Home NBA, National Basketball AssociationApprofondimenti I quintetti del millennio: Orlando Magic

I quintetti del millennio: Orlando Magic

di Stefano Belli
orlando magic

Il nuovo millennio, per gli Orlando Magic, è iniziato sotto una cattiva stella. Gli arrivi di Grant Hill e Tracy McGrady hanno illuso i tifosi, ma gli infortuni subiti dal primo hanno presto infranto i loro sogni. È andata decisamente meglio sul finire degli anni Duemila, quando la squadra di Dwight Howard si è affermata tra le superpotenze della Eastern Conference. L’addio di Superman ha avviato una lunghissima ricostruzione, che solo oggi, a oltre un decennio di distanza, sembra dare i primi frutti. Ecco il quintetto ideale degli Orlando Magic dal 2000 in avanti.

Point guard: Jameer Nelson

La piccola guardia da Saint Joseph’s arriva a Orlando nel 2004, insieme a Dwight Howard. Comincia come riserva di Steve Francis, salvo poi affiancarlo in quintetto dopo un ottimo avvio di stagione. A febbraio 2006, quando Francis viene ceduto ai Knicks, Nelson prende definitivamente la cabina di regia, guidando i Magic nei loro anni migliori. L’esplosione più fragorosa, per lui e per la squadra avviene nel 2008/2009, quando Orlando si stabilisce ai piani alti nella Eastern Conference e Jameer viene convocato al suo primo e unico All-Star Game. Dieci giorni prima dell’evento, però, un infortunio alla spalla mette k.o. Nelson, che si rivede in campo solamente nella serie finale, persa contro i Lakers. Un altro infortunio, stavolta al ginocchio, fa partire con il piede sbagliato il suo 2009/2010, che però si conclude con degli ottimi playoffs. Due anni più tardi, l’addio di Howard dà il via alla ricostruzione. Nelson rimane tra i leader di una squadra con pochi obiettivi, e nell’estate del 2014 firma da free agent con i Dallas Mavericks, lasciando la florida dopo dieci stagioni.

Guardia: Tracy McGrady

Con la maglia dei Toronto Raptors, T-Mac è emerso tra i giovani più interessanti della lega, ma il suo sbarco in Florida, nell’estate del 2000, segna l’inizio di una nuova fase; nelle quattro stagioni passate a Orlando, Tracy diventa un’icona generazionale, una delle stelle più lucenti nel firmamento NBA. Nel 2001 fa il suo esordio all’All-Star Game, viene inserito nel secondo quintetto All-NBA e viene eletto Most Improved Player of the Year. L’anno dopo sale nel primo quintetto All-NBA e lascia ai posteri la memorabile “Remix Dunk” durante la partita delle stelle giocata a Philadelphia. Nel 2003 e nel 2004 domina incontrastato la classifica marcatori. Malgrado le performance stellari di McGrady, Orlando non riesce mai a superare il primo turno playoff. Nel 2003 i Magic subiscono una clamorosa rimonta per mano dei Detroit Pistons, dopo essersi portati in vantaggio per 3-1 nella serie. L’annata seguente viene compromessa da una serie di infortuni, tra cui il problema alla caviglia che mette fuori causa Grant Hill per tutta la stagione. I pessimi risultati della squadra e le tensioni fra T-Mac e la dirigenza in fase di rinnovo contrattuale portano a un’inevitabile separazione. Nell’estate del 2004, McGrady viene ceduto agli Houston Rockets, con i quali scriverà altre pagine importanti della sua illustre carriera.

Ala piccola: Hidayet Turkoglu

Quello che per un’intera nazione è “il Michael Jordan turco” arriva in Florida nel 2004. Inizialmente viene utilizzato da sesto uomo, come già successo a Sacramento e a San Antonio, dopodiché i persistenti problemi fisici di Grant Hill gli aprono stabilmente le porte del quintetto. Turkoglu diventa un pilastro dei nuovi Magic, capaci di scalare rapidamente le gerarchie a Est. Nella stagione 2007/2008 sfiora i 20 punti di media e viene eletto Most Improved Player, l’anno dopo è fondamentale nella cavalcata di Orlando alle finali NBA. Dopo la sconfitta subita per mano dei Lakers, Hedo decide di monetizzare; esce dal contratto che lo legava ai Magic e viene ceduto tramite sign-and-trade ai Toronto Raptors. L’esperienza in Canada non va benissimo, e l’estate seguente Turkoglu viene scambiato di nuovo. Dopo una brevissima parentesi con i Phoenix Suns, a dicembre 2010 completa il suo strano giro con un clamoroso ritorno in Florida. Hedo rindossa la maglia numero 15 dei Magic, ma la sua carriera e la parabola della squadra hanno già iniziato la fase calante. Tagliato a gennaio 2014, Turkoglu gioca un anno e mezzo ai Clippers prima di appendere le scarpe al chiodo.

