Kyrie Irving e il commissioner NBA Adam Silver si sono incontrati martedì, per un colloquio privato sui cui contenuti non è al momento trapelato nulla ma che è stato definito “produttivo” da fonti vicine alla lega.
Per Irving, è stata comunicata la news secondo cui la scorsa settimana era stato sospeso per almeno 5 partite senza stipendio dai Brooklyn Nets, si è trattato di un primo passo verso un reintegro in squadra e nella grande famiglia NBA, che resta però a oggi ancora ipotetico. I siti scommesse online, tra cui DraftKings, nuovo partner ufficiale NBA, hanno quotato anche il suo taglio da parte di Brooklyn, pista al momento da non sottovalutare.
Troppo grande e scomodo il pasticcio combinato questa volta dal giocatore, che due settimane fa aveva postato sui suoi canali social da milioni di follower, un link d’acquisto Amazon a un libro e annesso docufilm autoprodotti, “Hebrew to Negroes. Wake up Black America!”, dai contenuti pseudo-storici e soprattutto smaccatamente antisemiti, e in talune parti negazionisti della Shoah ebraica, con tanto di frasi attribuite a “Adolph” (sic) Hitler e a Henry Ford. Dopo aver sollevato il polverone promuovendo di fatto una “opera” di tale caratura, Kyrie Irving aveva all’inizio negato di aver fatto promozione, e soprattutto aveva nicchiato sulle domande su sue eventuali convinzioni antisemite, e non si era voluto scusare con la comunità ebraica e con quanti fossero sentiti offesi dalla sua mancanza di sensibilità.
I Brooklyn Nets e il proprietario della squadra Joe Tsai avevano condannato in termini generali ogni incitazione all’odio e alla discriminazione, e in privato concesso del tempo al giocatore per elaborare e alla fine scusarsi pubblicamente e convintamente. Cosa mai avvenuta, e dopo un’altra conferenza stampa venerdì scorso giocata al gatto e il topo con i cronisti, i Nets hanno deciso di sospendere Kyrie Irving, ritenuto “non più adatto” a rappresentare il team.
E non solo, Brooklyn ha anche dettato al giocatore le condizioni per un reintegro e per evitare di fatto il licenziamento per giusta causa, per danni d’immagine e materiali: 6 passi da compiere, tra seminari educativi, incontri con la comunità ebraica locale di Brooklyn e una donazione cospicua alla Anti Defamation League e a altre cause meritorie. E soprattutto la cosa che per Irving sembra così difficile da fare, ovvero scuse pubbliche, sentite e espresse a voce.
Dopo la notifica della sospensione, Kyrie Irving aveva pubblicato un post di scuse su Instagram, in cui prendeva le distanze solo parzialmente dai contenuti del libro e film e non si diceva convintamente contro ogni tipo di discriminazione e antisemitismo. Altre scuse generiche e a mezzo social di cui i Nets e la NBA non avrebbero saputo cosa farsene.
Prima della sospensione era intervenuto il commissioner Silver, che aveva definito “sconsiderato” il post del giocatore e annunciato un incontro con lui.
Ci sono voluti alcuni giorni di attesa per assistere alle prime reazioni dei giocatori NBA e colleghi di Irving sulla questione. Tra le voci più importanti quella del presidente del sindacato NBPA, CJ McCollum, e dell’ex compagno di squadra ai tempi dei Cleveland Cavs LeBron James. James che ha ovviamente condannato le azioni di Irving, definendole “un errore” che ha causato del “danno” a tante persone. E parlando di Kyrie, LeBron aveva spiegato di aver annullato la messa in onda di un episodio del suo web talk show “The Shop” con ospite Ye (Kanye West), finito al centro delle polemiche per le sue dichiarazioni razziste e antisemite nelle scorse settimane, e scaricato da sponsor di primo piano come Adidas.
Sponsor che hanno scaricato anche Kyrie Irving, con Nike che appena 24 ore dopo la sospensione del giocatore aveva annunciato l’interruzione con effetto immediato di qualsiasi rapporto con l’atleta e la cancellazione del lancio delle nuove sneakers signature Kyrie 8, prevista per l’8 novembre.
Jaylen Brown dei Boston Celtics, altro ex compagno di squadra di Irving e come lui tra i vicepresidenti del sindacato, ha parlato lunedì in qualità di rappresentante NBPA confermando di aver avuto “colloqui” con Kyrie, col commissioner Adam Silver e con la direttrice esecutiva del sindacato Malika Tremaglio. Brown ha definito “onerose” le richieste dei Brooklyn Nets e espresso “il disagio” di alcuni giocatori, e definito “un errore in buonafede” le azioni di Irving, escludendo sentimenti antisemiti dell’ex compagno.
Secondo il reporter NBA Marc Stein, i 6 passi obbligatori che Irving dovrà compiere prima di confidare nel perdono, sono stati pensati per essere particolarmente impegnativi per il giocatore e per il suo orgoglio. Per Stein, nella NBA “c’è forte pessimismo” sul fatto che Kyrie Irving possa giocare di nuovo una partita con la maglia dei Nets, all’indomani della sospensione il gm della squadra Sean Marks aveva negato i rumors su un possibile taglio del giocatore, ma ribadito come sia essenziale che Kyrie completi il percorso per lui deciso.