La chiamano la Squadra della Nazione. No, rettifica: è la Squadra della Nazione. Quando il Maccabi esce dai confini sposta una fiumana di persone, un’onda di colore giallo che fa tremare chi se la trovi di fronte o di fianco. Ed è strano come pur rappresentando Israele, però, il Maccabi, come racconta Sarunas Jasikevicius nella biografia scritta con Pietro Scibetta, «per quanto sia istituzionale, importante e autorevole, è davvero una famiglia». Un paradosso, certo. D’altronde, dove potrebbe succedere se non in una terra di miracoli?
Dal passatempo alla Coppa Campioni
Correva l’anno 1954. In principio non vi era campionato di pallacanestro. Dio disse « Sia il campionato di pallacanestro, e il campionato di pallacanestro fu», e Dio vide che campionato di pallacanestro era cosa buona. Dio disse: «Siano le squadre partecipanti», e le squadre partecipanti furono, e Dio vide che era cosa buona. Dio disse ancora «Sia la sezione di basket del Maccabi Tel-Aviv, e domini nel derby e sulle squadre di Gerusalemme, sul Galil Gilboa, e sul Maccabi Haifa». Sin dall’inizio, la squadra gialloblu ha fatto il bello e il cattivo tempo nel campionato israeliano, e che dal 2014 non raggiunga la finale rappresenta un’eccezione che in linea teorica avrebbe avuto meno probabilità di occorrere di un altro Diluvio Universale. L’ultima volta che a Tel-Aviv avevano saltato l’appuntamento con il titolo per due annate di fila era il 1962, ma allora almeno la finale era stata raggiunta. Solo nel 1993 il Maccabi si era fermato prima, ma già dalla stagione successiva era tornato sopra tutti. Insomma, stiamo assistendo al periodo nero.
Secondo Ralph Klein, storico coach che sulla panchina nazionale più prestigiosa ha potuto sedere per undici anni, agli albori la pallacanestro veniva vista in Israele come un passatempo e nulla di più. L’arrivo di Tal Brody dagli Stati Uniti è da considerarsi alla stregua del mitologico fuoco rubato da Prometeo: una rivelazione/rivoluzione. La sua dedizione forgiò la mentalità dei compagni di squadra e la sua velocità forgiò il gioco in contropiede del Maccabi. Dan Peterson nel suo libro. “Quando ero alto due metri”, del 2006 racconta di una grandinata da 29 punti secchi subita dalla sua Virtus Bologna ad opera dei gialloblu, portatori sani di contropiede con tutti gli uomini a disposizione: «Dopo la batosta di Yad Eliau a Tel-Aviv, ho insistito che la squadra corresse in 5, come il Maccabi».
Quella era la squadra di Brody dove evoluivano Miki Berkovich, Motti Aroesti, Aulcie Perry, Lou Silver, Jim Boatwright, gli ultimi tre tra i più prolifici top scorer di sempre il sodalizio israeliano. Questo resterà lo zoccolo duro della squadra per molto tempo e dal ‘77, nell’ordine e consecutivamente, conquisterà una Coppa dei Campioni contro Varese, si fermerà in semifinale contro le vincitrici Real Madrid e Bosna Sarajevo e si approprierà nuovamente del massimo trofeo continentale contro la Virtus, in una finale a Strasburgo il cui arbitraggio Gianfranco Civolani ricorda non essere particolarmente benevolo nei confronti dei felsinei. E sempre lo stesso cronista suggerisce che dietro potessero esserci motivazioni legate al rifiuto di Gigi Porelli nei confronti del big boss Boris Stankovic di giocare l’Intercontinentale in Sudamerica, e il fatto che i supporter bolognesi fossero mille ma quelli gialloblu rasentassero il triplo, e insomma il fattore ambientale era poco poco impari.
