NBA Season 2017-2018: i dieci centri migliori della lega? Ecco quelli da tenere d’occhio
In questa rassegna, nella giornata tip-off, verranno individuati i dieci migliori centri della lega, quelli ancora in grado di spostare gli equilibri nonostante ormai sia evidente che la pallacanestro americana, e non solo, sta prendendo una direzione ben precisa. Questa verrà probabilmente definita come l’epoca dello Small Ball e del tiro da tre punti. Affermazione innegabile per certi versi, ma chi è che sembra soffrire di più questo cambiamento? I ‘big men’, i centri, i pivot, nell’accezione più classica del termine.
Il centro vecchio stile, l’asse play-pivot, sono tutte definizioni che sembrerebbero tendere alla scomparsa. In contraddizione con tutto questo c’è la diffusissima opinione che alcuni giovani destinati a dominare la NBA dei prossimi anni siano proprio dei centri. In più, rarissime e vincentissime eccezioni a parte, risulta ancora particolarmente difficile avere una difesa di un certo livello senza un affidabile ‘big man’.
No. 10 – Myles Turner
Gli Indiana Pacers sono suoi, dopo la partenza di Paul George questo ventunenne è chiamato a trascinare la sua squadra, che al momento non ha ambizioni incredibili, verso una stagione quantomeno positiva per la crescita dei giovani. Potrebbe essere la situazione più adatta per crescere e confermare le aspettative. Su di lui si sono già espressi in moltissimi, lo stesso Larry Bird lo ha definito uno dei migliori giocatori visti ad Indianapolis da quando ne è stato al comando. Ma a parlare ci sono anche dei numeri: Turner è il quinto ventenne nella storia della NBA ad aver ottenuto 14 punti, 7 rimbalzi e 2 stoppate a partita. Gli altri quattro? Shaq, Garnett, Chris Webber ed Anthony Davis.
No. 9 – Al Horford
Il meno centro tra tutti i centri, durante l’ultima stagione è stato spesso criticato per i troppi pochi rimbalzi catturati, il tutto in una squadra, i Celtics, che non aveva assolutamente la tendenza a dominare sotto le plance. Quest’anno le frecce all’arco di coach Stevens sono notevolmente aumentate, e l’ex Atlanta avrà probabilmente molto più lavoro sporco a cui dedicarsi. Il suo non essere giocatore da doppia-doppia garantita, ma sempre credibile oltre l’arco, permetterà a lui e a tutta Boston di girare in maniera diversa. Sul perimetro, l’attacco dei Celtics avrà quasi sempre a disposizione almeno quattro tiratori che le difese non possono permettersi di battezzare. Al Horford è il classico giocatore che non è il migliore di tutti a fare nessuna cosa in particolare, ma tra i primi dieci nel farne tante.
No. 8 – Hassan Whiteside
“Nobody is doing triple-doubles with blocks”… Lui sì. Hassan Whiteside è passato dall’essere una scommessa, ripreso dal peggiore campionato libanese, ad essere uno dei migliori lunghi del mondo con un contratto da superstar. Se non avesse dei così evidenti limiti al tiro sarebbe molto più in alto in classifica. Ma Spoelstra ama la difesa, e dunque non può non amare Hassan, che protegge il ferro come davvero pochi sono, o sono stati, capaci di fare. In assoluto è il giocatore dei Miami Heat che ha difeso su più isolamenti nella scorsa stagione, con la sua incredibile apertura alare è capace di fermare il palleggiatore, e se questo riesce a passare, ha comunque grandi probabilità di venire stoppato da dietro.
No. 7 – DeAndre Jordan
Lob City senza Chris Paul non sarà più Lob City? Bisognerebbe aspettare il debutto di Milos Teodosic per dirlo. DeAndre Jordan è da anni tra i primi per rimbalzi, stoppate e percentuale al tiro. Tiro sembrerebbe una parola un po’ grossa, visto che i video sui suoi peggiori liberi sono diventati virali in tutto il mondo. La percentuale è così alta, 71,4% la scorsa stagione, perchè fondamentalmente tutti i tiri che prende sono schiacciate o appoggi ad alta quota. Da molti è stato definito uno “capace soltanto a saltare” e l’elevazione e l’esplosività sono sicuramente le sue caratteristiche più importanti, ma un titolare NBA difficilmente è limitabile ad una cosa sola. Esattamente come Whiteside, DeAndre copre moltissimi isolamenti, che dice molto su quali siano le sue capacità di intendere il gioco, e sulla fiducia che l’allenatore ripone in lui. Tra 228 giocatori con almeno 6 rimbalzi di media, DAJ ha la seconda percentuale più alta di successo: se qualcuno va a rimbalzo con DeAndre Jordan, tendenzialmente non lo prende.
