La storia dei Nets, nel nuovo millennio, si divide in due parti. La prima ha sede nel New Jersey, dove nasce una squadra capace di arrivare due volte in finale NBA e di mantenersi ai piani alti della Eastern Conference per buona parte degli anni Duemila. La seconda è invece ambientata a Brooklyn, dove le manie di grandezza della dirigenza hanno dato vita a due ambiziosi progetti, poi falliti miseramente. Ecco il quintetto ideale dei Nets dal 2000 in avanti.
Poing guard: Jason Kidd
Il suo arrivo da Phoenix, nell’estate del 2001, trasforma la squadra mediocre per eccellenza in una contender fatta e finita. Nell’arco di una sola stagione, con un Kidd candidato MVP in cabina di regia, i Nets passano da 26 a 52 vittorie, dalla lottery alla finale NBA 2002, persa contro gli imbattibili Lakers di Kobe Bryant e Shaquille O’Neal. Grazie alla sua straordinaria visione di gioco, che permette ai suoi atletici ma modesti comprimari di gonfiare notevolmente le statistiche, New Jersey diventa il “Jason Kidd Flying Circus“, e si ripresenta alle Finals nel 2003. Ancora una volta viene sconfitta da avversari nettamente superiori: i San Antonio Spurs di Tim Duncan. Trainati dal loro leader, che vince due volte la classifica degli assist e fa presenza fissa nei quintetti All-NBA, i Nets rimangono ai piani alti della Eastern Conference fino al 2007, poi si avviano alla ricostruzione. Prima dell’All-Star Game 2008, il nono in carriera per lui, Jason viene ceduto ai Dallas Mavericks, che aiuterà a salire sul trono NBA tre anni più tardi. Nel 2013, Kidd verrà riaccolto dalla franchigia, trasferita nel frattempo a Brooklyn, nelle vesti di allenatore.
Guardia: Vince Carter
Dopo aver fatto innamorare della pallacanestro i tifosi canadesi con le sue leggendarie schiacciate, ‘Vincredible’ entra in rotta con il front office dei Raptors e a dicembre 2004 viene ceduto fra le polemiche ai Nets. Il treno che portava alle Finals è già passato dal New Jersey, ma l’approdo di Carter al fianco di Jason Kidd dà inizio a uno spettacolo con pochi precedenti. Le alzate di JK per le terrificanti inchiodate al ferro di Vince lasciano a bocca aperta gli spettatori partita dopo partita. Carter inanella grandi prestazioni, guadagnandosi gli ultimi 3 All-Star Game della sua carriera, ma la squadra, complice l’innalzamento generale del livello a Est, non riesce mai ad andare oltre il secondo turno playoffa. Nel 2008, l’addio di Kidd segna la fine di un ciclo, Vince rimane come leader del gruppo fino al draft 2009, quando viene ceduto agli Orlando Magic.
Ala piccola: Richard Jefferson
È vero: Kenyon Martin, l’altra ala dei Nets a inizio millennio, ha giocato un All-Star Game, ma la sua permanenza a East Rutherford è durata appena 4 stagioni, prima che il suo oneroso contratto venisse scaricato ai Denver Nuggets. Jefferson è stato un pilastro dei Nets su entrambi i lati del campo per 7 anni. Ha beneficiato più di chiunque altro delle invenzioni del grande playmaker, che ha aiutato a mantenere la squadra ai vertici della Eastern Conference e a portarla a due finali consecutive. Dopo l’addio di Kidd a febbraio 2008, in estate tocca anche a RJ, che viene ceduto ai Milwaukee Bucks. La sua illustre carriera proseguirà per altre 10 stagioni, e verrà coronata dal titolo NBA vinto con Cleveland nel 2016.
