Un pubblico caldissimo, unâarena che viene descritta come splendida, una cittĂ tutto sommato importante, una squadra dallâandamento regolare. Cosa manca a Xavier per entrare nei cuori degli appassionati non (sempre) addetti ai lavori? La risposta è tanto semplice quanto crudele: una copertura mediatica dâalto rango, che quasi sempre è diretta conseguenza di un accumulo di talento che ha esplicite mire professionistiche.
Ma a Cincinnati non si lavora cosĂŹ, e ben venga! Non è un caso che, in tempi moderni, gli unici top player usciti dalle fila dei Musketeers siano stati James Posey e David West: i vertici sportivi dellâuniversitĂ cattolica hanno infatti stabilito di non dare la caccia al talento, ma di far crescere i propri giocatori man mano, senza correre il rischio che la smania di arrivare e la fame di statistiche minino il gruppo dei giocatori. Le ambizioni ci sono, è evidente, ma sono sempre secondarie rispetto alle gerarchie della squadra, perchĂŠ lâindividuo deve essere parte integrante del collettivo, qualunque sia il suo livello di talento. Una filosofia da vecchia scuola, ma che sembra funzionare piuttosto bene ugualmente, se è vero che Xavier ha perso solo due volte lâinvito al torneo NCAA negli ultimi quindici anni (2005 e 2009) e che dal 2008 in qua di norma si ferma alle Sweet Sixteen.
Go â to guy
Il realtĂ , come spesso succede nella NCAA, non ci sarĂ un vero go â to guy, soprattutto considerando che coach Mack predilige un platoon system con responsabilitĂ equamente divise. Lâanno scorso, per dire, dietro a Matt Stainbrook il realizzatore principe fu il freshman Trevor Bluiett, guardia che catturava segnava 11.0 punti di media, catturava 4.2 rimbalzi e serviva 1.9 assist. Questâanno, partito Staibrook, forse sarĂ proprio da lui che ci si aspetterĂ il contributo determinante per continuare con il trend positivo. Eccellente tiratore con incorporato anche il range da tre punti, fisicamente imponente, se câè qualcuno su cui conviene puntare è lui, ancora piĂš che sul pur valido compagno di backcourt Myles Davis.
Recruiting
Proprio per la filosofia di dicevamo sopra, gli arrivi in casa Xavier sono stati pochi, siccome poche sono state le perdite: fra i nuovi, spicca il corpaccione di Makindè London. Coach Mack lo ha descritto come unâala ibrida capace di cambiare i match su entrambi i lati del campo, e câè da auspicarsi che sia davvero cosĂŹ: il suo tiro da tre pare affidabile, cosĂŹ come lâenergia che metterĂ in campo. Ashanti Burgess è come altezza è un play che molto probabilmente nelle rotazioni sarĂ dietro a Davis e a tutte le altre guardie, e discorso identico si prospetta per Edmond Sumner. Kaiser Gates va invece a rafforzare il reparto lunghi, dove porterĂ corsa, atletismo e tiri dentro lâarco.
Obiettivi e Big East
Lâobiettivo, come sempre, sarĂ quello di stupire tutti, far crescere i nuovi e lasciar partire i vecchi. Il sogno è la Elite Eight, ma anche fermarsi alle Sweet Sixteen, con lâabbondanza di talento che câè in giro, non sarebbe un delitto. La concorrenza non è esattamente spaventosa, e perciò si può anche pensare, con la giusta preparazione, di portare a casa il titolo di campione di regular season di conference (manca dal 2011) o chissĂ , persino quello del torneo (ultima volta nel 2006). Con un monito: farlo alla vecchia maniera.