Dalla gelida Russia alla Grande Mela, passando per le Montagne Rocciose del Colorado fino ad approdare nel tranquillo Ohio, a Cleveland. Prima di ammirare il panorama della West Coast direttamente dalla Città degli Angeli. La carriera cestistica di Timofey Mozgov è stata un’alternanza di emozioni, traslochi, salite, discese e rocambolesche vicissitudini. Un po’ come quando si decide di intraprendere una spedizione nella vasta Siberia, vicina alla ‘sua’ San Pietroburgo.
Il centro classe 1986 ha toccato (per ora) lo zenit delle soddisfazioni personali vincendo il titolo 2016 con i Cavaliers, anche se è stato impiegato col contagocce. Solo l’anno precedente affrontava da titolare i famigerati Golden State Warriors facendo da spalla, insieme a Matthew Dellavedova, a LeBron James in un’impresa ad un certo punto solo accarezzata. Un biennio intenso, abbastanza proficuo, interrottosi con la scadenza del contratto. Tante grazie ed arrivederci, Tyronn Lue non lo ha considerato più parte dei suoi piani e il buon Timofey ha dovuto cambiar casa.
Una nuova casa l’ha trovata a Los Angeles, grazie alla chiamata dei Lakers che, sotto indicazione di Luke Walton non se lo sono fatti sfuggire. Lo stesso coach dei lacustri gli ha affidato un ruolo di rilevo nel suo progetto, una mansione basilare all’interno dello scacchiere tattico. Sì, perchè nella filosofia ispirata a quella che praticano nella Baia il centro non è ‘dominante’ come si suol dire, ma si dedica più al lavoro sporco, tramando nell’ombra per cercare di far girare la squadra col suo piccolo (importante) contributo. Mozgov in attacco apre la strada ai compagni portando blocchi per il classico gioco in pick and roll o per liberare il tiratore durante la circolazione di palla in modo che possa concludere agevolmente. Il tutto accontentandosi di giocare pochi possessi, senza fare la voce grossa nel pitturato. Teamwork mode on.
Con la sua mano educata riesce a prendersi un buon tiro dalla media (negli ultimi anni ha migliorato il suo range). E anche a passare il pallone, poichè il centro nelle idee di Walton deve saper fare anche questo. Una specie di fulcro, da cui partono diverse azioni, da cui diverse soluzioni di gioco si sviluppano. O un possibile bersaglio per repentini assist sulle transizioni: nonostante la mole di un carro armato (216 cm per 113 kg), sa farsi trovare pronto quando c’è da colpire nelle ripartenze, una delle armi più affilate dei gialloviola. Percorre il campo senza annaspare e, in caso di ricezione, va a concludere a canestro. Di prepotenza.
Lottare a rimbalzo, proteggere il ferro. Nella metà campo difensiva il suo peso specifico si sente, eccome. Il suo compito è quello di presidiare l’area con autorità, non lasciando passare nessuno. Il suo senso della posizione è una delle travi del seppur ancora debole castello difensivo dei Lakers (per l’ennesima volta bisogna dire che il lavoro da fare in tal senso è tanto): il russo tiene bene sui pick and roll avversari, dimostrando di saper ruotare sui tagli quando c’è bisogno. La stoppata resta inoltre una variante interessante del suo repertorio.
E pazienza se qualche tifoso abbia voluto nella passata free agency un giocatore dal nome più altisonante, un centro di livello assoluto a dispetto di quelle che erano le reali pretese della franchigia losangelina, reduce da anni bui e non più (per ora) una delle mete gradite per chi vuole vivere una nuova avventura. Timofey Mozgov non è un tipo che surriscalda gli animi, anzi, è glaciale ma non per questo meno congeniale alla causa: le sue doti sono adatte alla fisionomia lacustre, che necessità di onesti gregari invece di ingombranti individualisti. Doveroso è ricordare che la sua etica del lavoro e il suo essere professionista possono rappresentare esempi validi per i giovani presenti nel roster: un portatore d’acqua operoso, dentro e fuori dal campo. A fari spenti.