Gli Orlando Magic si troveranno al Walt Disney World resort nella particolare situazione di giocare di fatto in casa, ma senza la presenza del pubblico sulle tribune ed in un contesto, quello della “bolla”, che annullerà qualsiasi fattore campo.
Calendario alla mano, mancano solo 36 giorni alla prima palla a due della ripresa della stagione a Orlando, entro martedì i giocatori delle 22 squadre coinvolte dovranno fare rapporto alla base ed iniziare i test prima di spostarsi a in Florida. I Toronto Raptors, che venendo dal Canada dovranno affrontare una quarantena preventiva, hanno ottenuto il permesso di trasferirsi da subito a Naples, Florida, per il loro raduno.
Su tutta la delicata operazione di avvicinamento alla “bolla” pende però un’ombra: quella del coronavirus, che negli USA è tornato con nuova forza a colpire. La Florida è uno degli stati più interessati dall’ondata di contagi, 3949 i casi positivi domenica dopo il record negativo di sabato, con oltre 4000.
Il totale dei contagi in Florida da inizio epidemia ha raggiunto quota 93797, e sono 3144 i decessi legati all’infezione da Sars-CoV2. La Contea di Orange, dove si trova Disney World, ha un tasso di contagi molto più basso rispetto alle grandi contee di Miami-Dade e Broward, le più colpite, ma risulta comunque la quinta contea più investita dal virus.
IL CEO degli Orlando Magic, Alex Martins, è però fiducioso che le misure e i protocolli adottati dalla NBA serviranno a respingere la minaccia virus: “Abbiamo speso tante risorse e tempo per progettare i protocolli di sicurezza, e siamo sicuri che questi serviranno a tenere tutti i membri del campus separati dal resto del parco, con contatti con l’esterno ridotti al minimo. Sono fiducioso sulla bontà del piano, anche con l’aumento dei casi qui in Florida. Sarà un ambiente sicuro per i giocatori, gli allenatori e gli staff“.
Secondo Baxter Holmes di ESPN, il Commissioner NBA Adam Silver ha mostrato “grande determinazione” nel portare a termine il piano Orlando, anche nonostante l’aggravarsi della situazione in Florida. La NBA non nega certo il grado di rischio dell’operazione, ma è oggi chiaro come sia troppo tardi sia per tirarsi indietro – a meno che la situazione non precipiti – che per riorganizzare la ripresa del campionato altrove.