Raramente sorridente, difficile trovarlo in qualche video esilarante, ancora più difficile non trovarlo tra i migliori della partita. Faccia sempre un pò cupa, personaggio, forse, o uomo traviato da un infanzia ingiusta. La vita e la carriera di John Wall è particolare, diversa dalle altre.
Nato nella Carolina del Nord conosce subito tre cose: la lontananza, la paura e la mancanza. Lontananza di un padre in galera, dietro le sbarre per furto d’armi; paura di ogni singolo secondo all’interno di quel quartiere e mancanza, inizialmente di soldi, più tardi della figura paterna, che dopo essere stata in prigione, viene a mancare, portata via da un cancro letale.
No, non è stata facile la vita del piccolo John. Dalla morte del padre i sorrisi diminuiscono e aumentano invece i problemi con le autorità… nulla di nuovo da quelle parti.
Poi, però, come in una magica commedia, c’è il cambio della trama: Wall è la prima scelta NBA, è nella capitale degli USA a dare spettacolo con la sua maglia #2. Potenzialmente sembra che possa diventare “the face of the game”, si pronostica un impatto alla LeBron James: non sarà così. Tante, tantissime buone giocate, certo, ma una squadra debole, un brutto infortunio alla rotula e qualche partita sottotono, portano i tifosi a dire: “Wall? Fortissimo, ma..” ma non sa trascinare una squadra, ma non è uomo spogliatoio, ma Irving, Thomas, Curry, Westbrook, Paul, sono più forti, ma è injury prone. Ma, ma, ma..
Wall però, abbiamo già visto, sa cambiare trama. Come è riuscito a trasformare una vita d’inferno in un’esistenza paradisiaca, riuscirà anche a cancellare tutti quei “ma” che si sta portando dietro in questi anni di carriera, e i numeri di questa stagione lo stanno dimostrando. Washington può tornare a sognare, deve tornare a sognare, dopo anni di-quasi- anonimato. Per quest’anno, comunque, la sua stella garantisce un posto playoff, poi vediamo…