Fino ad una settimana fa, Derrick Rose sembrava essere tornato la stella splendente dei tempi d’oro, inanellando 29 punti, 7 assist e 5 rimbalzi nella vittoria dei Chicago Bulls contro gli Oklahoma City Thunder del temibilissimo Russell Westbrook. Tuttavia, due sere dopo – contro i più modesti Minnesota Timberwolves – Rose ha totalizzato 11 punti, con un magro 3-13 al tiro e parecchie palle perse (5), tante quante gli assist serviti.
Questo è il Derrick Rose attuale: una pedina inconsistente, ma con un incredibile talento. E i Bulls, adesso, devono capire cosa fare con la loro point guard di riferimento.
Il fatto che Rose, ogni tanto, mostri ancora i numeri della sua annata da MVP (2010-11) è ciò che davvero rende la situazione particolarmente frustrante; se gli infortuni avessero portato via tutto ciò che di buono aveva, i fans della NBA e i Bulls avrebbero potuto semplicemente accantonarlo e guardare avanti; invece, il giocatore sembra avere ancora molto da dare, nonostante ultimamente il suo contributo sia stato del tutto inutile.
Al suo meglio, Rose era un dinamico creatore di gioco, capace di spaccare in due le difese, attaccare il ferro e spingere fuori il pallone per permettere ai tiratori di colpire dall’arco. Un po’ di quel dinamismo è stato annullato da tre anni di guai fisici e riabilitazioni, ma è evidente che sia ancora in grado di attaccare il canestro: in questo inizio di stagione, Rose ha fatto registrare 9.7 penetrazioni a partita, la 10° media più alta nella NBA. Passando il pallone soltanto nel 20.6% di quelle penetrazioni, Rose si è posizionato ultimo tra i 25 giocatori che hanno messo insieme almeno 7.0 incursioni a canestro (non è una novità, considerando che, lo scorso anno, è arrivato penultimo tra 35 giocatori a lui simili). Nonostante la bassa propensione al passaggio in attacco, il numero 1 si è piazzato 4° per numero di turnovers tra i 25 giocatori sopracitati.
La bassa percentuale di passaggi su penetrazione, comunque, costituisce solo metà del problema, visto che Rose non riesce nemmeno a mettere a segno un numero convincente di canestri durante le sue sgroppate offensive; la sua realizzazione dalla lunetta è calata essenzialmente fino i suoi livelli da rookie, nel periodo in cui era continuamente criticato per prendersi dei floater morbidi invece di cercare il contatto falloso. Metà dei tiri di Rose, in questa stagione, sono arrivati nello spazio tra i primi 10 piedi (3.05 metri) dal canestro, la sua massima distanza in carriera; inoltre, il 30% di questi tiri è stato scoccato tra i 3 e i 10 piedi dal ferro, un altro record. Con queste coordinate, soltanto il 37.1% dei canestri tentati da Rose sono andati a segno. Non è una sorpresa, dunque, che solo uno dei 10 tiri effettuati dal giocatore sia stato stoppato, considerato il range analizzato.
Mai impostosi come affidabile tiratore da tre, Rose ha anche quasi completamente eliminato quel tipo di tiro dal suo arsenale e, ad oggi, il suo ruolino registra un magrissimo 1-16 dall’arco nelle prime partite dell’annata 2015-16.
Rose è ancora veloce e forte, ma la sua capacità decisionale sta soffrendo al punto che le sue iniziative sono spesso poco produttive: è ancora in grado di aprire il campo ma, quando i tiri non entrano, le serate dei Bulls possono essere seriamente compromesse.
Dall’inizio della scorsa stagione, Rose ha giocato 59 partite di regular season e meno di 1.800 minuti. Questo basso totale è un problema già in sé, ma significa anche che il giocatore non ha nemmeno potuto avere a disposione una stagione intera per poter riprendere confidenza con il campo, ritornare ai suoi ritmi abituali e riguardagnare fiducia in sé stesso.
L’integrità fisica è ancora una sfida per Rose, e lo si può vedere dal fluttuare dei suoi numeri quando ha a disposizione più giorni per riposare: le statistiche mostrano che tra il Rose con due giorni di riposo ed il Rose delle serate back-to-back c’è una differenza di più di due punti ogni 100 possessi. Metterlo a sedere più spesso durante le partite, particolarmente nelle settimane in cui il calendario diventa faticoso, potrebbe fare un’enorme differenza.
I Bulls sono una squadra con ambizioni da titolo, e ciò di cui hanno più bisogno dalla loro point guard è la consistenza. Ci sono abbastanza opzioni nelle altre posizioni – occupate da giocatori come Jimmy Butler, Pau Gasol, Nikola Mirotic, ecc. – che non hanno bisogno dell’estro di Rose nel playmaking o nello scoring per accendere la miccia del proprio gioco; ciò di cui necessitano è invece un Rose capace di imporre il proprio dominio ed atletismo sul parquet, e ciò potrebbe essere reso possibile attraverso dei semplici cambiamenti.
Cedere il controllo offensivo potrebbe essere un enorme passo avanti. Anche se l’impiego di Rose è sceso dopo il suo calvario fisico, è ancora uno dei giocatori più utilizzati nelle rotazioni: il ragazzo è una di quelle guardie i cui possessi sono più incentrati sulle opportunità di realizzazione per sé stessi, a livelli di gente come Russell Westbrook e Isaiah Thomas. Un utilizzo coscienzioso del suo tempo in campo potrebbe aiutare a renderlo più efficace secondo le sue caratteristiche peculiari.
La scelta dei tiri è un altro enorme problema. Come spiegato prima, Rose dovrebbe tornare a cercare il contatto durante le penetrazioni, invece di fermarsi prima della linea del tiro libero e provare un non affidabilissimo floater. Inoltre, dovrebbe cominciare a segnare qualche tiro da tre. Ovviamente, se riuscisse a capitalizzare i tentativi dall’arco sarebbe grandioso, ma anche se non dovesse riuscirci, deve almeno cercare di confondere le difese e far loro credere di essere una minaccia dall’arco, in modo tale da fornire la spaziatura nel pitturato necessaria per permettere ai suoi lunghi di spadroneggiare.
Questi elencati non sono piccoli cambiamenti, e potrebbero richiedere un significativo cambio di mentalità da parte dell’ex MVP; Rose dovrebbe parlare con i suoi compagni, con il suo allenatore ma, soprattutto, con sé stesso. Chicago potrebbe anche essere perdonata per un eventuale tentativo di sbarazzarsi del suo (ex?) figliol prodigo, ma probabilmente non sarebbero in grado di trovare un acquirente con facilità, ed è molto più realistico pensare che dovranno tenerlo in roster fino al termine della stagione.
Dunque, questo Derrick Rose – “l’ombra di sé stesso” – è l’elemento con il quale i Chicago Bulls devono attualmente lavorare; sepolto da qualche parte giace il talento di un giocatore che, al di là dei limiti fisici, potrebbe ancora fornire molto alla causa. Anche se c’è tanto lavoro da fare.
Claudio Spagnuolo
Twitter: @KlausBundy
Tratto da: Ian Levy, “Derrick Rose problem: Where do Bulls and point guard go from here?”, sportingnews.com