Una commissione parlamentare bipartisan del Congresso USA ha chiesto formalmente con una lettera alla NBA “di proibire la vendita e l’uso di scarpe e abbigliamento prodotti nelle fabbriche in Cina da lavoratori forzati“, e di “incontrare le vittime della repressione del governo autoritario cinese” per apprendere “della triste realtà del genocidio in atto“.
La commissione ha inviato la lettera al commissioner NBA Adam Silver e alla National Basketball Players Association, il sindacato dei giocatori NBA, e al suo presidente CJ McCollum dei New Orleans Pelicans. I membri della parlamentare chiedono anche a Silver e ai vertici NBPA di partecipare agli incontri con i leader delle comunità vittime della repressione.
Nella richiesta, la commissione auspica che la lega cessi la vendita di ogni prodotto griffato NBA prodotto in Cina nei territori dello Xinjiang, dove il governo cinese attua una politica di repressione nei confronti della minoranza etnica degli Uiguri, popolazione di lingua turca e di religione islamica, “e di impedire ai giocatori di indossare durante le partite scarpe prodotte da brand cinesi che utilizzano il cotone dello Xinjiang“, dove “più di un milione di uiguri è internato in campi di lavoro“.
Il timore della commissione, si scrive nella lettera, è che la NBA possa diventare “potenziale complice” della politica di uso dei campi di lavoro forzato.
Si tratta di una mossa motivata anche da ragioni politiche quella della commissione, che comprende anche personale politico della Casa Bianca tra i firmatari, nella guerra commerciale e d’attrito tra USA e Cina in atto da anni. E richieste che difficilmente la NBA sarà nelle condizioni di accettare: nonostante alcune crisi recenti, come il caso del supporto alla causa di Hong-Kong da parte dell’ex general manager dei Rockets Daryl Morey nel 2019, e la pandemia nata nel 2020, il mercato cinese frutta alla NBA 5 miliardi di dollari stimati di introiti.
Brand cinesi come Anta e Li Ning rappresentano un numero sempre crescente di giocatori NBA come endorser, Klay Thompson, CJ McCollum, Gordon Hayward, Austin Reaves, Dwyane Wade e per ultimo Kyrie Irving, scaricato da Nike nel 2022, sono atleti di punta dei marchi.
Non è la prima volta che la NBA e alcuni dei suoi giocatori più rappresentativi vengono chiamati in causa per la questione Xinjiang e Uiguri. Tra 2021 e 2022 l’ex NBA Enes Kanter Freedom aveva chiesto ai vertici della lega, a LeBron James e al fondatore di Nike Phil Knight di prendere coscienza della repressione degli Uiguri in Cina e della realtà dei campi di lavoro forzato, e di agire. Freedom aveva deposto sul tema al Congresso USA a luglio, spiegando come la NBPA “avesse fatto pressioni per impedirgli di criticare il mancato rispetto dei diritti umani in Cina“.
“I giocatori NBA non dovrebbero avallare di fatto un genocidio vestendo e rappresentando brand cinesi i cui prodotti sono realizzati sfruttando i campi di lavoro forzato“, così nella lettera il deputato Chris Smith e il senatore Jeff Merkley, rappresentati per il New Jersey e presidente e vice presidente della parlamentare.