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Indiana Revolution: i nuovi Pacers

di Carlo Bommarito
victor oladipo

È una vera e propria “Indiana Revolution” quella che si sta consumando in questa off-season per i Pacers. Probabilmente poco più di tre mesi fa nessuno, o quasi, avrebbe ipotizzato lo sconvolgimento di un roster che, al lordo dell’infortunio di Victor Oladipo (giocatore rinato in maglia gialla), è riuscito a portare avanti una stagione più che positiva, grazie ai contributi del solido Domantas Sabonis, di un Myles Turner finalmente libero di esprimersi al meglio e di un backcourt che tanto bene ha fatto, almeno fino ai playoff. È forse è stato proprio il turno di playoff contro i Celtics ad accendere la spia e far cambiare i piani del front-office della franchigia. Oltre chiaramente ai problemi legati a Tyreke Evans (fermato due anni per violazione della anti-drug policy) ed alla decisione improvvisa di Darren Collison, ritiratosi per amor di fede. E allora via anche Bojan Bogdanovic (uno dei più positivi della stagione passata, approdato agli Utah Jazz) e dentro Malcolm Brogdon, Jeremy Lamb, T.J Warren e T.J. McConnell dalla free-agency, oltre ai ruspanti Goga Bitadze e Brian Bowen, approdati ad Indianapolis in sede di Draft.
Ma quanto peserà la “Indiana revoltion”? Andiamo a vedere nel dettaglio.

MALCOLM BROGDON

L’arrivo di Malcolm Brogdon è sicuramente tra i più interessanti nell’intero panorama del mercato NBA, nonostante la pazza free-agency che stiamo vivendo. 26 anni, 196 cm di statura, Brogdon è una guardia che da subito,  e anche grazie all’occhio di coach Budenholzer, è riuscito a ricavarsi efficientemente un ruolo da play, un play tattico che, a dispetto dei pochi anni da pro (paga l’infortunio grave subito a Virginia nell’anno da sophomore), è dotato di una grande visione di gioco e un’ottima capacità di gestione del pallone anche nelle situazioni più complicate. Non è un caso infatti che nelle partite giocate nella sua finora breve carriera abbia appena 1,4 palle perse a partita, accompagnate nell’ultima stagione regolare da 15,1 punti. Così come non è un caso che il suo soprannome sia “The President”.

Brogdon riceve il premio "Rookie dell'anno"

Brogdon riceve il premio “Rookie dell’anno”

L’ex Virginia sembra quindi incastrarsi perfettamente nello scacchiere in progetto di coach Nate McMillan, andando a riempire il posto vacante lasciato da Collison. In quest’ottica sarà tutto da gustare l’impatto che potrà avere il reparto guardie di Indiana, una volta reinserito dal brutto infortunio anche Oladipo. C’è da capire il perché i Bucks abbiano lasciato andare via Brogdon quasi silenziosamente. Perché è pur vero che vista la poca possibilità di movimento sul cap li obbligava a scegliere uno tra lui e Middleton, ed è anche vero che, nonostante la breve carriera, molto spesso Malcolm è stato alle prese spesso con problemi fisici non indifferenti, ultimo dei quali quello che l’ha tenuto fuori per buona parte della stagione scorsa. Allo stesso tempo però sarà difficile riuscire a rimpiazzare degnamente un giocatore determinante già dal suo primo anno nella lega (nonché Rookie of the Year) e uno dei pochi a rientrare nella ristretta cerchia del 50-40-90.
Per accaparrarselo Indiana ha dovuto rinunciare esclusivamente a qualche scelta, tra le quali una prima scelta “lottery protected” per ben 6 anni. Colpaccio di Jeremy Pritchard e soci?

JEREMY LAMB

26 anni per 1 metro e 96 centimetri, Lamb arriva nell’Indiana dopo un’esperienza agli Charlotte Hornets abbastanza positiva, conclusa con un’ultima stagione da 15.3 punti e 5,5 rimbalzi oltre a un paio d’assist di media. Tiratore puro sugli scarichi e dal palleggio, l’ex Connecticut arriva ad Indianapolis con un triennale da $31,5mln ed un bagaglio di esperienza, tra Charlotte e OKC, abbastanza ampio e che lo vedono ormai un punto fermo di tutte le rotazioni.

