Home NBA, National Basketball AssociationApprofondimenti I quintetti del millennio: Portland Trail Blazers

I quintetti del millennio: Portland Trail Blazers

di Stefano Belli
I quintetti del millennio: Portland Trail Blazers

Il nuovo millennio dei Blazers comincia con la finale di Conference persa contro i Lakers, continua con i rimpianti dell’epoca Brandon RoyGreg Oden e culmina con i fasti dell’era-Lillard, che rende Portland un’ospite fissa dei playoffs. Ecco il quintetto ideale dei Portland Trail Blazers dal 2000 in avanti.

Point guard: Damian Lillard

Il ragazzo di Oakland arriva nella NBA dopo quattro anni passati a Weber State. Fin dalle prime apparizioni, dimostra di poter diventare il pilastro su cui costruire i nuovi Blazers. La stagione d’esordio culmina con il premio di Rookie of the Year, quella successiva segna il debutto all’All-Star Game, l’inserimento nel terzo quintetto All-NBA e la nascita del “Dame Time“. Ai suoi primi playoff in carriera, Lillard decide la serie contro Houston segnando un’incredibile tripla sulla sirena di gara-6, che manda a casa i Rockets. I San Antonio Spurs, al secondo round, si rivelano un ostacolo insormontabile, ma Dame ha fatto ufficialmente il suo ingresso tra le stelle NBA. Negli anni a venire, il numero 0 si consacra sul piano individuale, aggiungendo al suo palmarès altri 6 All-Star Game e altrettante apparizioni nei quintetti All-NBA e contribuendo a rivoluzionare il gioco con il suo illimitato range di tiro, ma i Blazers faticano a fare strada ai playoffs. La svolta sembra arrivare nel 2019, quando Dame trascina i suoi alle finali di Conference. Nel farlo decide un’altra serie, quella contro i Thunder, con un memorabile canestro da metà campo. Contro la dinastia Warriors non c’è partita, e Portland viene ricacciata nelle retrovie. Lillard è sempre straordinario, ma la squadra, penalizzata dagli infortuni e da una costruzione non eccelsa, si inabissa lentamente. Nell’estate del 2023, dopo 11 anni di onorato servizio, il grande capitano lascia l’Oregon e inizia una nuova avventura a Milwaukee.

Guardia: C.J. McCollum

Come Lillard, anche McCollum ha passato quattro anni in un college non di primissima fascia, in questo caso Lehigh University. Viene scelto con la decima chiamata nel misterioso draft 2013, quello di Anthony Bennett e Giannis Antetokounmpo, e si rivelerà uno dei migliori giocatori della classe. CJ parte come riserva di Wesley Matthews, e nelle prime due stagioni fa da semplice comparsa. Nell’estate del 2015, però, il roster dei Blazers viene rivoluzionato. Damian Lillard rimane l’unico esponente del vecchio quintetto, e McCollum viene chiamato ad affiancarlo nel nuovo backcourt. Nell’annata che segue, CJ esplode, passando da quasi 7 a quasi 21 punti di media e vincendo il premio di Most Improved Player. Finché resterà in Oregon, non scenderà mai sotto i 21 punti a sera. Guidata dalle due guardie, Portland fa presenza fissa ai playoffs, dove spesso McCollum sfodera le sue prestazioni migliori; memorabili i 37 punti con cui decide gara-7 contro Denver nel 2019, regalando ai Blazers le finali di Conference. Da quel momento in avanti, la squadra sprofonda lentamente nella mediocrità. Col passare delle stagioni, l’ennesima rivoluzione sembra sempre più inevitabile. Alla trade deadline 2022, CJ viene infatti ceduto ai New Orleans Pelicans, di cui diventerà un leader negli anni a venire.

Ala piccola: Brandon Roy

Il draft 2006 sembra poter dare una svolta decisiva alla storia dei Blazers, che accolgono a Portland LaMarcus Aldridge e Brandon Roy. Quest’ultimo riesce ad avere un grande impatto fin da subito, stravincendo la corsa al Rookie of the Year Award nonostante abbia disputato solo 57 partite. La sua stagione d’esordio viene infatti ostacolata da qualche infortunio, in quello che si rivelerà un triste presagio alcuni anni più tardi. Con l’addio di Zach Randolph, “B-Roy” diventa il leader assoluto della squadra ed emerge tra i migliori esterni della lega. Nel 2008 gioca il primo dei suoi tre All-Star Game, l’anno dopo viene inserito nel secondo quintetto All-NBA e nel 2010 nel terzo. Poco prima dei playoffws, Roy deve fermarsi per una piccola lesione al menisco. Riesce a tornare durante la serie persa al primo turno contro Phoenix, ma ben presto i medici scoprono che i problemi alle ginocchia sono dovute a una carenza di cartilagine, oltretutto degenerativa. A dicembre 2010, Brandon si sottopone a un doppio intervento, ma quando rientra in campo, due mesi più tardi, sembra solo una controfigura della stella che era. I 24 punti segnati in gara-4 contro i Dallas Mavericks, che rimandano l’eliminazione dei Blazers alla sesta partita, sono il canto del cigno per il ragazzo di Seattle. A dicembre, terminato il lockout, il ventisettenne Brandon Roy annuncia il ritiro. Proverà un disperato rientro nel 2012/13, quando indosserà per cinque partite la maglia dei Minnesota Timberwolves prima di arrendersi definitivamente.

