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Chiamarsi MVP presenta Falling Stars: Caron Butler

di William Cerrone

Capitolo V: Caron Butler

Ci sono delle volte in cui il buio cerca di inghiottire le stelle, quasi per invidia del loro splendore. Periodi difficili, scelte sbagliate, strade sterrate, porte chiuse. A volte persino le sbarre gelide di una prigione. E’ in quei momenti che ci si accorge di quanto il buio possa fare male, ed è in quei momenti che l’essere umano arriva a provare un sentimento che è tanto nobile quanto potente: la voglia di rivalsa. E’ una voglia che diventa volontà in un attimo, si accende come una supernova, più aumenta più diventa incandescente, dal buio scoppia una luce destinata a durare nel tempo e che difficilmente tornerà a spegnersi. La storia di Caron Butler è surreale, quasi un rompicapo, è la sceneggiatura di un film che diventa realtà, è il Montecristo di Dumas riscritto sulla pelle di un afroamericano del Wisconsin: le parole del romanzo corrispondono alle cicatrici sul suo corpo.

Non c’è niente di più vero.

Le Origini

Caron Butler nasce a Racine, una bella cittadina sul lago Michigan, famosa per l’invenzione dell’asciugacapelli e per essere il centro che ospita più danesi negli States, di origine scandinava sono anche i tipici dolci locali, i Kringles, che Obama adora assaggiare quando ha conferenze a Milwaukee. Ma alla fine degli anni ’90 Racine soffre un’alta incidenza di delinquenza, riportata alla normalità solo dopo il 2009. I ghetti della città in quel tempo diventano una fucina di delinquenti che controllano il transito di droga da Chicago a Milwaukee; a volte sono divisi in bande rivali e quando i rapporti si incrinano la situazione degenera in risse e sparatorie in cui i ragazzi della zona si ammazzano tra loro indossando le maschere di Jason Vorhees. In questo inferno Caron Butler è spesso da solo, sua mamma deve fare due lavori per mantenerlo e durante la giornata non è a casa. A Racine o eviti la strada stando a casa, o è la strada a diventare casa tua. Così, tra un gioco e l’altro, un saluto e l’altro, uno scherzo e l’altro, Caron si ritrova a vendere droga a 11 anni.

Un’adolescenza difficile

Diventa un “Paper Boy” senza nemmeno rendersene conto: affidare lo spaccio ad un ragazzino che consegna giornali (come copertura) è uno dei modi dei clan per avere la roba in strada senza coinvolgere visi noti alle forze dell’ordine. Il problema è che la polizia ha schedato i consumatori per beccare gli spacciatori e Caron si ritrova più volte le manette ai polsi. In dipartimento contano 15 arresti in poco meno di 4 anni. Ormai vive sempre con la paura, gira costantemente armato. Al suo ultimo arresto, avvenuto al secondo anno di liceo, la polizia trova un sacchetto di cocaina, una pistola e 1.200 dollari in contanti nel suo armadietto. La condanna, in questo caso, risulterà diversa dalle passate: Caron deve scontare diciotto mesi in prigione. Sua madre è distrutta, il dolore che traspare dai suoi occhi nel momento in cui viene portato via dalla polizia è lancinante.

Caron Butler da adolescente

Il Carcere: il Primo Passo Per La Redenzione

A volte però servono scossoni del genere per tirare il meglio dal cuore di un ragazzo. A volte è il dolore che plasma l’animo umano e lo rende migliore. Durante i primi mesi della detenzione Butler resta coinvolto in una rissa, ne conseguono 15 giorni di isolamento, 23 ore al giorno da solo in una cella di 4 mq con un letto d’acciaio. E’ una vita impossibile, Caron legge i versi della Bibbia che gli invia sua nonna, “Dio ti pone davanti delle cose per un motivo”: il caso vuole che dalla minuscola apertura della cella di isolamento si vedesse un campo da basket, così Butler passa gran parte del suo tempo a guardare le partite dei detenuti e una volta finito, comincia a giocarci lui. “That was my ticket out”, Butler capisce che quella è la sua strada. Scontata la pena, una volta libero, giura alla mamma che quella sarà l’ultima volta che vedrà un penitenziario.

Così cambia casa, cambia vita, adesso ha anche una bimba a cui badare , nata quando era in prigione. Ma i fantasmi del passato a volte ritornano. Una sera, il suo vecchio amico, Andre King, torna per parlargli di un affare al parco da concludere quella stessa notte, uno scambio di stupefacenti che gli avrebbe fruttato migliaia di dollari in pochi minuti. Butler ripensa all’isolamento, alle lacrime di sua madre e agli occhi della sua bimba e rifiuta, ormai è cambiato. L’amico allora lo saluta e si dirige al parco per il colpo. Due ore dopo Caron Butler apprende che Andre King è morto in una sparatoria, proprio durante lo scambio a cui avrebbe dovuto prendere parte anche lui.