Ala grande: Rashard Lewis

Tra i volti dei SuperSonics a inizio millennio, nell’estate del 2007 Lewis lascia Seattle per firmare un sontuoso contratto a Orlando. Oltre a ingigantire il conto in banca, Rashard aiuta i Magic a trasformarsi da promettente Cenerentola a contender fatta e finita. Elemento chiave nel quintetto di Stan Van Gundy, è il miglior realizzatore dei suoi ai playoffs 2008, terminati al secondo round. L’anno dopo, il grande avvio di Orlando permette a Lewis di tornare all’All-Star Game, a cui aveva già partecipato ai tempi dei Sonics. Ancora una volta, Rashard è determinante ai playoffs, aiutando la squadra a raggiungere le Finals e lasciando ai posteri un memorabile game winner in gara-1 delle finali di Conference, contro Cleveland. Nel 2010, Orlando si ripresenta alle Eastern Conference Finals, ma viene sconfitta in sei partite dai Boston Celtics. Per Lewis inizia quindi un declino accelerato dagli infortuni e da un contratto difficile da assorbire per chiunque. A dicembre, la dirigenza decide di scaricarlo agli Washington Wizards, in cambio, tra gli altri, del crepuscolare Gilbert Arenas. Rashard troverà comunque una redenzione in Florida, vincendo il titolo NBA da gregario nel 2013 con la maglia dei Miami Heat.

Centro: Dwight Howard

Il pessimo 2003/2004 dei Magic porta in dote la prima scelta assoluta al draft, con cui Orlando avvia la ricostruzione dopo la partenza di Tracy McGrady. La chiamata viene spesa per l’ultimo, grande giocatore che ha scelto di passare direttamente dall’high school alla NBA: Dwight Howard.

Fisico statuario e atletismo straripante, il ragazzo viene schierato inizialmente come ala grande, chiudendo la prima di quattordici stagioni consecutive in doppia-doppia di media. La sua continua crescita, fisica e tecnica, convincono coach Brian Hill a spostarlo nel ruolo di centro. Da quel momento, “Superman” spicca definitivamente il volo. Nel 2007 fa il suo esordio all’All-Star Game e viene inserito nel terzo quintetto All-NBA, ma la consacrazione arriva nella stagione successiva. Howard è protagonista dell’All-Star Weekend, vincendo un memorabile Slam Dunk Contest il sabato e partendo titolare la domenica; chiude la prima di tre stagioni consecutive come miglior rimbalzista NBA (saranno cinque in carriera), viene inserito nel primo quintetto All-NBA e nel secondo All-Defensive. Finché non lascerà la Florida, Dwight sarà per distacco il miglior centro della lega. Trascinata dalla sua stella, Orlando si fa largo nella Eastern Conference. Nel 2009, DH12 guida la NBA per stoppate, arriva quarto nelle votazioni per l’MVP, viene eletto Difensore dell’Anno, premio che gli verrà assegnato anche nelle due stagioni successive, e con l’auto di eccellenti gregari porta la truppa di Stan Van Gundy alle NBA Finals, perse contro i Los Angeles Lakers. Howard e i Magic continuano a dominare negli anni seguenti; nel 2010 ottengono il secondo miglior record a Est e tornano in Finale di Conference, ma devono arrendersi ai Boston Celtics. Nel 2011. Dwight arriva dietro al solo Derrick Rose nella corsa per l’MVP, ma orlando viene clamorosamente sconfitta al primo turno da Atlanta. La prematura eliminazione crea una spaccatura fra Howard, coach Van Gundy e la dirigenza, e spinge Superman a chiedere la cessione. Al termine di un’ultima, travagliata stagione, in cui Dwight si ferma per un’operazione alla schiena, i suoi desideri vengono esauditi; Howard passa ai Lakers in una colossale trade a quattro squadre. Il “Dwightmare” è finito, ma in Florida è finita anche un’epoca difficilmente ripetibile.

Sesto uomo: Nikola Vucevic (Grant Hill, Paolo Banchero)

Nella maxi-operazione Howard viene coinvolto anche il centro montenegrino, che approda a Orlando dopo aver trascorso una stagione da rookie piuttosto anonima a Philadelphia. Quello che sembra solo un riempitivo della trade si rivela invece la miglior contropartita per i Magic, che si trovano in casa il centro del futuro. Vucevic non si avvicinerà mai ai livelli di DH12, ma sarà comunque tra le poche certezze della franchigia negli anni Dieci. Nikola gravita stabilmente attorno alla doppia-doppia di media, e nel 2019 la prima stagione positiva di Orlando dopo tanti anni bui gli vale l’esordio all’All-Star Game. Manifestazione a cui Vucevic partecipa anche nel 2021, poco prima di essere ceduto ai Chicago Bulls nello scambio che inaugura una nuova era in Florida. Menzioni d’onore per Grant Hill, la cui esperienza a Orlando è stata compromessa dagli infortuni, e per Paolo Banchero, che tra qualche anno potrebbe entrare di diritto in questa lineup del millennio.

Allenatore: Stan Van Gundy

SVG viene assunto come capo allenatore dei Magic nell’estate del 2007, dopo aver trascorso un biennio non indimenticabile con i Miami Heat. Il nuovo coach costruisce un sistema di gioco innovativo, basato su un unico lungo dominante (Dwight Howard) e su una batteria di versatili tiratori in grado di massimizzare le spaziature. L’idea si dimostra subito azzeccata; Orlando scala rapidamente le gerarchie a Est, raggiunge le Finals al secondo anno della sua gestione e si ferma in finale di Conference nel 2010. La brutta caduta contro Atlanta, che termina anzitempo i playoffs 2011, spinge Howard a chiedere la sua testa alla dirigenza. Le tensioni fra le parti raggiungono il loro culmine con la famigerata conferenza stampa dei 5 aprile 2012, in cui Van Gundy ammette ai giornalisti di essere a conoscenza dei malumori del centro, e pochi secondi dopo viene raggiunto da un ignaro Howard, che lo abbraccia scherzosamente. Di lì a poche settimane, nessuno dei due farà più parte della franchigia. Il primo a lasciarla è l’allenatore, licenziato dopo la sconfitta al primo turno playoffs contro Indiana.

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