A caratterizzare il nuovo millennio dei Suns sono stati principalmente due grandi cicli: uno, nella seconda metà degli anni Duemila, ha reso Phoenix una superpotenza della Western Conference. L’altro, all’inizio degli anni Venti, l’ha riportata ai vertici dopo troppi anni bui. Ecco il quintetto ideale dei Phoenix Suns dal 2000 in avanti.
Point guard: Steve Nash
La point guard canadese ha iniziato la sua carriera NBA proprio in Arizona, nel 1996, ma ha trovato poco spazio vista l’agguerrita concorrenza nel ruolo. Nel 1998 ecco dunque la trade con Dallas. In Texas, Nash è diventato un All-Star, e insieme a Dirk Nowitzki ha portato i Mavs ai piani alti della Western Conference.
Nell’estate del 2004 diventa free agent, e il proprietario Mark Cuban è restio a rifirmarlo alle cifre richieste. Steve percorre dunque la rotta inversa e torna a Phoenix, dove stavolta lo aspettano a braccia aperte. Il suo arrivo rappresenta una svolta epocale per i Suns, che con lui in cabina di regia passano da 29 a 62 vittorie in regular season. Un’inversione di marcia che vale a Nash, migliore assistman NBA, il premio di MVP stagionale. La corsa di Phoenix si ferma alle finali di Conference, contro i San Antonio Spurs. Il copione si ripete l’anno seguente: secondo MVP consecutivo per Nash, che vince ancora la classifica degli assist, e altre finali di Conference per Phoenix, che stavolta perde contro Dallas. La squadra allenata da Mike D’Antoni rimane ai vertici anche nelle stagioni successive, regalando spettacolo con i suoi ritmi elevatissimi, ma lo scoglio rappresentato da Tim Duncan e dai suoi Spurs si rivela insormontabile sia nel 2007, sia nel 2008. Gli addii di D’Antoni e di Shawn Marion e la rinascita dei Los Angeles Lakers tarpano ulteriormente le ali ai Suns, che nel 2009 vengono esclusi dai playoffs e nel 2010 si fermano di nuovo alle Conference Finals, in quello che si rivelerà il loro canto del cigno. Nash si mantiene ad alti livelli, ma attorno a lui cambia tutto, con i pilastri storici rimpiazzati da giovani in divenire. Nell’estate del 2012 anche Steve dice addio, per tentare un’ultima cavalcata nella Los Angeles gialloviola. Nash lascia l’Arizona dopo aver aggiunto al curriculum due MVP, 6 All-Star Game, 5 inclusioni nei quintetti All-NBA e 5 titoli di miglior passatore della lega. Soprattutto, lascia i Suns dopo averli resi una delle squadre-simbolo di un’epoca.
Guardia: Chis Paul
L’ottima stagione con gli Oklahoma City Thunder ha rivitalizzato la carriera di CP3, che arriva a Phoenix nel momento più opportuno. Le 8 vittorie su altrettante partite disputate nella Bolla di Orlando non sono bastate ai Suns per raggiungere i playoffs, ma hanno comunque dimostrato che i tempi bui stavano per finire. L’innesto di Paul dà una spinta decisiva alla squadra di Monty Williams. La leadership e la classe del veterano aiutano i più giovani a compiere il salto di qualità necessario non solo per tornare ai playoffs dopo 11 anni di assenza, ma di marciare indisturbati verso le prime NBA Finals nella carriera di CP3. Il sogno dell’anello sfuma bruscamente, visto che i Milwaukee Bucks riescono a rimontare con autorità uno svantaggio di 2-0, ma l’occasione sembra potersi ripetere nella stagione 2021/22. Trascinata da Chris Paul, migliore assistman della lega per la quinta volta in carriera, e da Devin Booker, Phoenix domina la regular season. Ai playoffs, però, qualcosa si rompe; dopo una poco convincente vittoria contro New Orleans arriva un inspiegabile tracollo contro i Dallas Mavericks al secondo turno. Alle semifinali di Conference si interrompe anche il 2022/23, quando i Suns vengono sconfitti dai Denver Nuggets, futuri campioni NBA. In estate, un Chris Paul ormai sul viale del tramonto viene ceduto agli Washington Wizards nella trade per Bradley Beal. L’esperienza in Arizona, oltre a riportare in alto Phoenix, ha fruttato a CP3 due All-Star Game e altrettante inclusioni nei quintetti All-NBA, molto probabilmente le ultime della sua illustre carriera.
Ala piccola: Devin Booker
Famosi per aver sprecato innumerevoli scelta al draft, i Suns centrano finalmente il bersaglio nel 2015, quando spendono la tredicesima chiamata per il sesto uomo dei Kentucky Wildcats. Booker si inserisce subito bene in una delle peggiori squadre NBA, mostrando un innato talento offensivo. A marzo 2017, appena ventenne, segna 70 punti al TD Garden, nella sconfitta dei Suns contro i Celtics. Un esempio perfetto del suo inizio di carriera; dal 2016 al 2019, Devin viaggia costantemente oltre i 22 punti di media, ma Phoenix rimane ancorata sul fondo della Western Conference. Le cose iniziano a cambiare con l’arrivo in panchina di Monty Williams. I Suns passano da 19 a 34 vittorie, Booker viene convocato all’All-Star Game ed è tra i protagonisti assoluti nel campus di Disney World, dove guida la squadra a un passo dai playoffs. L’aggiunta di Chris Paul e la crescita di Mikal Bridges e Deandre Ayton fanno compiere la svolta decisiva ai Suns. Nel 2020/21, Devin gioca un ruolo fondamentale nella corsa alle NBA Finals, perse in 6 partite contro Milwaukee. L’anno dopo arriva la consacrazione individuale, con l’inserimento nel primo quintetto All-NBA e il quarto posto nelle votazioni per l’MVP. Il crollo di Phoenix contro Dallas, però, porta anche la firma di Booker, che delude nel momento più importante. Si riscatta nel 2023, quando Devin viaggia a oltre 33 punti di media in 11 partite di playoffs. Le sue grandi performance non bastano però a Phoenix, che viene fermata al secondo turno dai lanciatissimi Denver Nuggets.