Verso il nuovo millennio
A prendersi l’ideale italica rivincita sarà Cantù l’anno seguente, ma nel frattempo a Tel-Aviv è in atto il ricambio generazionale che è condizione necessaria (ma mai completamente sufficiente da sola) per restare ai vertici. Dopo il paisà D’Amico, campione continentale nell’80, è brevemente tornato alla guida Ralph Klein, che dopo un biennio lascia la panchina all’enfant du pays Zvi Sherf. Questi gode degli ultimi scampoli di classe e leadership di Aroesti e Berkovich, e lancia in pianta stabile Kevin McGee, Doron Jamchi, Lee Johnson e Howard Lasoff. Gli ultimi due partiranno, mentre gli altri resteranno e con LaVon Mercer, Willie Sims, Motti Daniel, Chen Lipin Yitzhak Cohen e Ken Barlow saranno le colonne della squadra che farà tre finali europee consecutive, contro l’Olimpia Milano (la prima di Peterson, la seconda di Casalini) e la terza contro la Jugoplastika Spalato, che contiene in nuce la generazione d’oro croata di lì a poco stupirà il mondo (Radja, Naumoski, Perasovic, Tabak, Kukoc).Siamo dunque già negli anni ’90, e qui comincia un periodo di vacche magre in Coppa Campioni/Eurolega mentre sul fronte interno già avete intuito come la faccenda si sia sviluppata nel corso del tempo. Kaneti, Katzurin, il Klein-ter e il Sherf-bis, Jelovac e Harush si sono alternati sul pino maccabeo racimolando solo titoli nazionali, che sono considerati sostanzialmente il minimo sindacale, raccogliendo viceversa risicati bottini sul fronte europeo. Questo almeno fino al novembre del 1998, quando Pini Gershon si insedia e inizia a dettare legge. La sua, ovviamente.
Gershon, Blatt e poi nulla
A fine anno il nuovo coach ha fatto la consueta campionato-coppa d’Israele arrivando solo agli ottavi in Eurolega, ma già dall’estate del ’99 tutto cambia. Via gli stranieri di origine slava, via gli americani ad eccezione di Derrick Sharp, via Guy Goodes e dentro Comegys, Huffman, Briskel e McDonald. Ed è finale di coppa, già nel 2000, contro il primo Panathinaikos di Obradovic, che essendo Obradovic in finale non perde mai. In circostanze normali, in realtà, perché in effetti le uniche volte che è successo si è trattato di situazioni particolari: quest’anno contro il CSKA del suo allievo Itoudis, e nel 2001, quando SuproLeague ed Eurolega si separarono causa contenzioso FIBA/ULEB (ricorda niente?). Nel 2001 fu il Maccabi del santone israeliano a sopravanzare il Pana del santone serbo. Dove se non a Parigi, quella che “val bene una messa”?
Dopo il successo, Gershon lascia al discepolo David Blatt, ma tempo un anno con ennesima accoppiata campionato-coppa, e nel 2003 Pini torna. Da lì sono due edizioni dell’Eurolega consecutive, il -44 inflitto alla Fortitudo nella Final Four di Tel-Aviv e la vittoria contro Vitoria a Mosca. In quella squadra ci sono Jasikevicius, Baston, Nikola Vujcic, Burstein, Halperin, Bluthental, Deon Thomas, e la stella Anthony Parker. Nel 2006 incoccerà invece nel primo CSKA di Messina, che come il primo Pana di Obradovic avrà la meglio finale sul Maccabi. I gialloblu torneranno nuovamente in finale nel 2008, quando all’ allenatore esordiente Katash è subentrato Sherf a gennaio. Will Bynum in regia, Morris sotto le plance, Garcia in ala, e la truppa israeliana composta da Eliyahu, Halperin, Burstein, Casspi, ad alternarsi ed affiancarli superano Siena in semifinale ma poi cedono ancora al CSKA in finale, sempre allenato da Messina. La maledizione contro i due migliori coach europei prosegue, perché dopo il Gershon-ter, torna Blatt che porta i gialloblu all’atto conclusivo… contro il Pana di Obradovic, che essendo Obradovic in finale non perde mai in situazioni normali. Quello però è già il Maccabi dove gli americani hanno preso a rimanere al massimo per due stagioni, e dove la continuità è garantita dai giocatori israeliani, con le eccezioni di Devin Smith e Landensberg (peraltro naturalizzato), a Tel-Aviv rispettivamente dal 2011 e dal 2012. Gli uomini di Tel-Aviv conquistano comunque a Milano l’Eurolega 2014, superando
in semifinale il CSKA di Messina (finalmente!) con il buzzer beater di Rice e in finale il Real Madrid al supplementare. Ci sono Hickman, Ohayon, Pnini, Ingles, Schortisanitis, Tyus, e quel Bluthental diventato Blu, ma c’è soprattutto un coach, Blatt, che saluta dopo la vittoria e si gioca (purtroppo prima benino e poi malino) la chance NBA in Ohio.
Al Maccabi non va meglio, però, perché come ricordato all’inizio negli ultimi due anni non arriva neanche in finale. L’obiettivo è rialzarsi per il 2016/2017: il nuovo tecnico Edelstein è anche c.t. della nazionale, il tedesco Zirbes dà fisicità sotto canestro e Weems quella creatività atletica che a questi livelli può spostare le montagne. Ma forse al Maccabi si accontenterebbero semplicemente del settimo titolo europeo. Vedi mai che succeda…