Il Nuovo Caron Butler

E’ un altro segno del destino. Non può fare a meno di pensare che se fosse andato con King probabilmente sarebbe morto con lui. Ma forse è proprio questa la verità: il vecchio Caron Butler è morto con Andre King. Il ragazzo uscito dal penitenziario di Ethan Allen adesso è diverso. Finisce il liceo con buone medie scolastiche e soprattutto mostra tutta la sua bravura in campo con la squadra di basket; inizia poi a lavorare in uno dei fast food di Burger King per mettere da parte i soldi per il college (nel caso in cui non arrivi la chiamata per una borsa di studio) e provvedere a sua figlia. Friggere patatine e servirle ai suoi vecchi amici è una cosa che fa sorridere molti della sua vecchia banda, ma cucinando in un fast food non ha più bisogno di guardarsi le spalle. Eppure i fantasmi del passato continuano a tormentarlo, arrivano come quelli di Scrooge, uno dopo l’altro.

Butler tra i banchi di scuola

L’Ultima Grande Paura

E’ un pomeriggio del Gennaio del 1998, il dipartimento della polizia di Racine, nella persona di Richard Geller, organizza un raid antidroga nella città. Come scritto in precedenza, nella metà degli anni ’90 i crimini legati agli stupefacenti erano tantissimi, Racine era la prima città dello stato in questa triste lista. I raid erano quasi all’ordine del giorno e quella era la volta della casa dei Butler.

Geller sapeva del passato di Caron, quindi affronta la situazione con la massima attenzione. L’assalto comincia, la polizia sfonda la porta e comincia a cercare la droga in ogni angolo della casa. Butler è solo a casa, sua madre era andata in farmacia a comprargli delle medicine perché aveva la febbre. Il ragazzo implora Geller di fermarsi, ripetendo che ne era venuto fuori ormai. Purtroppo però alcuni agenti della squadra di Geller trovano l’equivalente di 1.400 dollari di crack nel suo garage. La situazione precipita, a Caron vengono messe le manette, gli agenti lo tengono spalle al muro. Geller si avvicina a un palmo dal viso di Caron. “Ragazzo, dimmi la verità, cosa ci fa questa roba in casa tua se dici di esserne fuori?” Caron risponde che non ne sa nulla e che adesso non gli interessa più quella strada, ha una bambina, ha un lavoro e non ha bisogno di continuare a rischiare la vita per vendere droga. I suoi occhi sono pieni di lacrime, le scottature sulle sue mani dimostrano quanto tempo passi in friggitoria e in tutta la casa vengono trovati appena 10 dollari. La decisione di Geller cambierà per sempre la sua vita, un suo possibile arresto infatti, visti i suoi precedenti, avrebbe comportato almeno 10 anni di galera. Geller lo sa bene, e decide di dare un’ultima possibilità a Caron: “Adesso voglio fidarmi di te, ma devi promettermi che non tornerai mai più a trattare quella roba, perché in tal caso aggiungerò anche questi mille dollari di crack alla lista”. Un poliziotto bianco dà fiducia ad un ragazzo afroamericano con 15 arresti alle spalle e 1.400 dollari di crack da giustificare. E’ una storia incredibile che entrambi racconteranno negli anni a venire.

Il Riscatto

Con la grande paura alle spalle, Butler diventa ancora più determinato nel seguire la sua strada. Ormai è in missione. Nello stesso anno prende parte allo “Spiece Run ‘N Slam AAU Tournament” organizzato dall’Università di Purdue. Vince il premio di MVP del torneo, nonostante la presenza di altri giocatori importanti già a quel tempo, come Dwayne Wade, Corey Maggette, Quentin Richardson e Darius Miles.

Il ragazzo di Racine è cambiato, adesso deve rimettersi in pista per spiccare il volo. Ha bisogno di frequentare una scuola privata per mettere a posto gli anni persi, è l’unico modo per ricevere una borsa di studio. Ha bisogno di 5.000 dollari prima dell’estate, e purtroppo né il suo lavoro né sua madre possono darglieli. Così entra in gioco James “J-Fee” Harris, il capo dello spaccio di Racine al tempo. Caron riceve raccomandazioni persino da lui “Ragazzo prendi i soldi ma promettimi che non metterai più piede in strada. I soldi me li ridarai solo quando li avrai guadagnati onestamente, senza obblighi”.

Butler così frequenta l’istituto MCI nel Maine durante l’estate, rendendo accettabile il suo curriculum per gli scout universitari. Il telefono comincia a squillare, ci sono almeno quattro Università che gli offrono una borsa di studio, ma è solo un allenatore su quattro ad arrivare in auto fino a Racine per convincerlo. E’ Jim Calhoun, il coach dell’Università del Connecticut.

