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From The Corner #19: Il 34, Celtics Forever

di Raffaele Camerini
Paul Pierce maglia ritirata


Il 34 sulla schiena.

La fascetta in testa sempre e comunque, anche se non c’è mai stata tutta questa chioma da tenere a bada; Slick Watts insegna sempre.
Il polsino, come dimenticarlo? Lato sinistro, perchè il braccio destro è quello designato per il tiro e deve rimanere armato e libero di sparare quando serve.
Come un pugile: il sinistro ti mette fuori equilibrio, ti disorienta, ti stordisce. Il destro ti manda giù al tappeto. Giudice e Boia sportivo.
Los Angeles nel sangue, ma un sangue, da quel 1998, di colore verde, come la maglia dei Boston Celtics. Il grande paradosso della tua vita, fin da piccolo tifoso dei più grandi avversari della storia che hai contribuito a scrivere.

Undici coltellate. Una dopo l’altra. Il sangue, ancora, ti stava abbandonando. Quella corsa in ospedale, con Derrick Battie, fratello di Tony, che guidava disperato dribblando tutte le auto sulla strada tra il Buzz Club di Boston e le cure mediche necessarie. Hai vissuto due minuti nell’al di là. Saranno sembrati una vita intera, come una carriera lunga 19 anni di alti e bassi.
Poi finalmente ti hanno ripreso e riportato alla vita. Per il braccio armato, per il cuore, per il sangue.

“The Truth”, la verità, ti chiamava Shaq. Così poi ha fatto il resto del mondo. Tu eri e sei ancora La Verità. Il tuo gioco è da sempre semplice, senza fronzoli. Si va dritti al sodo, dritti a canestro nelle penetrazioni, dritto al tiro anche col difensore che ti alita addosso. Tanto la palla sempre quel tragitto fa: si accoccola sulla retina, l’accarezza dolcemente ed in mezzo alle grida dei tifosi, tu senti solo il suono più bello del mondo.

Finalmente è arrivato il momento di fare sul serio: Ray Allen segue Doc Rivers e Kevin Garnett. Finalmente puoi vincere, finalmente il nome dei Celtics riecheggerà nel mondo e sarà di nuovo simbolo di forza e grandezza.
Finalmente ti stai per spolverare di dosso tutte le critiche e le parole senza senso che ti hanno svenato per tutta la tua carriera.
Poi eri li. In piedi sul palco allestito dopo una Gara 6 diventata mattanza. Un dominio senza precedenti, una voglia di vincere assetata. Eri in piedi che lanciavi il pugno al cielo, mentre nell’altra mano tenevi il premio meritato di MVP. 
Un ragazzo proveniente dai sobborghi di Los Angeles dove devi fare di tutto per tenerti fuori dai guai e spesso neppure serve, è diventato il Re del mondo.

Hai cominciato così a pellegrinare, perchè LBJ non lascia scampo a nessuno ad Est e l’età lo imponeva. Prima Brooklyn, Washington

e poi finalmente a casa ma con Doc ed i Clippers. Lo sappiamo, non era la stessa cosa del Boston Garden, del TD.
Arriva l’ora di smettere, per tutti. Il fisico cede, le gambe sono stanche, la mente pensa a cose che prima, da giovane ed affamato, non ha mai nemmeno considerato. C’è una vita lontano dal Parquet. C’è una vita per tutti e bisogna saperla cogliere, riuscire a staccarsi dall’odore del pallone, dalla sua sensibilità tattile. Bisogna fare quel passo, nonostante la malinconia e la nostalgia dei tempi andati.

Paul Pierce ha deciso di ritirasi e lo farà da Celtic.
Ha firmato un contratto di un giorno, poi sorriderà e chiuderà con leggerezza quella enorme e pesante porta. Ma non può farlo se prima non sente sulla pelle quel verde, il colore del suo sangue.
“Once a Celtic, Always a Celtic”.

Grazie di tutto, Paul Pierce. 
Uno che realmente “Bleed Green!”.

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