Certe volte serve una partita per trasformare un buon giocatore in un grande giocatore. Certe storie nascono in sordina, in punta di piedi, poi piano piano quello che sembra essere un giocatore di medio livello, si trasforma in un trascinatore. Questa è la storia di un giocatore del genere, un giocatore che non ha avuto un impatto devastante, che ha dovuto faticare per ottenere i risultati e oggi, dopo tanto lavoro è diventato l’anima, o meglio una delle anime, della squadra più in forma della lega. È la storia di un difensore che, se non vogliamo considerare la corsa all’MVP già chiusa, si candida al premio. Questa è la storia di Draymond Green.

Draymond Green agli Spartans

Draymond Green agli Spartans

Draymond Jamal Green nasce a Saginaw, Michigan il 4 Marzo del 1990 da Mary Babar e Raymond Green. Nella sua infanzia la palla a spicchi è una costante, d’altronde sono gli anni dei grandi Pistons di Chauncey Billups e soprattutto di Ben Wallace. Ben Wallace sarà fonte d’ispirazione in tutta la sua carriera, il ruolo dominante che un uomo così piccolo ha in NBA – e stiamo parlando del 3 di Detroit –  farà capire a Dray che nel basket i centimetri non sono tutto. Per seguire la sua passione frequenta la Saginaw High School nella sua città natale, agli ordini di Lou Dawkins. Green è un giocatore nella media, laddove il talento non arriva sopperisce con la volontà. Dray è infatti un lavoratore instancabile: quando per gli altri l’allenamento dura un’ora per lui dura due. È sempre in palestra ad allenare i suoi fondamentali. Grazie alla sua instancabilità e alla sua doppia-doppia di media (20 punti e 13 rimbalzi) porta i Trojans ad un record di 27-1.

Il 14 novembre 2008 diventa un bianco-verde all’università di Michigan State dove comincia a vedere i frutti del suo lavoro. Con gli Spartans è il quarto miglior marcatore della squadra nel suo anno da freshman. Nel suo anno da senior aiuta la sua squadra a raggiungere un record di 24-7 e viene nominato “Big Ten Player of the Year.” Vedendo i suoi netti miglioramenti, decide di rendersi eleggibile per il draft 2012. È l’anno di Anthony Davis, Damian Lillard e Andre Drummond, Dray sa che difficilmente sarà nelle prime 10 scelte. E infatti nelle prime 10 non viene selezionato e nemmeno nelle prime 20. Dray infatti viene scelto con la 35sima scelta da Golden State Warriors. Inizia così la sua avventura, in punta di piedi, in NBA.

Una delle ragioni per la quale i Warriors sono oggi una squadra formidabile è sicuramente la capacità di scelte al draft. Scegliere Green si rivelerà una delle mosse migliori degli ultimi 15 anni. Draymond però è un diesel, parte piano. Il primo anno con la franchigia californiana non sarà nulla di eccezionale e, anzi, verrà ricordato per un errore che costo la sconfitta in gara 1, al primo turno di playoff, contro i Nuggets. La squadra riuscirà comunque a passare il turno in sei gare. Al secondo turno però ci sono gli Spurs, e i californiani si vedono battuti in 6 gare. Termina così il primo anno di Green tra i massimi del basket, anno che si chiude senza infamia e senza lode.

Draymond Green però non accetta di essere soltanto un buon giocatore, vuole di più, molto di più. Appena termina la serie con San Antonio si mette al lavoro, come del resto ha sempre fatto nella sua carriera e, a stagione ripresa, si presenta molto più in forma, con un tiro da tre nettamente migliorato e con una maggiore capacità difensiva. L’anno 2013-2014 non sarà ancora quello della consacrazione ma si registrerà un netto miglioramento dell’ala di Saginaw. La sua squadra farà per il secondo anno i playoff ma verranno sconfitti al primo turno contro i rivali di sempre: i Clippers.

Il primo titolo di Draymond Green

Il primo titolo di Draymond Green

Draymond Green e Steph Curry

Draymond Green e Steph Curry

E poi arriva la stagione 2014-2015. Complice anche l’infortunio di David Lee, Green diventa il titolare della franchigia di Oakland. La regular season dei Warriors è devastante: si classificano primi nella conference con un record di 67-15 e approdano ai playoff. In post season i primi da affrontare saranno i Pelicans, che verranno eliminati con un secco 4-0. Sarà poi la volta dei Grizzlies, che opporranno resistenza per 6 gare prima di essere sconfitti. In finale di conference ci sono i Rockets di Harden, ma anche loro non potranno niente contro il trio che si è formato Curry-Green-Thompson, dopo 5 gare la squadra di Houston alzerà bandiera bianca. In finale c’è LeBron James con i suoi Cleveland Cavaliers. E qui si torna all’inizio, quando si diceva che serve una partita per trasformare un buon giocatore in un grandissimo giocatore, ebbene questa partita è gara sei delle finals: Green è il sesto giocatore della storia a registrare una tripla-doppia in finale NBA, gli altri 5 sono pressoché sconosciuti del basket, tali Magic Johnson, Larry Bird, James Worthy, Tim Duncan e lo stesso LeBron James appena battuto; ma soprattutto la franchigia californiana torna a vincere il titolo dopo 40 anni, consacrandosi come una delle squadre più forti del decennio, senza voler scomodare nessuno. E Draymond non si è certo accontentato, quest’anno sta giocando meglio dell’anno scorso e la squadra sta volando, vedremo come andrà a finire.

“I’ve been pretty broke my entire life. I’m not going to live that same life, but I’m going to keep those same principles.”

Draymond Green

Draymond Green

Questo è Draymond Green, un campione umile, che ha scelto di vivere in un paesino californiano a dispetto di San Francisco dove tutti i suoi compagni abitano, un uomo che ha saputo essere più forte del fisico non eccellente, un uomo che ha ribaltato tutto ciò che di male gli era stato detto, un uomo che ogni allenatore vorrebbe avere nella propria squadra. Green ormai è salito sul treno dei campioni e, ad oggi, non sembra voglia scendere molto presto.

PS: forse ne ho dato la descrizione di un ragazzo che non ride mai, beh non è così, per conferme seguirlo su Snapchat.

 

 

You may also like

Lascia un commento