Ala grande: Kevin Durant
In fin dei conti, KD ha vestito la maglia dei Nets solamente per due stagioni e mezza, comunque sufficienti per mostrare un livello di pallacanestro che a Brooklyn non si era mai visto. Nell’estate del 2019, quando decide di unire le forze con Kyrie Irving, le aspettative nel sobborgo newyorchese raggiungono picchi inesplorati. Il primo anno, però, Kevin lo passa interamente ai box, per recuperare dall’infortunio al tendine d’Achille subito durante le Finals contro i Raptors. Al suo rientro, Durant dimostra subito di essere ancora uno dei migliori cestisti sulla piazza. Al secondo turno dei playoffs 2021, con Irving e James Harden infortunati, arriva letteralmente a un passo dalle Conference Finals; prima guida i suoi alla vittoria di gara-5 con una tripla-doppia da 49 punti, 17 rimbalzi e 10 assist, poi ne segna 49 in gara-7, come mai nessuno prima nella storia dei playoffs. L’ultimo canestro dei tempi regolamentari, però, viene realizzato con la punta del piede poggiata sulla linea dei tre punti, e al supplementare vincono i Milwaukee Bucks, futuri campioni NBA. Una serie di infortuni e le vicissitudini che coinvolgono le altre star trasformano quel progetto dei Nets in un colossale fallimento. A febbraio 2023, un esasperato KD chiede e ottiene la cessione ai Phoenix Suns, lasciando a Brooklyn un’amara sensazione di incompiutezza.
Centro: Brook Lopez
Il colosso californiano rappresenta un ponte tra le due epoche del nuovo millennio in casa Nets. Viene scelto al draft 2008, quando la franchigia gioca ancora nel New Jersey, ed emerge rapidamente tra i giovani lunghi più interessanti della lega. Nel 2013, a pochi mesi dall’inaugurazione del Barclays Center di Brooklyn, Lopez corona la sua ascesa con l’esordio all’All-Star Game. Brook accompagna la squadra negli anni tumultuosi che vedono la nascita e il brusco declino del progetto Williams-Pierce-Garnett, e diventa il miglior realizzatore nella storia della franchigia. Nella stagione 2016/17, prima di essere ceduto ai Los Angeles Lakers, Lopez mostra una crescente tendenza a segnare dalla lunga distanza. Il tiro da fuori, insieme a un’insospettabile presenza difensiva, gli garantiranno una seconda parte di carriera ricca di soddisfazioni, tra le quali il titolo NBA vinto con i Milwaukee Bucks nel 2021.
Sesto uomo: Deron Williams
A febbraio 2011, ‘D-Will’ arriva dagli Utah Jazz tramite una blockbuster trade, con la quale i Nets puntano a riaffacciarsi in zona titolo, e Williams a consacrarsi come una dele migliori point guard della NBA. In realtà, nessuna di queste missioni viene portata a termine. La tumultuosa separazione dai Jazz, costata anche la panchina al grande Jerry Sloan, segna l’inizio della parabola discendente per Deron, che comunque si mantiene a buonissimi livelli anche con la nuova maglia. Uomo-franchigia dei Nets negli anni del passaggio dal New Jersey a Brooklyn, dopo un infruttuoso 2011/12 (che gli vale comunque la terza e ultima convocazione all’All-Star Game) li guida ai playoffs per tre stagioni consecutive, superando il primo round solo nel 2014. Archiviato il fallimentare progetto di un superteam troppo avanti con l’età, un D-Will in costante declino viene tagliato da Nets. Chiuderà la sua carriera con un discreto biennio a Dallas e una dimenticabile corsa alle Finals con i Cleveland Cavaliers.
Allenatore: Byron Scott
Nell’altalenante millennio dei Nets si sono avvicendati numerosi allenatori, ma l’ex giocatore dei Lakers versione ‘Showtime’ può vantare nel curriculum due finali NBA, obiettivo a cui nessun altro collega si è nemmeno avvicinato. Il suo merito principale, anche se certamente condiviso con Jason Kidd, è quello di aver reso un gruppo di giocatori mediocri una delle squadre più divertenti, spettacolari e allo stesso tempo costanti degli anni Duemila. Menzione d’onore per Kenny Atkinson, che tra il 2016 e il 2020 ha costruito una formazione da playoffs dalle macerie dell’era Pierce-Garnett.