Ala grande: Shawn Marion
Nona scelta del draft 1999, “The Matrix” diventa subito un pilastro dei Suns, traghettandoli dall’era di Jason Kidd e Penny Hardaway a quella targata Steve Nash – Mike D’Antoni. Nel 2003 Marion esordisce all’All-Star Game, manifestazione a cui parteciperà altre 3 volte durante la sua avventura in Arizona. La sua versatilità su entrambi i lati del campo è fondamentale per l’ascesa dei Suns ai piani alti della Western Conference, e valgono a Shawn l’inserimento nel terzo quintetto All-NBA sia nel 2005, sia nel 2006. L’anno dopo, l’eliminazione al secondo turno per mano degli Spurs e le reticenze del front-office in sede di estensione contrattuale spingono Marion a chiedere una trade. Viene accontentato il 6 febbraio 2008, quando viene spedito a Miami in cambio di Shaquille O’Neal. La carriera di Matrix verrà coronata tre anni più tardi, quando solleverà il Larry O’Brien Trophy con la maglia dei Dallas Mavericks.
Centro: Amar’e Stoudemire
Nel 2002, STAT decide di passare direttamente dalla high school alla NBA, e Phoenix spende per lui la nona chiamata al draft. Entrambe le scelte si rivelano subito azzeccate; il lungo dalla Florida ha un impatto eccezionale con il professionismo. Il suo atletismo esplosivo e la sua presenza sotto i tabelloni valgono a Stoudemire il premio di Rookie of the Year, e aiutano i Suns a raggiungere i playoffs. Nel 2004, l’arrivo di Steve Nash in Arizona innesca definitivamente la miccia. Gli assist visionari del canadese per le devastanti schiacciate di Amar’e infiammano l’America West Arena e rendono i Suns una delle squadre più amate e vincenti della lega. Schierato spesso come centro atipico nello small ball di Mike D’Antoni, Stoudemire emerge tra i migliori lunghi in circolazione, guadagnandosi 5 chiamate all’All-Star Game e quattro inclusioni nei quintetti All-NBA. La corsa di quella squadra si ferma ufficialmente nell’estate del 2010, quando STAT diventa free agent e raggiunge D’Antoni ai New York Knicks.
Sesto uomo: Kevin Durant (Leandro Barbosa, Mikal Bridges, Goran Dragic, Jason Kidd)
Preoccupato dall’instabilità dei Brooklyn Nets, nell’estate del 2022 KD chiede di essere ceduto. Viene accontentato a febbraio, quando passa ai Phoenix Suns in quella che probabilmente è la trade più importante nella storia della deadline. Per averlo, i Suns devono sacrificare due pezzi pregiati come Mikal Bridges e Cam Johnson, accorciando di conseguenza le rotazioni di Monty Williams, ma l’arrivo di Durant amplia notevolmente gli orizzonti della franchigia. A una settimana dal debutto con la nuova maglia, però, il numero 35 si infortuna, scivolando durante il riscaldamento. Rientra in tempo per chiudere la prima regular season di sempre con il 55% al tiro, il 40% da tre e il 90% dall’arco, e soprattutto in tempo per la corsa playoffs. Trascinati da KD e dall’altra star, Devin Booker, i Suns superano i Los Angeles Clippers al primo turno, ma la poca profondità del roster viene pagata a caro prezzo nella serie successiva, contro Denver. Nel 2023/24, Durant entra nella top 10 all time dei realizzatori NBA e disputa il suo quattordicesimo All-Star Game. Gli altri candidati a questa posizione erano Jason Kidd, che però ha lasciato Phoenix nel 2001; Leandro Barbosa, Sesto Uomo dell’anno nel 2007; Mikal Bridges, indispensabile sui due lati del campo nella corsa alle Finals 2021, e Goran Dragic, che nel 2014 è stato eletto Most Improved Player e incluso nel terzo quintetto All-NBA.
Allenatore: Mike D’Antoni
Nel 2002, dopo aver guidato Treviso allo scudetto e alla supercoppa italiana, l’ex-stella dell’Olimpia Milano torna negli States. Ha già lavorato come capo-allenatore in NBA, sulla panchina dei Denver Nuggets, ma quei pochi mesi in Colorado sono finiti presto tra i ricordi da dimenticare. A Phoenix, il Baffo trova una squadra in fase di transizione, reduce dal fallimento del progetto Kidd-Hardaway. D’Antoni inizia come assistente di Frank Johnson, ma gli subentra nel corso della stagione seguente. Nell’estate del 2004, l’arrivo in Arizona di Steve Nash segna l’inizio di un matrimonio sportivo che farà la storia della NBA contemporanea. D’Antoni costruisce attorno alla point guard canadese un sistema basato su ritmi altissimi, tiro da tre punti e ruoli sempre più sfumati, ribattezzato “Seven seconds or less“. I Suns diventano la squadra più spettacolare degli anni Duemila, e oltre a divertire il pubblico vincono spesso e volentieri; le prime due stagioni dell’era-D’Antoni, premiato Coach of the Year nel 2005, terminano alle finali di Conference. Nelle due annate seguenti, la corsa dei Suns viene costantemente interrotta dalla corazzata Spurs. Nell’estate del 2008, coach D’Antoni accetta l’offerta dei New York Knicks e lascia l’Arizona dopo quattro, indimenticabili stagioni.