Anche un’organizzazione apparentemente perfetta come quella della NBA, capace di fronteggiare qualsiasi avversità e di reagire con grande forza anche davanti ai momenti critici (calzante in tal senso è stata la preparazione record della Bolla di Orlando nel 2020 per concludere la stagione fermata dal Covid), può spezzarsi di fronte a delle fragilità molto banali. Ora, che le polemiche tra quest’ultima e l’Associazione Giocatori ci siano sempre state e che negli ultimi anni siano notevolmente aumentate non c’è alcun dubbio, così come non si può mettere in discussione il fatto che la lega stia facendo di tutto per tutelarli, pur non riuscendo sempre però ad esaudire le loro richieste. Ma siamo ben lontani dai tempi dei vari Lockout e robe simili, soprattutto in un periodo come questo, segnato già da una tragedia come il virus che ha segnato grandi perdite per la lega e che ancora non sembra dar cenno di cedimento.
Recentemente, dopo le lamentele legate ai voti per l’All-Star Game, in particolare per quanto riguarda la capacità di grandi giocatori di persuadere i propri fan a votare per i loro amici o compagni di squadra (come hanno fatto Stephen Curry e Karl Anthony Towns per Andrew Wiggins, che è risultato poi clamorosamente titolare a Ovest), nelle ultime ore una nuova polemica è stata sollevata da Jayson Tatum, questa volta per quanto riguarda le modalità di voto per i premi degli All-NBA team di fine stagione. La superstar dei Boston Celtics, intervenuta nel podcast The Old Man and The Three, condotto da una vecchia conoscenza NBA come JJ Redick, ha rivelato di far pressione da molto tempo alla lega affinché tutto ciò cambi, considerando che la sua esclusione da queste nomine la scorsa stagione gli ha fatto perdere più di 32 milioni di dollari.
Ora voi vi chiederete, ma se i giocatori NBA sono tra gli atleti più pagati al mondo e Jayson Tatum ha da poco firmato un ricco rinnovo con i Celtics (da 163 milioni di dollari complessivi), perché lamentarsi di ulteriori spese perse? Semplicemente è il sistema di voto che non funziona, e questo appare ormai evidente. Secondo JT, i vari giornalisti o commentatori sportivi, che siano televisivi o della carta stampata oppure americani o internazionali, non votano per le reali prestazioni viste in campo dai giocatori, ma solamente per opinione personale o preferenza.
Ma tutto ciò è ovvio, chi è che non voterebbe per il suo pupillo o in base ai propri criteri soggettivi. E quindi come fare? Si era pensato di far votare i giocatori stessi, ma la soluzione è stata subito respinta, considerando come sono finiti i voti per l’All-Star Game. Così come è stata ugualmente buttata al macero l’ipotesi di basarsi maggiormente sulle statistiche individuali, che da sole non bastano per definire il reale valore di un giocatore. L’esempio più calzante in tal senso fu quello di Draymond Green, che nella stagione 2016\17 fu incluso nella lista dei 15 pur non risultando apparentemente meritevole di quel posto, poiché aveva chiuso la sua annata con 10.2 punti, 7.9 rimbalzi, 7 assist e 2 recuperi di media a partita. Numeri che, visti così, non sembrano dire nulla. Ma anche qui va sottolineata l’importanza di un giocatore come lui negli imbattibili Warriors della dinastia, soprattutto sul fronte difensivo e caratteriale, fattori che nelle statistiche finali non risulteranno mai. Su questi temi si sono confrontati anche alcuni opinionisti ed insider NBA che hanno espresso la loro opinione, come vediamo nel tweet sotto.
My first thought is that if I lost $30M based on the opinions of the media, I wouldn't be this relaxed and rational about it.
— Keith Smith (@KeithSmithNBA) February 18, 2022
My second thought is that I agree with Jayson Tatum that there should be change. What that change should be, I don't know. I need to think on it more. https://t.co/LdzhcGJhUJ
Ancora oggi dunque questa ambiguità dei voti per i vari premi resta, ed è venuta maggiormente fuori dopo le polemiche di Jayson Tatum. Le soluzioni quindi sono due, o cercare di cambiare sistema di voto, guardando da una parte le statistiche individuali e dall’altra il reale valore del giocatore e il suo contributo nella squadra oppure cambiare le modalità dei contratti supermax, facendo si che non ci siano bonus o particolari vincoli che facciano perdere tutti quei soldi ad un giocatore che, pur magari meritandoselo più di altri, non figura nella lista dei 15 nomi finali. Il lavoro di intesa tra la lega e l’associazione giocatori non sarà facile, ma occorrerà risolvere al più presto il problema che, a mio avviso, dopo le nomine della scorsa stagione, ha davvero toccato il suo punto più basso.