Home NBA, National Basketball AssociationApprofondimenti I quintetti del millennio: Sacramento Kings

I quintetti del millennio: Sacramento Kings

di Stefano Belli

All’inizio del nuovo millennio, i Sacramento Kings erano tra le squadre più entusiasmanti della NBA. I ragazzi del “Greatest Show On Court” infiammavano il pubblico con le loro azioni spettacolari e si facevano largo tra le superpotenze della Western Conference. Concluso quell’indimenticabile ciclo, però, sono arrivati sedici anni di buio, in cui la franchigia ha sbagliato tutto lo sbagliabile. Solo di recente, nel nord della California, si è tornata a respirare l’atmosfera dei playoffs. Ecco il quintetto ideale dei Sacramento Kings dal 2000 in avanti.

Point guard: Mike Bibby

Nell’estate del 2001, i Kings decidono di attuare un cambiamento importante. Rinunciano all’idolo di casa Jason Williams, funambolico ma inconcludente, e portano a Sacramento il più concreto Mike Bibby, reduce da un buonissimo avvio di carriera con gli sciagurati Vancouver Grizzlies. Inizialmente, l’operazione di mercato manda su tutte le furie il pubblico californiano, che però ci mette pochi mesi a cambiare idea. Con Bibby al timone, i Kings compiono il definitivo salto di qualità, trasformandosi da perenne Cenerentola in una contender a tutti gli effetti. Nella prima stagione con il nuovo assetto ottengono il miglior record della lega, e marciano indisturbati fino alle Western Conference Finals. La serie contro i Lakers è destinata a rimanere nella storia anche per il memorabile duello fra Mike Bibby, che durante la post-season gioca da superstar e che segna il canestro decisivo in gara-5, e Kobe Bryant. I gialloviola vincono tra mille polemiche il sesto incontro e sbancano la ARCO Arena nella risolutiva gara-7, malgrado l’ennesimo prova da campione di Bibby, ma i Kings sembrano comunque pronti all’ultimo passo.

Quelle finali di Conference resteranno invece una vetta irraggiungibile. Nel 2003, l’infortunio di Chris Webber infrange i sogni di gloria di Sacramento, eliminata al secondo turno playoffs da Dallas. Senza C-Webb, Mike e Peja Stojakovic diventano a tuti gli effetti i leader del gruppo, che però deve arrendersi al secondo round anche nel 2004, contro i Twolves di Kevin Garnett. Nelle due stagioni seguenti i Kings, che salutano Webber e Vlade Divac, si fermano al primo turno e nel 2007 vengono addirittura esclusi dalla post-season. A febbraio anche Bibby lascia la California, ceduto via trade agli Atlanta Hawks.

Guardia: De’Aaron Fox

La stella dei Kentucky Wildcats viene scelta con la quinta chiamata al draft 2017. È il volto designato dei nuovi Kings, che cercano una svolta dopo l’inconcludente epoca targata DeMarcus Cousins. Dopo una buona stagione da rookie, Fox esplode nel 2018/19, quando supera i 17 punti di media e arriva terzo nelle votazioni per il Most Improved Player. Sacramento e il suo playmaker sembrano lanciati verso i piani nobili della Western Conference, ma l’arrivo in panchina di Luke Walton e il conseguente rallentamento dei ritmi offensivi fanno compiere a squadra e giocatore un deciso passo indietro. La svolta avviene nel 2022, con l’acquisizione di Domantas Sabonis via trade e l’ingaggio di Mike Brown come capo-allenatore in estate. Con un roster costruito su misura attorno al suo talento, Fox riesce finalmente a massimizzare il suo enorme potenziale; nel 2023 fa il suo debutto all’All-Star Game, viene inserito nel terzo quintetto All-NBA e trascina i Kings ai playoffs dopo 16, lunghi anni.

Ala piccola: Peja Stojakovic

Scelta dai Kings nel mitico draft 1996, l’ala serba resta per altri due anni al PAOK di Salonicco. Sbarca in California durante una offseason decisiva per la storia della franchigia, che accoglie anche il connazionale Vlade Divac, Jason Williams e Chris Webber. Stojakovic parte come riserva di Corliss Williamson, ma nella stagione 2000/01 viene promosso in quintetto, dando una spinta decisiva all’ascesa della squadra. Quell’anno, Peja supera i 20 punti di media e arriva dietro al solo Tracy McGrady nelle votazioni per il Most Improved Player Award. Nelle successive tre stagioni viene convocato all’All-Star Game, vincendo in due occasioni la gara di tiro da tre punti, e nel 2004 si guadagna l’inclusione nel secondo quintetto All-NBA. Tra i protagonisti della memorabile cavalcata del 2002, Stojakovic, insieme a Mike Bibby, trascina i Kings ai playoffs anche dopo il grave infortunio di Chris Webber. Nell’estate del 2006, dopo quella che per molti anni a venire sarà l’ultima apparizione di Sacramento alla post-season, Peja viene ceduto agli Indiana Pacers, in cambio di Ron Artest. La maglia numero 16 verrà ritirata dai Kings a dicembre 2014, e qualche mese dopo Stojakovic entrerà a far parte dello staff dirigenziale.