Ala grande: LaMarcus Aldridge

Seconda scelta assoluta del draft 2006, il lungo texano viene selezionato dai Chicago Bulls, che però lo “regalano” a Portland in cambio di Tyrus Thomas e Viktor Khryapa. Aldridge inizia come riserva di Zach Randolph, ma la partenza di quest’ultimo gli apre le porte del quintetto. Nel 2007/08 LaMarcus passa da 9 a quasi 18 punti di media, e arriva terzo nelle votazioni per il Most Improved Player Award. Il giovane trio formato da Aldridge, dall’astro nascente Brandon Roy e dal rookie Greg Oden fa sperare i tifosi dei Blazers in un futuro radioso, ma i gravi problemi fisici di questi ultimi infrangono presto i sogni di gloria. Quando Roy e Oden alzano bandiera bianca, LaMarcus prende il timone della squadra; nel 2011 sfiora l’All-Star Game e viene inserito nel terzo quintetto All-NBA, l’anno dopo debutta alla partita delle stelle, a cui si presenterà regolarmente durante tutta la sua permanenza in Oregon. Nel 2012 arriva a Portland Damian Lillard, che al fianco di Aldridge rende i Blazers una mina vagante della Western Conference. Il numero 12 è determinante nel primo turno playoffs vinto contro Houston, nel 2014, quando apre la serie con due prove da 46 e 43 punti. L’anno seguente, archiviata l’eliminazione al primo round contro Memphis, Aldridge diventa il free agent più ambito dell’estate. Ad aggiudicarselo sono i San Antonio Spurs, che lo convincono a lasciare Portland dopo 9 anni.

Centro: Rasheed Wallace

Sheed” è la stella di Portland a cavallo tra i due millenni, ma anche uno dei simboli dell’era “Jail Blazers“. In campo mette in mostra un talento cristallino, e nel 2001 disputa il suo secondo All-Star Game consecutivo. Il suo temperamento imprevedibile, però, contribuisce ad alimentare la cattiva fama che circonda quella squadra. Wallace infrange ogni record per quanto riguarda i falli tecnici, e nel 2003 riceve 7 gare di sospensione per aver minacciato l’arbitro Tim Donaghy. Dopo aver raggiunto le finali di Conference nel 1999 e nel 2000, Portland non riesce più a superare lo scoglio del primo turno playoffs. A febbraio 2004, la dirigenza decide di dare un bel colpo di spugna, cedendo Rasheed agli Atlanta Hawks. Giocherà solo una partita con la nuova squadra, dopodiché cambierà di nuovo aria, passando ai Detroit Pistons giusto in tempo per vincere, da co-protagonista, il titolo NBA.

Sesto uomo: Nicolas Batum

Non stiamo sicuramente parlando di una stella, ma l’ala francese, scelta a fine primo giro del draft 2008, è un punto fermo dei Blazers in due epoche diverse: prima di fianco a Brandon Roy e LaMarcus Aldridge, quindi nella squadra di Aldridge e Damian Lillard. Grazie alla sua versatilità su entrambi i lati del campo, Batum aiuta Portland a raggiungere i playoffs in cinque delle sette stagioni passate in Oregon. La rivoluzione dell’estate 2015 coinvolge anche Nic, che viene ceduto agli Charlotte Hornets. L’altro candidato per questa posizione era il tiratore Wesley Matthews, anche lui role player di lusso tra il 2010 e il 2015.

Allenatore: Terry Stotts

Campione NBA come assistente dei Dallas Mavericks, Stotts arriva a Portland nel 2012, insieme a Damian Lillard. Attorno al rookie e a LaMarcus Aldridge costruisce una squadra che nel 2014 arriva al secondo turno playoffs, e l’anno seguente si ferma al primo. Quell’estate, il roster viene rivoluzionato, ma Stotts, aiutato dalla consacrazione di Lillard e dall’esplosione di CJ McCollum, riesce a mantenere Portland tra le big dell’Ovest, portandola in finale di Conference nel 2019. Due anni e due eliminazioni al primo round più tardi, la dirigenza decide di voltare pagina. Stotts lascia l’Oregon dopo nove stagioni, e viene sostituito da Chauncey Billups.

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