Il documentario di Michael Jordan sulla piattaforma netflix “The Last Dance” ha avuto effetti benevoli non solo sugli appassionati di pallacanestro e sui fan di Jordan: Il documentario ha fatto impennare le vendite del marchio di scarpe Air Jordan in maniera sostanziale, un bel 45% in più dalla messa in onda del primo episodio, lo scorso 19 aprile.
La docu-serie ha fatto tornare alla memoria dei moltissimi appassionati lo stile old-school degli anni 90, contraddistinto dalle divise dei Bulls che stavano vivendo un momento di popolarità unico. Infatti all’epoca la squadra di Chicago era una delle più valutate della lega, il suo valore si aggirava intorno ai 3 milioni di dollari lordi. Nel 1998, a testimoniare la grande scia vincente dei Bulls di Jordan, la NBC sport di Chicago trasmise tutte le partite di playoffs della squadra (21 in totale).
Intanto lunedì sono usciti gli episodi 5 e 6 di “The Last Dance” che raccontano del primo three peat contro i Portland Trail Blazers di Drexler prima e i Suns di Charles Barkley poi. Sfide leggendarie che hanno consacrato definitivamente quei Bulls come una delle squadre più forti mai viste su un campo da basket. In queste puntate si parla anche del lato oscuro di MJ, ovvero la sua presunta dipendenza con il gioco d’azzardo, che all’epoca screditò molto la sua immagine .
Ma ce anche molto altro: gran parte dello spazio è anche dedicato al dream team. Come tutti sapete, alle Olimpiadi del 1992 di Barcellona il team USA mise in campo una delle squadre più forti di sempre. Se non la più forte.
In quella squadra,oltre a Jordan c’erano giocatori del calibro di Magic Johnson, Larry Bird (anche se a fine carriera),Charles Barkley, John Stockton, Scottie Pippen, Patrick Ewing e David Robinson. All’appello mancava però Isiah Thomas, star dei Detroit Pistons: il piccolo “giallo” sulla sua assenza non è ancora stato risolto, anche se gran parte di quei giocatori hanno fatto capire di non averlo vluto in squadra per non danneggiare l’atmosfera.
Gli episodi sono terminati facendo presumere il primo ritiro (1993) di un Michael Jordan esausto sia fisicamente che mentalmente.