La trade non è ancora conclusa ufficialmente, quindi Minnesota Timberwolves e New York Knicks non hanno potuto parlare apertamente del passaggio di Karl-Anthony Towns a NY. I giocatori dei Twolves hanno però potuto raccontare impressioni e emozioni nel sapere che il loro compagno di squadra e star, sarebbe diventato presto un avversario.
Towns è stato ceduto ai Knicks in cambio di Donte DiVincenzo e Julius Randle, in una trade a tre team che comprende anche gli Charlotte Hornets e che le tre squadre stanno ancora chiudendo. Per cui, bocche cucite su tattica, previsioni e giudizi tecnici fino all’ufficialità.
Le emozioni però sono esentate. “Tutti sapete qui che KAT è un fratello per me” ha detto Anthony Edwards al media day dei Twolves “Per cui fa male. Sappiamo come funziona però, per cui dobbiamo solo andare avanti. Parlarne ora è abbastanza strano perché è appena successa, la trade. Qui eravamo tutti e due dei numeri uno, non c’erano primi e secondi tra noi e abbiamo sempre giocato assieme“.
Per Rudy Gobert, la trade “è stata una grande sorpresa, nessuno se lo aspettava a due giorni dal training camp. Io voglio bene a KAT e lo rispetto, abbiamo giocato due anni assieme e ho apprezzato il tempo passato assieme, mi ha accolto e io ho fatto tutto il possibile per essere la miglior versione di me in campo e fuori“.
Della trade, sempre in termini generici, ha parlato il presidente della squadra Tim Connelly: “Le nuove regole salariali portano a delle conseguenze non volute, sinceramente. Io non so se fosse voluta questa cosa, di rendere così complicate le trade per le squadre che sono sopra a certe soglie (come Twolves e Knicks, ndr). Ci vogliono abilità e fortuna nell’indovinare certe scelte, e da lì saper costruire squadre che possano stare assieme a lungo. Quello che accadrà saranno tante rotazioni di giocatori perché finanziariamente diventerà importante per diverse squadre“.
E poi, c’era un Anthony Edwards in ascesa a cui consegnare del tutto le chiavi della squadra. “E noi continueremo a sfidarlo a diventare cioò che può essere, uno dei migliori giocatori della NBA. Non è una cosa che si dice alla leggera, comporta grandi responsabilità“, ancora Connelly.
Sfida raccolta, consapevolmente: “Penso che (Connelly, ndr) abbia ragione. E che l’unico modo per arrivarci sia lavorare. Lavorare e crederci perché a parole sono bravi tutti ma in pochi ci credono davvero, e chi ci crede poi non lavora abbastanza. Io invece ci credo, e lavoro e solo così potrà accadere. Io voglio essere il giocatore di cui la mia squadra ha bisogno. Che sia segnare, passare, difendere e andare a rimbalzo e dimostrare che voglio essere allenato. Essere un leader dando l’esempio“.