Home NBA, National Basketball Association We The North #3: L’ansia da prestazione da postseason

We The North #3: L’ansia da prestazione da postseason

di Paolo Sinacore
I playoffs del 2014 finirono così: DeRozan consola Lowry, in lacrime dopo la sconfitta in gara 7 contro i Nets.

I playoffs del 2014 finirono così: DeRozan consola Lowry, in lacrime dopo la sconfitta in gara 7 contro i Nets

Di solito quando si avvicinano i playoffs Nba l’espressione ‘comincia il bello’ dè fra le più gettonate per spiegare l’euforia che si genera attorno a un evento di tale portata.
Ma in Canada, e più precisamente a Toronto, non sono della stessa idea.
I Raptors di coach Dwayne Casey, al limite della perfezione (in base alle loro possibilità) nelle ultime 3 Regular Season, sono reduci – ahinoi – da 2 serie playoff perse (entrambe col fattore campo a proprio favore), nelle quali hanno racimolato 3 vittorie a fronte di 8 sconfitte.
Tutto ciò stona ancor di più quando si vanno ad analizzare i progressi costanti nelle 3 stagioni con Casey al comando: da quella della consacrazione (2013/14) ad oggi, si è sempre migliorato il record di franchigia (prima 48 w, poi 49, e ora 50 con 8 partite ancora da giocare), ma contemporaneamente si è passati dalla combattutissima serie contro i più quotati Nets nel 2014, persa a testa altissima soltanto in gara 7, al deprimente sweep subito contro i Wizards l’anno successivo. La sensazione che ci sia una componente psicologica dietro simili debacle, è supportata dal fatto che gli stessi Wizards avevano battuto i Raptors solo una volta (e dopo 3 OT) in regular season, per poi affossarli senza alcuna difficoltà e guadagnarsi le semifinali di conference.
Semifinali che Toronto non riesce a raggiungere addirittura dall’anno di grazia 2001, quando Vince Carter guidò i suoi a uno storico 3-2 al 1° turno sui Knicks, a tutt’oggi unica serie playoff vinta dai canadesi nella loro storia. Nessuno avrebbe poi immaginato al tempo che il successivo 4-3 inflitto dai Sixers ai loro danni sarebbe rimasto fino ai giorni nostri il punto più alto di una franchigia che aveva nel numero 15 una delle giovani stelle più lucenti nel firmamento Nba.
Ma visto che di solo passato non si può vivere, concentriamoci su un aspetto positivo abbastanza evidente in relazione alla scorsa stagione. Se è vero che il rendimento fra la stagione 2014/15 e quella attuale nel periodo pre All-Star Game si è equivalso (36-17 vs 35-17), è altrettanto vero che nel periodo successivo alla parata delle stelle è cambiato totalmente: si è passati dal balbettante 8-13 di 12 mesi fa, al lusinghiero 15-7 odierno.
E visto che corsi e ricorsi storici sono fatti per essere smentiti, un miglioramento così palese non può che essere accolto con favore anche in vista dei playoff, dove ci si augura che l’esperienza accumulata da questo gruppo di giocatori possa aiutarli ad affrontare con meno ansia questo appuntamento cruciale.
E magari anche a Toronto potranno urlare che sì, finalmente comincia il bello.

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