Le operazioni per una trade che porti Damian Lillard ai Miami Heat “si stanno trascinando” come riportato da Adrian Wojnarowski di ESPN, con gli Heat che avrebbero deciso di non smuoversi dal pacchetto base offerto a suo tempo a Portland e che restano fiduciosi che nessun’altra squadra si inserirà, almeno a breve.
La rettifica che la NBA ha imposto all’agente di Lillard, il quale sapendo che l’offerta di Miami fosse tutt’altro che irrinunciabile per i Blazers aveva “diffidato” di fatto altre squadre anche solo a osare rilanciare con una controproposta, non ha creato sconquassi. Pare quasi che le altre squadre stiano attendendo che la trattativa tra Heat e Trail Blazers si inabissi per subentrare.
Da un mese gli aggiornamenti riportati sullo stato dei lavori… non sono tali. Per gli insider, ultimo Shams Charania di The Athletic, Miami “sta preparando” un’offerta che comprenda “3-4 prime scelte, uno o più scambi di scelte, altre scelte al secondo giro e un giocatore giovane“. Un inno alla vaghezza.
Offerta peraltro che è del tutto ipotetica, e che Miami non può al momento mettere davvero sul tavolo senza l’aiuto neppure troppo interessato di un terzo team. Gli Heat dispongono delle sole prime scelte 2024, quindi due tra le future prime scelte 2028, 2029 o 2030 da girare a Portland (per via della Stepien Rule), E quanto alle future seconde scelte, sempre al momento sono solo due quelle a disposizione: 2024 e 2026.
Se Duncan Robinson e Kyle Lowry debbono rientrare per forza in ogni trade per via dei loro contratti, non è neppure chiaro perché Portland debba accettare l’unico asset di valore che Miami possiede, ovvero Tyler Herro. Giocatore che non serve ai Trail Blazers che con Scoot Henderson, Anfernee Simons e Shaedon Sharpe hanno già un back-court under 25 di talento e prospettiva. Caleb Martin è in scadenza di contratto e non può certo essere considerato il nome in grado far cambiare idea a Portland.
La realtà è che l’offerta dei Miami Heat non è abbastanza per Lillard, che ha 33 anni e che è sotto contratto per altre 4 stagioni fino al 2027. La rettifica della NBA dà ai Blazers un alibi per cedere Dame a un’altra squadra che presenti loro – se mai qualcuno lo farà – qualcosa di meglio, senza che questo passi per una colossale ripicca. E se pure alla fine gli Heat riuscissero a convincere Portland ad accontentarsi, potrebbero accorgersi di aver sacrificato ogni possibilità di mettere banalmente altri 7-8 giocatori di rotazione capaci attorno a un trio di star come Jimmy Butler, Bam Adebayo e Damian Lillard.
Butler e Adebayo sono già sotto contratto al massimo salariale per Miami, e occupano rispettivamente il 24% e il 17% dello spazio salariale complessivo. Damian Lillard ha firmato nel 2021 con i Blazers un supermax contract che occupa da solo il 35% del salary cap di Portland, e che farà lo stesso con quello di Miami se mai la trade dovesse farsi, e c’è di più: dal 2024 Jimmy Butler sarà eleggibile per un’altra estensione al massimo o supermassimo salariale, il contratto attuale di Jimmy prevede una player option nel 2025-26 da 52 milioni di dollari, e l’ex Bulls e Twolves farà 34 anni a settembre.
Bam Adebayo diventerà eleggibile per la sua estensione dal 2024, quando avrà ancora davanti a sé 2 anni e circa 72 milioni di dollari ancora dovuti.
Con cifre del genere in gioco, la possibilità che Miami possa trovarsi con il deserto dei tartari attorno a tre grandi giocatori, carissimi e di cui due (Butler e Lillard) che hanno nel frattempo imboccato la parte finale della propria carriera, è concreta. Gli Heat, che hanno saputo comunque raggiungere le NBA Finals nel 2023, hanno già commesso l’azzardo di pagare nel 2021 un Kyle Lowry già in parabola discendente 85 milioni di dollari in 3 anni (l’ex Raptors guadagnerà 29 milioni di dollari nel 2023-24), e per andare a prelevare Lillard senza l’aiuto di una terza squadra dovranno sacrificare anche prospetti come Nikola Jovic o Jaime Jaquez Jr, prime scelte ai draft 2022 e 2023.
Nel 2010 lo stesso azzardo funzionò, con LeBron James e Chris Bosh a unire le forze assieme a Dwyane Wade. LeBron e Bosh avevano all’epoca però 27 anni ed erano free agent, Miami riuscì quindi a costruire attorno a loro una squadra di veterani con Shane Battier, Rashard Lewis, Ray Allen, Mike Miller e Chris Andersen e arrivarono 4 finali NBA e 2 titoli. Gli Heat non avrebbero problemi a convincere altri veterani a firmare per loro, e la capacità di Miami di trovare talenti nel sottobosco dei giocatori non scelti al draft è ormai nota.
La sensazione è che, nonostante la volontà di Dame di andare a Miami e il fatto che Butler abbia richiesto (suvvia) a Miami di andare a prenderlo, l’intera operazione rischi di finire come quella messa in scena nel film di guerra “A bridge too far” del 1977, che racconta come gli Alleati nel 1944 non completarono in Olanda l’operazione Market Garden che doveva portare le truppe al di là del Reno, già in Germania, per troppa “fretta di chiudere”.
Perché un conto è voler fare qualcosa, un altro è farla.