“Tante persone hanno dubitato di me, tante persone mi hanno insultato, criticato, detto che non avrei mai potuto farcela. Queste persone mi hanno fatto cadere, molte volte. Ho attraversato i periodi più difficili con la mia famiglia. Nonostante tutto, però, mi sono sempre rialzato e oggi sono ancora in piedi.” (Kevin Durant)
Queste le parole usate nel suo discorso quando, al termine della stagione 2013-14, diventa MVP. Sono le parole che meglio racchiudono l’infanzia di un ragazzo nato nei sobborghi di un paesino vicino a Washington, tra la paura di un colpo di pistola e il sogno di giocare nei Toronto Raptors. Nel suo discorso, il nativo di Suitland riesce a trasmettere tutte le difficoltà che ha incontrato e brillantemente superato. È il motivo per cui oggi, quel ragazzo, si candida fortemente a diventare uno dei più grandi della storia, oltre che ovviamente al titolo con i suoi Oklahoma City Thunder e, di sicuro, al titolo MVP. Nel caso non lo abbiate ancora riconosciuto, stiamo parlando di Kevin Wayne Durant.
Kevin Durant nasce a Suitland, un paese nella periferia della capitale americana, il 29 Settembre 1988. È il quarto figlio di Wanda Durant e Wayne Pratt. Il padre avrà piuttosto un ruolo marginale nella vita di Kevin, dal momento che abbandona la famiglia quando Durant era ancora un bambino. Kevin quindi cresce accudito soprattutto dalla nonna, nonna che lo fa rigare dritto, spedendolo a messa ogni domenica e facendogli ringraziare Dio per il dono dell’altezza che il piccolo KD ha ricevuto. Infatti per essere un ragazzo della sua età è tremendamente alto, questo fu uno dei tanti motivi che lo avvicinò alla pallacanestro. Inizia a giocare con i PG Jaguars nella contea di Prince George, Maryland. All’high school registrerà medie straordinarie, registrando il picco di 68 punti in una partita contro il Cardozo High School, cominciando a farsi conoscere da quelli che contano.
Quando arriva il momento di scegliere il college c’è solo l’imbarazzo della scelta: New Mexico State, Michigan, Iowa University, sono soltanto degli esempi della vasta scelta che KD aveva a disposizione. La sua scelta ricade però su the University of Texas Longhorns in Austin sempre dietro consiglio della nonna. Coach Sullivan all’arrivo di Durant impazzisce, s’innamora completamente di lui: “This is the best I’ve ever seen” “Non ho mai visto nulla di meglio”. Kevin diventa subito il cardine del quintetto, registrando nel suo freshman year medie di 25.8 punti a partita e 11 rimbalzi, cose veramente eccezionali. Durant quindi si rende conto di essere forte, talmente forte da sentirsi sprecato in un ambiente come la NCAA. Decide quindi di dichiararsi eleggibile per il Draft 2007. Gli esperti sono sicuri: Durant è la prima scelta, quindi KD si prepara mentalmente a volare nell’Oregon dato che i Trail Blazers detengono la prima scelta.
A sorpresa, invece, Portland chiama Greg Oden, e Durant viene selezionato “solo” alla numero 2, diventando quindi un membro dei Sonics. Inizia dunque la sua carriera NBA, con la maglia 35 in onore del suo vecchio allenatore Charles Craig, assassinato all’etá di soli 35 anni.
L’impatto con l’NBA è micidiale. Durant sembra essere uno di quegli eletti destinati a ristabilire le regole del basket, sembra essere un candidato all’olimpo in cui abitano Oscar Robertson, Larry Bird, Magic Johnson, Michael Jordan, Kobe Bryant e LeBron James. Durante il suo primo anno in NBA, KD sembra confermare le aspettative, diventando Rookie Of The Year.
Nella stagione 2008-09 la sua squadra si trasferisce ad Oklahoma City; i risultati tardano ad arrivare, nonostante un ottimo Kevin Durant, ma il futuro sembra essere promettente: Durant è pronto ad esplodere definitivamente, migliorando anche l’intesa con Russell Westbrook e James Harden.
L’esplosione di KD arriva l’anno successivo, quando diventa miglior marcatore della stagione, con una media di 30 punti a partita. Nella stagione 2009-10 arriva anche la totale intesa tra i tre violini di OKC e, finalmente, la franchigia conquista i PlayOff. I Thunder si presentano ai playoff occupando l’ultima posizione disponibile per accedere alla post season, incontrando i Los Angeles Lakers campioni in carica e dominatori della regular season. Il finale sembra scontato, invece la squadra di Scoot Brooks si dimostra tosta e preparata. Per i Lakers ci vorranno 6 gare (e una prodezza di Gasol) per superare i Thunder e andarsi a riprendere il titolo.
