistica UCI e World Athletics sono tra le federazioni internazionali che hanno aggiornato le loro politiche e hanno iniziato a mostrarsi più restrittive nei confronti delle donne transgender negli ultimi anni. Tutte e tre impediscono alle donne transgender di gareggiare in campionati femminili se hanno attraversato un periodo di pubertà indotta dal testosterone.
”Ora i barnstormer inonderanno la mia timeline e mi distrarranno in uno dei giorni più importanti della stagione” ha detto coach Staley. “Ma mi sta bene”.
L’allenatrice ha riconosciuto la natura politica della domanda e la potenziale reazione alla sua risposta. Ma per lei non è un problema parlarne. E non dovrebbe esserlo neanche per noi.