Nella città degli angeli, ogni mattina è un giorno  nuovo per alimentare uno sport, che ha trovato la sua sorgente nella rivalità cestistica tra le due franchigie più importanti: Lakers e Clippers. La storia la conosciamo tutti, più o meno. I Lakers l’hanno costruita in lungo e in largo, dominando alcune delle ere. Sponda Clippers, invece, la situazione è alquanto diversa, lo è sempre stata. Rimpianti, delusioni, fallimenti, occasioni svanite sono elementi che hanno circondato una franchigia in continua evoluzione, alla ricerca costante di un plus ultra che ancora sfugge. Abbiamo lasciato i Clippers con l’amaro e il dolce in bocca. Il dolce l’abbiamo gustato e assaporato durante l’immensa e titanica sfida contro i campioni uscenti, gli Spurs. L’amaro è giunto come ultimo pasto di una portata eccezionale, contaminando un intero banchetto.  L’amaro aveva il nome degli Houston Rockets.

Nonostante tutto, durante l’estate, i Clippers sono ripartiti forte, calamitando tutta l’attenzione di un’intera lega. Da il caso DeAndre Jordan ai colpi Pierce, Stephenson e Smith, lo show è stato degno di una produzione hollywoodiana.  Adesso, più che mai, la squadra debole di Los Angeles, mediaticamente parlando,  sembra pronta a raccogliere la sua rivincita. Il roster allestito quest’anno, a furor di popolo, appare il più completo di sempre, con un quintetto solido e una panchina lunga e talentuosa, ma anche piena zeppa di teste calde, tra cui spicca quella di “Born Ready” Stephenson.

La guardia, nata a Brooklin nel 1990, sembra aver smarrito quelle sue doti che lo avevano fatto esplodere negli anni a Indianapolis. L’ultimo anno a Charlotte è stato disastroso e ha fatto emergere tutte le lacune, che solo un contesto solido come quello dei Pacers era riuscito a contenere in parte. Perché è innegabile la classe e la capacità dell’ex Hornets di giocare a basket, di spaccare una partita e di arrotondare i numeri di ogni casella, dai punti, ai rimbalzi, agli assist. Giocatore completo, ottimo in entrambi le parti del campo, ma con una mentalità abbastanza egocentrica che mal si sposa, a volte, con i compagni o la dirigenza. Sta a coach Rivers inserire una scintilla come Stephenson, che se nutrita nel modo giusto, può diventare una fiamma dalle immani dimensioni.

C’è ancora un vuoto, una casella mancante nel quintetto ideale di partenza che ha in mente Rivers. Un vuoto che risiede nel ruolo di SF. Nelle ultime dichiarazione il coach ha sostenuto che quella posizione, all’inizio, dovrebbe essere presa dal meno atteso del mercato, Wesley Johnson. Rivers, da quanto afferma  Dan Woike, ha in mente di far partire dalla panchina Pierce e Stephenson. Il primo porterà sicuramente l’esperienza, che a volte è mancata, il secondo quella verve che il solo Paul è in grado di creare. Lance, grazie alla sua versatilità, sarà in grado di ricoprire vari ruoli e, se sarà necessario, anche di far rifiatare il play titolare.

La nuova regular season segna l’anno X per i Clippers, ma anche per Lance Stephenson, nella consapevolezza, che alla sua età e con quelle mani, l’occasione e grande e ghiotta e non può sfuggire, ancora una volta.

Pern NBA Passion,

Gabriele Timpanaro (@GabrielsanTimpa).

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