Jeremy Lamb può anche segnare tiri molto pesanti

Anche il suo ingresso ad Indiana è stato “convogliato” per fattori esterni (vedasi questione Evans) perché con tutta probabilità sarà quello il ruolo che andrà a ricoprire Lamb: probabile sesto uomo in uscita dalla panchina per dar fiato ai vari Oladipo, Brogdon, McConnell e Warren, ma con buone possibilità di vederlo occasionalmente nello starting five.

INDIANA REVOLUTION: GLI ALTRI VOLTI NUOVI

Non passano sotto traccia sicuramente gli arrivi dei due T.J., Warren e McConnell (e ci sarebbe anche Leaf a completare la lista). Il primo (Warren) andrà a prendere il posto del neo-Jazz Bojan Bogdanovic, nel suo spot naturale di ala piccola. Al quinto anno nella lega, T.J. è alla sua seconda maglia NBA, dopo aver passato cinque anni decisamente in crescendo ai Phoenix Suns, con le ultime due stagioni concluse rispettivamente a 19.6 e 18 punti di media ad allacciata di scarpa, nonostante le ultime stagioni della franchigia dell’Arizona siano state decisamente un buco nell’acqua. E’ chiaro quindi che al suo arrivo corrisponde anche una grande aspettativa da parte dei Pacers.

Il secondo (McConnell) dopo quattro anni da comprimario da città dell’amore fraterno, dove perlopiù non è mai riuscito ad essere protagonista per via delle aspettative dovute al “The Process”, dell’arrivo di un Markell Fultz mai veramente sbocciato, dell’esplosione di Ben Simmons. O forse semplicemente il ruolo di comprimario è quello che meglio gli si addice e che con tutta probabilità ricoprirà, alle spalle di Brogdon.

Tutto da scoprire sarà invece il nuovo rookie di casa Pacers, Goga Bitadze. Scelto con la scelta numero 18 all’ultimo Draft, il nativo di Sagarejo (Georgia) per caratteristiche fisiche e tecniche risulta essere comparabile (anzi, quasi una copia) dell’attuale centro di Indiana, Myles Turner, presentando però caratterische difensive e presenza sotto i tabelloni non indifferente. Dovrà sicuramente imparare a battagliare con costanza negli accoppiamenti con lunghi più fisici, ma potrebbe essere una bella scoperta da 15-20 minuti sin da subito per tutto il popolo dell’Indiana.

INDIANA REVOLUTION: COSA ATTENDERSI DALLA STAGIONE 2019-2020?

Nate McMillan.

Alla luce di quanto visto, probabilmente il prossimo futuro dei Pacers potrebbe essere più roseo di quel che potrebbe sembrare. Con il rientro di Oladipo in pianta stabile, un quintetto iniziale composto da Brogdon-Oladipo-Warren-Sabonis-Turner potrebbe risultare sin da subito molto efficiente, soprattutto se l’ex Bucks riuscirà ad integrarsi alla perfezione col nuovo gruppo (cosa tutt’altro che improbabile per “The President”). E’ vero che forse tutt’ora la panchina risulta essere un pochino corta e sotto livello, cosa da non sottovalutare nella Eastern Conference della prossima stagione, che forse dopo anni di torpore potrebbe iniziare un’improvvisa ascesa (vedasi il titolo 2019 ai Raptors, oppure i nuovi Celtics di Kemba Walker, i Nets del duo Irving-Durant, oltre ai sempre presenti Bucks, e ai Raptors che pur senza Kawhi Leonard potrebbero risultare una spina nel fianco per molti). Ma è pur vero che in passato coach McMillan, già dai tempi di Portland, seppe tirare fuori dei veri e propri gioiellini dal cilindro, come Travis Outlaw e Martell Webster, Steve Blake e Nicolas Batum, fino ad arrivare al Sabonis dei giorni nostri, ormai una certezza per presenza e costanza sotto i tabelloni.

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