Arrivato a Dallas nel 2021 per svecchiare, nei fatti e nell’immagine, il front office dei Dallas Mavericks dopo 20 anni in Nike, il general manager dei Mavs Nico Harrison è diventato l’uomo del momento NBA. L’uomo che ha preso la decisione difficile, come ha precisato egli stesso, di cedere Luka Doncic.
Harrison ha ceduto via trade Doncic appena 7 mesi dopo la prima finale NBA della squadra dal 2011 e dall’era Dirk Nowitzki. E con lo sloveno, Harrison ha ceduto un candidato perenne a MVP, già oggi uno dei giocatori più forti e rappresentativi della sua epoca. Per una scommessa, quella di seguire un progetto tecnico diverso.
Nel 2021 Nico Harrison fu incaricato da Mark Cuban, all’epoca ancora proprietario di maggioranza dei Mavs e uomo al comando, di sostituire il vecchio Gm Donnie Nelson a capo di un nuovo front office, che avrebbe “schierato” tra gli altri un altro ex grande a Dallas come Michael Finley. E la missione di Harrison, per 19 anni agente e quindi dirigente Nike, era la medesima dei suoi predecessori dal 2018 al questa parte: costruire una contender accanto a Luka Doncic.
Nel 2022 i Mavericks avrebbero compiuto una poco pronosticabile corsa fino alle finali di conference, eliminando i favoriti Phoenix Suns e sbattendo contro i futuri campioni NBA Golden State Warriors. In quella squadra, allenata da Jason Kidd scelto da Harrison per rimpiazzare Rick Carlisle, stava emergendo un giovane Jalen Brunson, prodotto di casa il quale aveva però già deciso di cambiare latitude e trasferirsi ai New York Knicks.
Che Harrison fosse tipo da scommesse e da grandi trade lo si era già intuito allora. Alla trade deadline 2022 i Mavericks si liberarono di un’altra scommessa perduta, anche per via degli infortuni, quel Kristaps Porzingis che avrebbe dovuto essere la spalla ideale di Luka Doncic. E alla deadline del 2023, un anno più tardi, sempre Harrison decise di premere il bottone per un’altra scommessa, uno screditatisimo Kyrie Irving che con le sue mattane aveva fatto naufragare ai Brooklyn Nets l’ambizioso progetto big three con Kevin Durant e James Harden. Il risultato in campo della strana coppia Doncic-Irving, dopo un periodo di assestamento, sarebbe stata una finale NBA giocata e persa per 4-1 contro i Boston Celtics, e dopo aver fatto fuori ai playoffs Minnesota Timberwolves, OKC Thunder e i soliti Clippers.
Per la terza trade deadline di fila, Nico Harrison ha scelto di rivoluzionare ancora stavolta cedendo un giocatore che si riteneva intoccabile, proprio Luka Doncic.
“Si apre un’altra pagina, ed è importante per me dirvi che io e coach Kidd abbiamo una visione in comune sul progetto e la cultura che vogliamo qui, sin dal primo giorno. E crediamo che i giocatori che abbiamo preso li rappresentino: la difesa vince i campionati e noi abbiamo preso uno dei migliori difensori della NBA” ovvero Anthony Davis.
“Voglio essere chiaro” ha detto Harrison in conferenza stampa con coach Jason Kidd domenica “la decisione è stata mia e Kidd l’ha supportata, per cui la responsabilità è mia. E tutto ciò che facciamo è frutto di un grande lavoro e studio. E comprendo il peso di certe decisioni. del resto l’alternativa sarebbe non fare nulla e pretendere i complimenti per non aver fatto nulla. Ma io credo in ciò che faccio e il tempo dirà se ho fatto bene o no“.
Le ragioni vere, profonde che hanno portato i Mavs a separarsi da Luka Doncic emergeranno nelle prossime settimane ma sono già ipotizzabili. Sulle chiacchiere su peso e stato di forma del giocatore non vale la pena soffermarsi, soprattutto viste le forti implicazioni economiche in ballo. Doncic sarebbe diventato presto eleggibile per la più grande estensione di contratto mai firmata da un giocatore NBA, oltre 350 milioni di dollari in 5 anni di un supermax contract che a Dallas non erano più così sicuri di voler concedere al fenomeno sloveno. Harrison ha inoltre aggiunto i timori che Doncic avrebbe potuto considerare di lasciare i Mavericks e chiedere una trade, e che altre squadre si stessero preparando per la free agency 2026, quella in cui Luka sarebbe diventato free agent.