Ala grande: Chris Webber

Nel 1998, C-Webb sta ancora cercando la sua dimensione. Dopo una grande stagione da rookie, per via di alcune frizioni con coach Don Nelson, ha deciso di lasciare i Golden State Warriors. nei quattro anni trascorsi a Washington è diventato un All-Star, ma la sua unica apparizione ai playoffs è coincisa con un sonoro sweep per mano di Michael Jordan e dei suoi Bulls. Il suo arrivo a Sacramento, in cambio della star Mitch Richmond, viene accolto con un certo scetticismo sia dal giocatore, sia dai suoi nuovi tifosi. Entrambi avranno presto modo di ricredersi. Con la maglia dei Kings, Webber si consacra fra i migliori lunghi della lega, facendo cinque apparizioni consecutive nei quintetti All-NBA e trasformando i Kings in una superpotenza della Western Conference. Nel 2001 finisce al quarto posto nelle votazioni per l’MVP, l’anno dopo guida Sacramento fino alle Conference Finals, perse contro i Lakers al termine di una serie leggendaria. Durante gara-2 del secondo turno dei playoffs 2003, contro Dallas, Chris subisce un devastante infortunio al ginocchio, che rischia di comprometterne la carriera. Rientra in tempo per aiutare i Kings a raggiungere le semifinali di Conference anche nel 2004, quando la loro corsa viene interrotta dai Minnesota Timberwolves di Kevin Garnett. Da quel momento, in California inizia una colossale opera di rinnovamento del roster. A gennaio, Doug Christie viene ceduto agli Orlando Magic, e a febbraio tocca a Webber, che fa le valigie in direzione Philadelphia. Nel 2009, la sua maglia numero 4 verrà issata al soffitto della ARCO Arena.

Centro: Vlade Divac

Nel gennaio 1999, quando arriva a Sacramento, il centro serbo non ha nemmeno 31 anni, ma ha già vissuto parecchie vite cestistiche. Prima astro nascente in patria, con la maglia del Partizan e con quella della nazionale jugoslava, poi colonna degli ultimi Lakers versione “Showtime”, quindi pilastro dei mediocri Charlotte Hornets.

Al termine del lockout firma per i Kings, e insieme a Chris Webber forma una coppia di lunghi per palati fini. La classe di C-Webb abbinata all’esperienza e alla visione di gioco di Vlade contribuiscono a creare il Greatest Show On Court, con cui la squadra conquista i fan di tutto il mondo. Nel 2001, Divac viene convocato al suo primo e unico All-Star Game, e l’anno seguente gioca un ruolo determinante nella corsa alle finali di Conference, terminata in gara-7 contro i suoi cari, vecchi Lakers. Nel 2004, archiviata l’eliminazione contro Minnesota, il centro serbo diventa free agent. I Kings sembrano pronti alla ricostruzione, così Vlade sceglie di tornare a Los Angeles per chiudere la carriera in maglia gialloviola. Si rivedrà a Sacramento nel 2015, quando assumerà il doppio ruolo di vice presidente e general manager, con risultati non entusiasmanti.

Sesto uomo: Domantas Sabonis

Il figlio di Arvydas approda in California l’8 febbraio 2022, tramite uno scambio che spedisce a Indianapolis Buddy Hield e Tyrese Haliburton. L’operazione lascia sgomenti i tifosi dei Kings, convinti che Haliburton abbia il potenziale per diventare una stella, ma alla fine si rivelerà un successo per entrambe le franchigie. Nell’Indiana, Sabonis è diventato un leader dei Pacers e ha disputato due All-Star Game, ma a Sacramento gioca la miglior pallacanestro in carriera. Nella stagione 2022/23 guida la lega per rimbalzi, gioca il suo terzo All-Star Game e viene inserito nel terzo quintetto All-NBA. Insieme a De’Aaron Fox, riporta i Kings ai playoffs dopo 16 anni di assenza. L’annata seguente è persino migliore, in termini statistici, ma l’agguerrita concorrenza impedisce al lungo lituano la quarta partecipazione alla partita delle stelle. Menzioni d’onore per Doug Christie, specialista difensivo del Greatest Show On Court, per Hedo Turkoglu, sesto uomo di lusso in quella stessa formazione, e per DeMarcus Cousins, che nelle sette stagioni passate a Sacramento ha mostrato un talento fuori dal comune, ma anche un’attitudine spesso dannosa per le sorti della franchigia.

Allenatore: Rick Adelman

Prima ancora della scelta al draft di Jason Wiliams, della trade per Chris Webber, dell’arrivo negli USA di Peja Stojakovic e della firma di Vlade Divac, la mossa che avvia la memorabile offseason dei Kings è l’ingaggio di coach Adelman. Due volte finalista NBA con i Blazers, il nuovo allenatore è reduce da una dimenticabile esperienza alla guida dei Golden State Warriors. Con lui al timone, Sacramento si trasforma in una delle squadre più divertenti, e allo stesso tempo vincenti, dell’intera lega. I Kings disputano i playoff ogni singola stagione, e nel 2002 arrivano a pochi passi dalle Finals, e forse dal titolo NBA. L’eliminazione subita al primo turno per mano degli Spurs, nel 2006, avvia ufficialmente la rifondazione. Il contratto di Adelman, in scadenza, non viene rinnovato, e i Kings imboccano un lunghissimo tunnel di mediocrità. A tirarli fuori ci penserà l’altro candidato a questa posizione: Mike Brown.

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