Oklahoma però dimostra di poter dire la sua nella lotta per l’anello. E l’anno successivo confermerà quanto di buono visto nella stagione precedente. Durant è ancora un volta Top Scorer e arriva secondo nella corsa all’MVP, dietro un certo Kobe Bryant. La squadra riesce ancora una volta a raggiungere i playoffs e al primo turno si sbarazzano in 5 gare dei Nuggets. Al secondo turno incontrano i Memphis Grizzlies di Zach Randolph, e la serie è meravigliosa: gara 1 Memphis, gara 2 OKC, gara 3 Memphis, gara 4 OKC (dopo 3 OverTime), gara 5 OKC, gara 6 Memphis. Zach Randolph da una parte, KD dall’altra: uno degli scontro più belli dell’intera post season. In gara 7, però, ad avere la meglio è proprio il #35 con la canotta Thunder che sigla 39 punti.
In finale di conference, i Thunder trovano Dallas, ma KD e compagni sono stremati e si vedono costretti ad abbandonare il sogno in 6 gare alla squadra che poi trionferà.
Però ci siamo, la gente per la strada è entusiasta come mai, desiderosa di veder partire la stagione successiva, nella quale secondo molti i Thunder possono portarsi a casa il trofeo. La regular season è eccellente, KD per il terzo anno consecutivo è il giocatore a realizzare più punti e OKC arriva seconda, dietro gli Spurs. Ancora una volta per Durant arriva la seconda piazza all’MVP dietro LeBron James. Ai playoff rincontra i Mavericks, che lo avevano sconfitto l’anno precedente. In gara 1 proprio un buzzer beater di Durant ne determina le sorti: OKC passa il turno dopo un 4-0 più combattuto di quanto sembra dire il risultato.
Al secondo turno, invece, non c’è storia per i Lakers, che vengono divorati 4-1. In finale di conference ci sono gli Spurs, che partono favoriti. I texani vanno in vantaggio 2-0 mettendo un piede nelle Finals, poi però si va nella Chesapeake Energy Arena e un Durant da 30 punti di media ribalta la serie, andando poi a chiuderla con un 4-2 straordinario.
Giunti alle Finals, dunque, i Thunder devono fare i conti con i Miami Heat di LBJ. LeBron contro Kevin sembra essere una delle sfide più belle che l’NBA possa desiderare, la sfida tra OKC e Miami crea un’aspettativa paragonabile a quella tra Celtics e Lakers. Gli Heat sulla carta partono favoriti, ma un Durant da 36 punti illude Oklahoma City portando a casa gara 1, salvo poi cedere il passo a Miami che chiuderà la serie in 5 gare.
“I’ve been second my all life. I was the second best player in High School. Second pick in the NBA Draft. I came second in the finals. I’m tired to be a second. I’m done with that”.
La stagione successiva non regala grandi emozioni per Durant, nè a titolo individuale, nè a livello di squadra. OKC infatti, orfana di James Harden finito a Houston, viene eliminata al secondo turno dai Grizzlies. Qualcosa sembra essersi frantumato nei cuori dei Thunder dopo quelle Finals. KD però possiede la voglia di vincere che appartiene solo ai grandi e, durante la stagione successiva, offre ai suoi tifosi e agli amanti di questo sport la sua stagione migliore (finora) che culmina con il titolo di MVP. La squadra però non mantiene il suo ritmo e non riesce ad accompagnarlo alle finali NBA, perdendo le finali di conference contro gli Spurs.
La stagione successiva lo vede costretto a saltare più di 50 partite a causa di un infortunio al piede, con conseguente mancata qualificazione di OKC alla post season.
Questa è una di quelle storie in cui, anche se il lieto fine non c’è ancora stato, si sente a pelle che di sicuro arriverà. Ciò che separa KD dall’anello è solo il tempo. Un giocatore così dominante, così incisivo e così capace DEVE vincere un titolo. Voci e rumors di mercato sembrano volerlo lontano da OKC dopo la prossima free agency, vedremo dove andrà a finire. Ovunque andrà, comunque, che sia Golden State o Los Angeles o Boston o ai suoi amati Raptors o in qualsiasi altro posto, state pur certi che Kevin Durant continuerà a scrivere le pagine di questa meraviglioso sport chiamata basket.