E allora, un decisionista come lui non avrebbe mai potuto restare con le mani in mano, da qui l’idea di giocare d’anticipo e trovare nei Lakers un partner interessato, e in Anthony Davis il giocatore su cui puntare. “C’erano alcuni aspetti che non si potevano non considerare sulla questione del contratto (di Doncic, ndr). Altre squadre si stavano preparando in caso fosse diventato free agent (…) e noi dovevamo considerare tutto questo. Avevamo di fronte a noi un’estate turbolenta“, in cui per inciso anche Kyrie Irving avrebbe potuto (e potrà comunque) uscire con un anno d’anticipo sul suo contratto e avanzare richieste.
La trattativa tra Mavs e Lakers l’hanno condotta Harrison e il presidente gialloviola Rob Pelinka, e nessun altro. “E’ restata tra di noi, coach Kidd non ne era al corrente ma io e lui siamo allineati. Si tratta della cultura che vogliamo stabilire qui. E io conosco esattamente che tipo di giocatori Kidd vuole con sè anche senza chiederglielo“. E i tifosi arrabbiati e sotto shock? “Mi dispiace che lo siano ma crediamo che questa trade ci renderà una squadra migliore e che può vincere non solo oggi ma anche in futuro. E quando vinceremo anche la rabbia scemerà. Anthony Davis si inserisce perfettamente nella nostra finestra temporale come squadra, e se parliamo di futuro parliamo dei prossimi 3 o 4 anni. Tra 10 anni nessunp può dire cosa sarà. Probabilmente sia io sia coach Kidd saremo per così dire morti e sepolti. Oppure ci saremo sepolti da soli“.
Nico Harrison ha un passato da giocatore NCAA a Montana, e dopo la fine del college ha iniziato nel 2002 a lavorare per Nike dapprima come agente per il nordovest degli Stati Uniti e quindi di stanza a Dallas. Col suo lavoro Harrison contribuì a portare in Nike star NBA dell’epoca come Michael Finley, Jermaine O’Neal, Tim Duncan e Dirk Nowitzki, cementando il suo legame con i Mavericks. Promosso a Vice President of North American basketball operations, Nico Harrison avrebbe lasciato Nike nel 2021 per diventare il nuovo general manager dei Mavs.
Nel 2022 su Sports Illustrated uscì un articolo che raccontava di come Nike nel 2013 perse la possibilità di mettere sotto contratto Stephen Curry, allora star NBA emergente ai Golden State Warriors. Nico Harrison fu tra i responsabili di un incontro andato poi malissimo con Steph, tra gaffe sul nome e persino slide per la presentazione sbagliate e che citavano Kevin Durant. Sempre nel 2022 Harrison aveva smentito la notizia secondo cui sarebbe stato lui il responsabile in prima persona del fallimento: “Non ho commesso io certi errori, e non c’ero solo io. Ma chi ha scritto l’articolo conosceva me e allora ha citato me perché ero un nome più conosciuto. Ma io conoscevo Curry da una vita, dal liceo e ho lavorato con e per suo papà (Dell Curry, ndr), come avrei potuto. Potrei averlo chiamato Seth (il fratello maggiore di Steph e anch’egli giocatore NBA) ma mai avrei sbagliato il suo cognome. Però si, fu un errore di Nike“. Va detto che nonostante la mancata firma di Curry, che avrebbe poi scelto Under Armour, Harrison sarebbe rimasto in Nike per altri 8 anni. E va anche ricordato che nel 2013 Curry era si un giocatore emergente, ma un gradino sotto altri grandi nomi già blindati da Nike come Kevin Durant, LeBron James e Kobe Bryant, e il brand di Beaverton si era già assicurato un’altro fenomeno in ascesa come Kyrie Irving