La simbiosi con Coach Calhoun e gli anni a UConn

I due passano una giornata insieme, Jim conosce mamma Mattie, fanno un giro al parco e mangiano al fast food dove ancora lavora Caron. E’ nel momento dei saluti che il coach finalmente gli dice quello che  voleva sentirsi dire da una vita intera: “Voglio che tu sappia che la mia intenzione non è solo quella di farti diventare il miglior giocatore possibile ma intendo anche farti diventare il miglior Caron Butler possibile. Sono parole che commuovono il ragazzo. Teoricamente nei recruitments sono i coach che convincono i ragazzi perché hanno bisogno di loro in squadra, nel suo caso invece aveva più bisogno lui di Jim Calhoun a livello personale, decisamente più di quanto il coach potesse averne di lui sportivamente parlando. Negli anni di Connecticut Caron s’impegna al massimo, mette in pratica tutto quello che Jim gli suggerisce, sviluppa un’etica di lavoro incredibile. Perde 7 kg in un anno e migliora il suo gioco dal perimetro arrivando a segnare oltre 20 punti di media conditi anche da 7 rimbalzi. Ormai è pronto per il grande salto, si dichiara eleggibile per il Draft NBA del 2002.

Caron Butler con Jim Calhoun

Finalmente in NBA

Viene selezionato con la 10° scelta assoluta dai Miami Heat, con cui gioca due stagioni di grande solidità, facendo registrare 15 punti di media nel suo anno da rookie. Nel 2005 viene scambiato insieme a Odom e Grant per Shaquille O’Neal. Giocherà un solo anno ai Lakers che gli basta per entrare nel cuore di Kobe Bryant. Insieme condividono quell’etica di lavoro ossessiva, il continuo desiderio di migliorarsi, Caron per redimersi da un passato burrascoso, il Mamba per diventare uno dei migliori di sempre. Kobe definisce più volte Caron come uno dei suoi compagni di squadra preferiti in carriera, e curerà persino l’introduzione alla biografia che Butler scriverà nel 2010. La dirigenza dei Lakers, però, nonostante ottime cifre e il legame con Kobe lo scambia per Kwame Brown nel 2005. Così arriva a Washington, firmando un contratto da 46 milioni in 5 anni. Proprio con i Wizards Butler gioca il miglior basket della sua carriera, diventando All Star nel 2007 e nel 2008, arrivando a scollinare oltre i 20 di media nel 2008 e nel 2009. Ma è nel 2011 che raggiunge l’olimpo della NBA, vincendo il titolo con i Dallas Mavericks, anche se da infortunato. Proprio a Dallas comincerà a seguire i consigli finanziari di Mark Cuban su come costruire il suo futuro a carriera conclusa. Giocherà in seguito con, i Clippers, i Bucks, i Thunder, i Pistons e i Kings.

Butler All Star nel 2008 e Campione NBA nel 2011

Una Fiaba Da Raccontare

Oggi Caron Butler lavora come opinionista per una famosa TV americana, sta meditando di ritirarsi definitivamente, ma può farlo con tutta serenità. Ormai non ci sono più i fantasmi adolescenziali a tormentarlo. Ogni anno regala migliaia di vestiti e giocattoli ai bambini delle comunità di Racine. “Devi cercare sempre di fare del tuo meglio.” Afferma Butler. “Bisogna sempre essere positivi, mostrare ai ragazzi cosa è giusto fare cercando di non fargli ripetere i tuoi errori. Non sempre devi essere la persona che eri un tempo. Questo è il motivo per cui la chiamano maturità: le persone cambiano, crescono”. Sono le parole di chi ha acquisito la consapevolezza di una forza disarmante che gli ha permesso di arrivare più in alto di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare. Butler ha chiuso il cerchio diventando proprietario unico di sei fast food della catena Burger King, tra cui lo stesso in cui ha lavorato una volta uscito di prigione. I suoi amici d’infanzia e membri della sua banda sono tutti morti, tranne J-Fee Harris che è in prigione, ma sa che i suoi 5000 dollari sono stati ben spesi e quando avrà scontato la pena Caron gliene tornerà indietro almeno il doppio. Col tempo è diventato un amico fidato di Richard Geller, il poliziotto che gli ha salvato la vita, e di suo figlio Sawyer che ha visto ogni partita che Butler ha giocato a Milwaukee indossando la sua canotta: “ Il bene che è scaturito da quella seconda possibilità ha giovato a questa comunità molto di più di quanto avrebbe fatto un eventuale arresto di Caron.” Ha dichiarato Geller.“C’è un detto in giro, una volta delinquente rimani sempre delinquente. Non è vero, è la vita che me l’ha insegnato. A volte il perdono serve più di una punizione”.

Sembra il finale di una classica fiaba natalizia, eppure è tutto reale, scritto lì, tra una cicatrice e l’altra, sulla pelle di un afroamericano del Wisconsin.

Il detective Richard Geller assiste ad una partita con sua moglie e suo figlio che indossa la maglia di Butler

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