Home NBA, National Basketball AssociationNBA TeamsDallas Mavericks NBA, Jalen Brunson parla dei Mavs: “Avrei preferito le cose andassero diversamente”

NBA, Jalen Brunson parla dei Mavs: “Avrei preferito le cose andassero diversamente”

di Carmen Apadula

I New York Knicks, lo scorso anno, hanno acquisito un giocatore con il temperamento perfetto per il mercato della Grande Mela, e che sembra proprio essere uno dei migliori della lega in base al suo ruolo in campo.

Durante il suo primo anno con i Knicks, dopo aver firmato un contratto da 104 milioni di dollari in 4 anni, Jalen Brunson ha fatto un miglioramento che non tutti avevano previsto, arrivando ad avere una media di 23.8 punti, 6.2 assist e 0.9 palle rubate a partita, il tutto accompagnato da un ottimo 41.1% per le triple.

Con Brunson come playmaker, New York possiede un record di 42 vittorie e 33 sconfitte, buono per la quinta posizione nella classifica della Eastern Conference.

All’inizio dell’attuale stagione NBA, Kevin Durant e Kyrie Irving erano i rappresentanti principali del basket della Grande Mela. Ma, con la partenza di entrambi verso la Western Conference, Brunson ha preso New York sulle spalle. Proprio il giocatore più inaspettato.

“Sandra e Rick Brunson mi hanno educato a essere sempre un leader” sostiene lui. “Mi hanno sempre insegnato a finire ciò che avevo iniziato. Mi hanno sempre inculcato la mentalità di non tirarmi indietro di fronte alle sfide, e di farmi avanti. Quando bisogna affrontare avversità, i miei genitori mi hanno sempre aiutato a mantenermi in forma mentalmente. Mi hanno cresciuto così e questo si vede anche sul campo da basket”.

Ai Knicks non restano che 7 partite di regular season, prima dell’inizio dei playoffs. Brunson dice che è troppo presto per tirare le somme e dire qualcosa sul suo andamento durante questa stagione. Ma ci ha provato.

“Sapevo di avere l’opportunità di arrivare dove sono ora, ma è successo tutto molto in fretta” confessa Brunson. “Pensavo che avessimo una buona possibilità di fare qualcosa di speciale, e lo stiamo facendo. Personalmente, il mio obiettivo è sempre stato quello di essere un All-Star, ma non permetterei mai che i miei obiettivi individuali prevalgano su quelli di squadra. Io voglio vincere. E, se sto aiutando la mia squadra a farlo, tutti i premi individuali verranno al secondo posto”.

Queste ottime statistiche hanno portato subito Brunson ad essere inserito tra i candidati per il premio di Most Improved Player Of The Year, il che è davvero assurdo se si pensa a tutte le critiche che il giocatore ha ricevuto quando ha abbandonato i Dallas Mavericks.

In tanti hanno dichiarato che i Knicks gli avevano offerto troppi soldi per essere soltanto un playmaker di medio livello. E, considerando che il team nello stesso periodo ha assunto anche suo padre come assistente allenatore, circa un mese prima della free agency (cosa che ha portato a delle indagini e alla conseguente perdita di una seconda scelta al Draft 2025, con l’accusa di aver iniziato a commerciare prima della data in cui fosse consentito), in tanti hanno dichiarato che prendere Brunson Jr. era stata una scelta sbagliata. 

Le critiche principali che sono state rivolte al 26enne dicono che non è un grande atleta, e neanche uno dei più veloci nel backcourt. Motivo per cui è stato preso dai Mavericks solo al secondo giro del Draft 2018. 

La guardia si è distinta per intelligenza cestistica, per la sua capacità nella deviazione degli angoli, per l’ottimo uso del suo corpo per raggiungere tutti i punti del campo, per il suo passo fulmineo e anche un ottimo palleggio, che devia i difensori. Ma queste sue capacità sono state menzionate raramente.

“È stato così per tutta la mia carriera” ha detto il playmaker in un’intervista per Bleacher Report. “Fin da quando ho messo piede al liceo. Mi dicevano sempre: ‘Sì, Jalen è bravo, ma non è quello che cerchiamo’. Non ho mai ottenuto i dovuti riconoscimenti finché non ho realizzato qualcosa. È molto ripetitivo, ma so a cosa vado incontro. Dimostrare che le persone si sbagliano non è ciò che mi fa andare avanti. Purtroppo, è un qualcosa che devo affrontare per forza”.

Ma, a prescindere dagli ostacoli, dalle critiche o dalle mancanze di rispetto, Brunson non si lascia turbare.

“È impossibile non sentire le critiche” dichiara. “Ma faccio del mio meglio per non lasciarmi influenzare da tutto questo, perché so di avere la capacità di dimostrare che le persone si sbagliano. È così che sono sempre stato. È così che mi hanno cresciuto i miei genitori. Non si può sempre ascoltare ciò che dice la gente”.

E il chiedersi che cosa Brunson meriti o non meriti è una cosa che va avanti da prima che il giocatore sbarcasse a New York. E’ una questione emersa anche a Dallas, che alla fine ha portato alla sua partenza.

Prima della stagione 2021/22, Brunson aveva diritto ad un’estensione di 55.5 milioni di dollari in 4 anni. Si trattava di un’offerta che lui avrebbe accettato se i Mavs gliel’avessero sottoposta, tanto che i suoi rappresentanti hanno cercato di concludere un accordo con il team, che però ha opposto resistenza.

Brunson aveva iniziato a consolidarsi come il secondo miglior giocatore della squadra, il secondo violino di Luka Dončić. E, dopo la trade deadline della scorsa stagione, Dallas aveva contattato Brunson per proporgli la stessa estensione che Dorian Finney-Smith aveva appena firmato. A quel punto, era chiaro che il valore della guardia nella free agency sarebbe stato esponenzialmente maggiore se fosse stato messo sul mercato.

Brunson ricorda molto bene come si è svolta la questione.

“Ci sono state due volte in cui pensavo che avessi potuto ottenere qualche offerta ma poi, verso dicembre o gennaio, hanno girato la faccia dall’altra parte” racconta. “Avevano tutto il diritto di farlo. Non li biasimo per le loro decisioni commerciali. È una loro responsabilità. Non posso dire nulla di male su Dallas, ma ovviamente avrei voluto che le cose fossero andate diversamente”.

Ma se tornasse indietro, sceglierebbe di giocare da un’altra parte? A detta sua no. 

“Rispetto molto il team” dichiara senza problemi. “Mi hanno portato in questa lega e hanno dato il via alla mia carriera. I miei 4 anni a Dallas sono stati speciali. Quando sono stato scelto, volevo restare lì per un periodo molto lungo. Amavo davvero quel posto. Poi, con l’avanzare del tempo, sono migliorato e ho avuto l’opportunità di mettere più in mostra il mio gioco. È stato fantastico. L’organizzazione e l’intera città di Dallas resteranno speciali per me e per la mia famiglia”.

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