Per la prima volta, Steph Curry ha messo in una prospettiva nuova la sua intenzione, prioritaria, di restare a vita ai Golden State Warriors.
A 36 anni Steph è ancora uno dei primi 10 giocatori della NBA. Ma sarebbe in grado di accettare di giocare il resto della sua carriera per una squadra mediocre, o non da titolo se i Golden State Warriors non riusciranno più a costruire roster all’altezza? Gli esempi di Dirk Nowitzki e Kobe Bryant, che hanno terminato le loro carriere con versioni modeste di Mavs e Lakers, sono i più semplici da fare.
Golden State ha perso Klay Thompson in free agency e il roster degli Warriors oggi, potrebbe valere al meglio un posto tra i primi 6 a Ovest ma comunque dietro (sulla carta, ovviamente) a team come Thunder, Mavs, Twolves, Nuggets e Suns. E squadre giovani come Grizzlies, Rockets e persino Spurs possono crescere. Lo spazio non è infinito e la concorrenza tanta, oggi il secondo miglior giocatore degli Warriors è ancora Draymond Green, con Jonathan Kuminga, Andrew Wiggins e Brandin Podziemski.
“Ho sempre detto che rimarrò agli Warriors a vita e penso ancora che sia una possibilità. Possiamo essere ancora competitivi ma questo non garantisce che vinceremo ancora. Vincere resta comunque la priorità per me, ma occorre essere realisti. Occorre sempre cercare di muoversi, di mischiare le carte e restare nel gruppo in una lega che si evolve e con le squadre ricche di talento che ci sono“.
“Io faccio un passo alla volta, onestamente. E’ ciò che protegge la mia serenità e mi permette di essere me stesso in campo. E continuerò a prendere le decisioni più giuste per me e per la mia carriera. Io voglio vincere, e immaginarsi a essere in una situazione in cui sei una delle ultime squadre della classifica, ecco, avrei difficoltà a accettarlo. Ma non penso che accadrà“.
Sulla squadra attuale ai Golden State Warriors: “Dovremo fare gli aggiustamenti necessari per ottimizzare il gruppo che abbiamo, e evolverci. Io sono e resto positivo sul fatto che funzionerà e che saremo nel gruppo delle contender, almeno fino a prova contraria“.