Che Dennis Rodman sia un personaggio dai mille volti e dalle mille sfaccettature non lo scopriamo certo ora: ma non tutti sanno che coltiva un’amicizia sincera col dittatore della Corea del Nord Kim Jong-un.
Rodman è conosciuto nel mondo per essere un giocatore iconico di pallacanestro. Nel suo palmares sono presenti cinque titoli NBA. Due vinti a Detroit con i cosiddetti “bad boys” e tre con i Chicago Bulls di Michael Jordan e Scottie Pippen. Proprio quella cavalcata trionfale dei ragazzi di coach Phil Jackson è raccontata ora dalla serie evento “The Last Dance”. Documentario composto da dieci episodi di un’ora in cui viene narrata tutta la storia cestistica di MJ e dei suoi Chicago Bulls.
In particolar modo, il terzo episodio è proprio dedicato alla figura eclettica di Rodman. La sua è una delle personalità più controverse; non mancano momenti singolari come quello in cui chiede ai compagni una vacanza di 48 ore (che poi saranno di più) per staccare mentalmente da ogni cosa.
In ogni caso, come sapete, gli aneddoti e le curiosità che orbitano intorno a lui si sprecano. Uno di questi riguarda proprio la sua amicizia con Kim Jong-un. Questo episodio lo ha raccontato a “Hotboxin”, il podcast di Mike Tyson.
Nel 2013, l’ex numero 91 dei Bulls, ha fatto un viaggio in Corea del Nord proprio al posto di MJ. “Quando mi è stato detto che sarei andato in Corea del Nord, pensavo che avrei firmato qualche autografo e giocato una partita di basket. Sceso dall’aereo, mi aspettava il tappeto rosso e un’ottantina di persone vestite elegantemente mi ha circondato, chiedendomi se fossi contento di trovarmi nel loro paese”.
Il primo incontro con il leader nordocoreano è stato tutt’altro che normale. Anzi, piuttosto bizzarro. “All’esibizione con gli Harlem Globetrotters ero vestito normalmente, non giocavo. Alcune persone mi chiesero di seguirle e in quel momento ho pensato mi arrestassero. Mi avvicino a una delle grandi sedie regali che erano state poste a bordo campo e i 22mila presenti si alzano in piedi, applaudendo. Penso che si rivolgano a me”ha suggerito Rodman. “ Ricambio il saluto, ma un addetto mi fa presente che è diretto al loro leader. ‘Leader di… cosa?’, penso io. Non avevo idea di chi fosse”.
Di certo il primo approccio tra le due personalità non è stato dei migliori. Ma l’ex Pistons ha confermato che poi si è creata subito un’intesa che è sfociata in una serata da ricordare. “Mi ha detto che apprezzava la mia compagnia e che avrei dovuto continuare la serata con lui, tra vodka e karaoke. Solo che a cena abbiamo esagerato con l’alcol e Kim ha iniziato a cantare. Ero davvero molto ubriaco, non avevo idea di cosa stesse dicendo. Poi arriva un coro di ragazze e comincia a intonare sempre la stessa canzone, mi sembrava la sigla di ‘Dallas’”.
La loro amicizia è sbocciata a tal punto, che Rodman era visto come uno di famiglia. Poi le cose sono cambiate. “Quando sono stato in Corea del Nord, la figlia di Kim aveva solo sei mesi, giocavo con lei e le ho regalato anche una mia maglietta. Era come se fossi uno di famiglia. Però, quando sono tornato negli Stati Uniti, mi sono accorto che controllavano il mio telefono. È per questo che ora ne uso vecchio stile, a conchiglia”.
Ora il rapporto tra i due sembra essersi congelato. Sappiamo infatti quale tipo di tensione ci sia tra gli USA e la Corea del Nord. I due leader Donald Trump e Kim Jong-un erano sul punto di scatenare una guerra, quando tra i due è arrivata una tregua ed una sorta di accordo. Ma quando potrà durare? Se sulla carta queste due potenze mondiali non sono in conflitto, sotterraneamente rappresentano interessi opposti. Non sorprende, quindi, il fatto che Rodman, una volta rientrato negli States, non abbia potuto più avere contatti con Kim Jong-un. O almeno: li avrebbe potuti avere, ma era sorvegliato.
In ogni caso, anche questa storia va ad aggiungersi alla lista degli aneddoti incredibili della vita di Dennis Rodman.