Home NBA, National Basketball AssociationRubriche NBANBA Business Il caso Harden insegna: i superteam NBA sono (spesso) un’illusione

Il caso Harden insegna: i superteam NBA sono (spesso) un’illusione

di Mario Alberto Vasaturo
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La NBA degli ultimi 15 anni ci ha abituati a mosse di mercato sempre più importanti, in grado di alterare gli equilibri della lega. Basti pensare all’estate del 2010 con le parole di LeBron James che sancirono la nascita del superteam di Miami, oppure alla trade con cui i Knicks, nel 2011, riuscirono a firmare Carmelo Anthony formando anche lì un superteam con Amar’e Stoudemire e Tyson Chandler, non rispettando per niente le aspettative. 

Insomma da quei giorni in poi la nascita dei cosiddetti “superteam” e “big-three” è sempre più frequente. D’altronde la situazione negli ultimi anni sembra essere completamente sfuggita di mano, con superstar dal calibro pesante che viaggiano da una parte all’altra della lega. La stagione 2021/22 è sicuramente l’emblema di questo concetto. Il big-Three dei Nets, il big-Three dei Lakers, la questione Ben Simmons e l’approdo, 10 giorni fa , di Harden ai 76ers. Ma tutto questo, oltre ad alimentare lo spettacolo e la curiosità dei tifosi, fa davvero bene alla lega?

Che impatto ha il potere delle superstar e la formazione di superteam nella NBA?

Molti grandi giocatori negli ultimi anni hanno reso instabile l’ambiente che li circondava e spesso i dirigenti, che fanno di tutto per trattenerli e farli sentire a proprio agio, non sanno come gestirli. Giocatori che chiedono di essere ceduti e lasciati in panchina, o che vengono scambiati con ancora tanti anni di contratto davanti, sono l’esempio di come ormai le cose in NBA, anche all’interno di una squadra sulla carta perfetta, siano imprevedibili. 

Russell Westbrook e James Harden avevano ancora  due anni di contratto quando chiesero ai Rockets di essere ceduti, nel 2017, prima di andare a OKC, Paul George ne aveva ancora uno e poi ancora due quando ha firmato per i Clippers. La situazione più recente riguarda poi Ben Simmons, in panchina ben 54 partite e ceduto finalmente ai Nets quando aveva ancora ben 4 anni di contratto davanti.

 
 
 
 
 
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L’NBA Commissioner Adam Silver ha espresso la sua disapprovazione proprio su questo tema: “Non è un segreto il fatto che ho espresso la mia insoddisfazione per le richieste di scambio pubbliche e non voglio fingere di stare qui con qualche idea segreta che possa risolvere il problema”.

Quest’anno addirittura potrebbe essere il primo in cui tre possibili contender vedono le proprio speranze di vincere il titolo tarpate dalle loro stesse star. Westbrook per i Lakers, tanto voluto da LeBron, ma che sembra aver peggiorato la situazione; Irving per i Nets che per cause legate al vaccino non ha giocato metà stagione e il già citato Ben Simmons per i 76ers. 

Ormai sono tanti i giocatori che forzano trade per poter creare superteam in grado di vincere il titolo, ma ultimamente molte aspettative vengono deluse e la NBA pare avere sempre meno mezzi per fermare tali situazioni.

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