Qualcosa si è visto, ma ancora non ci siamo: infortuni, incomprensioni e mancanza di abitudine ad un certo status: ecco la lettura del momento dei New Orleans Pelicans, da anni candidati ad un ruolo importante vista la presenza di ‘The Brow’ Davis.
9-20 il record dopo la sconfitta con l’onore delle armi per 113-110 contro gli Spurs, questa la riflessione di coach Alvin Gentry: “L’ho appena detto ai ragazzi: non sappiamo che squadra siamo perché non ci siamo dati l’opportunità di scoprirlo”. Il tempo però non è molto: “Dobbiamo scoprirlo in fretta: come giocheremo? Dove finiremo? Dobbiamo essere consistenti, questo è l’aspetto che mi delude”.
Certo gli infortuni non hanno aiutato, nonostante le buone cifre di Frazier la mancanza di Jrue Holiday in cabina di regia si è sentita. I problemi dei Pelicans però sono più profondi. Di base, l’idea di mettere intorno a Davis due carabine come Ryan Anderson ed Eric Gordon era esatta – Houston D’Antoniana docet – ma è mancata proprio l’identità di cui parla Gentry. Con il ritorno anche di Tyreke Evans la situazione sarà più leggibile, ma serve un lavoro di squadra per arrivare ad una cultura, o almeno cominciare a costruirla. Anche considerando che il secondo violino dovrà necessariamente essere Buddy Hield; il prodotto di Oklahoma nel suo primo anno sta mettendo insieme 8 punti, 1 assist e 3 rimablzi in 18 minuti: classiche cifre da rookie, il 34% dall’arco salirà senza dubbio.
Purtroppo l’espermento Lance Stephenson, dopo Charlotte e LA sponda Clippers, è fallito anche in Louisiana: è stato tagliato troppo in fretta per capirne la reale ragione, ma alla corte di MJ non si è dimostrato capace di portare per mano la franchigia insieme a Walker, mentre in California non ha mai accettato il ruolo di bench player: il giocatore devastante e spezza equilibrio di Indiana, Born Ready from Coney Island, sembra solo un ricordo.
Al momento l’ottavo posto è distante quattro vittorie, quelle che separano New Orleans da Portland. “Una, massimo due settimane, sarà il periodo che definirà la stagione – ha dichiarato il n.23 da Chicago – abbiamo mostrato come vogliamo giocare: una squadra difensiva che difende e muove la palla. Dobbiamo però fare tutto su una base più consistente”.
Ha chiuso con un messaggio chiaro a tutta la sua franchigia: “Dobbiamo capire come vogliamo essere riconosciuti: alcune partite ci comportiamo bene, altre semplicemente non lo facciamo. Non c’è molto tempo, ci vuole intensità poter creare un’identità”.
Le prossime avversarie di Davis e compagni saranno Philadelphia e OKC: due sfide a loro modo dure, che ci diranno qualcosa in più. Come ha ricordato Frazier, le grandi squadre hanno strisce vincenti, non perdenti: e la classifica abbassa notevolmente il margine d’errore.