No. 6 – Joel Embiid
‘The Process’, il giocatore con più tweets che minuti giocati in NBA, ma non per colpa sua. La così alta posizione in classifica non deriva dal suo essere personaggio, né dal suo somigliare incredibilmente ad un erede di Hakeem Olajuwon. Deriva più che altro dalla speranza che riesca finalmente a giocare un’intera stagione, in cui le due affermazioni appena fatte possano convivere. Joel Embiid è un centro di 2.13m con un tiro da tre più che affidabile, un repertorio quasi illimitato di movimenti in post, e la struttura per essere l’ancora della difesa di qualunque squadra. La sua precarietà fisica avrebbe convinto qualsiasi front-office a tagliare qualsiasi giocatore normale… A lui invece hanno offerto un contratto multimilionario. Da quanto detto prima però, è facile dedurre che di giocatore normale non si tratti affatto.
No. 5 DeMarcus Cousins
Capace di far arrabbiare e di arrabbiarsi con chiunque, se DeMarcus Cousins non avesse mai fatto infuriare nessuno adesso sarebbe primo in questa classifica per distacco. I mezzi tecnici e fisici sono senza dubbio i migliori di cui un centro NBA possa disporre oggi, purtroppo non si può dire lo stesso per tutto quello che non riguarda questi due aspetti. Con ‘Boogie’ è una costante altalena di emozioni: prima incanta schiacciando sulla testa di tutti, e subito dopo perde la marcatura, commette fallo e inveisce contro arbitri e compagni di squadra. Nessuno sarebbe più contento del sottoscritto di poterlo posizionare al primo posto l’anno prossimo, ma per il momento ‘DMC’ è un ventisettenne che ha sempre litigato troppo con sé stesso e che non ha mai giocato un minuto di playoff.
No. 4 – Nikola Jokic
A soli ventidue anni è stato in grado di cambiare un’intera squadra, per uno che fino a qualche anno fa non era altro che un playmaker troppo grasso per giocare, decisamente non è poco. Da quando ha ottenuto un posto da titolare le sue medie per partita sono state: 19,2 punti; 10,9 rimbalzi e 5,8 assist. A tutto questo va poi aggiunto il 58,7% al tiro con il 34% da oltre l’arco. Si intravedono ancora dei margini di miglioramento, specialmente per quanto riguarda la fase difensiva, che rappresenta al momento l’unico limite tra Jokic e lo stato di superstar assoluta. Si parla già di uno dei migliori centri della lega, che, acquistando una condizione fisica paragonabile a quella degli altri, avrebbe tutte le carte in regola per provare a scrivere qualche pagina importante di storia NBA.
No. 3 – Marc Gasol
Sul podio un grande giocatore, reso ancora più grande dalle scelte del suo allenatore. Da quando David Fizdale allena i Memphis Grizzlies, Gasol è diventato più aggressivo e più libero di tirare, anche da tre punti. Le mani morbidissime, e la grande capacità di realizzazione fanno di lui uno dei migliori centri degli ultimi anni. Allo stesso tempo però, lo spagnolo è uno di quelli che maggiormente soffre la nuova tendenza del gioco. Marc ha tremende difficoltà a difendere fuori dal pitturato, trovandosi dunque pesantemente svantaggiato contro squadre ricche di talento sul perimetro. I Grizzlies hanno sempre mostrato grande rispetto e fedeltà verso i loro campioni, ma da qualche anno vengono definiti una squadra ‘vintage’, che col classico asse Conley-Gasol sarebbero infatti stati una perfetta contender degli anni ’90.
No. 2 Karl-Anthony Towns
Qui visibilmente scocciato per non essere al primo posto, la promessa da cui tutto il mondo si aspetta di più. Il riferimento precedente era rivolto proprio a lui: Karl-Anthony Towns, futuro signore e padrone della NBA? La risposta è da attendersi il più presto possibile. Se Marc Gasol è quello che più soffre nella nuova era del basket, Towns è quello che dovrebbe soffrirla meno. Prima di tutto perchè dovrà essere la sua, poi perchè questo ragazzo è capace di fare praticamente tutto ad un livello incredibile. Potenzialmente uno dei giocatori più completi mai visti, ma che come a tutti i giovani giocatori manca ancora qualcosa dal punto di vista dell’affidabilità. Esattamente come Westbrook, è stato un eccellente difensore NCAA, ma non ha dimostrato la stessa solidità difensiva in NBA. Appurato che 20 punti può realizzarli contro qualunque avverario, da un lungo ci si aspettano comunque determinate garanzie difensive, che se dovessero arrivare lo piazzerebbero saldamente tra i partenti per la corsa al titolo di MVP.
No. 1 – Rudy Gobert
Affidabilità, quella che manca a Towns e che invece sprizza da ogni poro di Gobert. Il centro francese degli Utah Jazz sarà quasi sempre tra i candidati al premio di difensore dell’anno, un centro classico per davvero, che brilla nonostante faccia parte di una specie in via d’estinzione. La sicurezza che è capace di dare in campo è qualcosa di inestimabile: durante la scorsa stagione è stato capace di diminuire del 10% i punti segnati di ogni suo avversario. In attesa degli altri, è quasi sicuramente l’ultimo giocatore di questo tipo in grado di piazzarsi al primo posto in una classifica del genere. Un ‘big man’ vecchio stile che non va più di moda, ma è efficace quanto lo sarebbe stato vent’anni fa, e non è nemmeno americano: Rudy Gobert.