La fiducia che aleggia attorno al Grande Lago Salato sta toccando il picco dell’intera stagione con ben 9 vittorie consecutive, gli Utah Jazz galleggiano tra alti e bassi durante questa regular season. Dopo essere stati investiti dal tornado Gordon Hayward, il 4 luglio, i cuori dei Mormoni si frantumano e così anche le speranze di una review del vecchio “Stockton to Malone” reinterpretata in chiave moderna, con l’aggiunta di un francese nominato miglior centro difensivo dell’anno (Rudy Gobert).
Novembre porta invece sorrisi a Salt Lake City. La dirigenza Jazz, infatti, riscrive immediatamente la parola futuro nel progetto, scoprendo un talento soprannominato Spida, che senza il consiglio di Chris Paul non avremo mai avuto l’onore di vedere su un qualsiasi parquet NBA. Lo steal of the draft arriva alla corte di coach Quin Snyder e in contemporanea i tifosi trovano il giusto movente per andare a vedere il loro team al Vivint Smart Home Arena.
Nonostante ciò, il roster de gli Utah Jazz risulta essere poco affiatato e i giocatori poco compatibili per le loro caratteristiche di gioco. Il record di 16 vittorie e 21 sconfitte alla fine dell’anno 2017 ne è un’inconfutabile prova. Derrick Favors e Rudy Gobert si pestano i piedi a vicenda ed è molto probabile che il primo debba fare le valigie entro l’8 di febbraio. All’emergere del prospetto Donovan Mitchell si sta contrapponendo lo scorer principale della franchigia Rodney Hood, che tocca medie da quasi 17 punti a partita. Se il rookie, guidato dall’entusiasmo e dalla fiducia posta nella sua giovinezza, crescendo di match in match, è apprezzato tantissimo all’interno dello spogliatoio, non si può dire lo stesso per il 25enne proveniente da Duke. Quest’ultimo, così, disagiato dall’ambiente che lo attornia, non si preserva da dichiarazioni scomode su una sua possibile partenza.
Neanche Ricky Rubio sembra aver trovato la forma giusta. Le sue prestazioni altalenanti sono l’emblema di una sinergia mai acquisita con Gobert e Favors. Eppure, alcuni sprazzi di coinvolgenti prestazioni da top five team della Western Conference fanno ben sperare in una crescita progressiva, ma non in un ottavo posto, chimera nella giungla dell’ovest. Il record deve essere necessariamente positivo per aspirare a grandi traguardi ed è dura sostenere ritmi elevati per il resto della stagione. Occorre che il GM degli Utah Jazz Dennis Lindsey e il coach Quin Snyder adoperino dei cambiamenti nel progetto. Si deve invertire rotta e dare un’identità reale ad un team che ha solamente bisogno di motivazioni per poter esplodere.
Circolazione di palla e buone spaziature sono termini che gli Utah Jazz conoscono molto bene. Quando li applicano diventano letali.
Da metà gennaio, quindi, comincia a intravedersi un basket diverso a Salt Lake City. Gobert e Favors sembrano poter coesistere. Gli schemi offensivi di Quin Snyder si erano rivelati poco proficui fino a questo momento e il più delle volte il portatore di palla, Rubio, doveva affidare il pallone nelle mani di Donovan Mitchell o Rodney Hood affinché l’azione si potesse concretizzare con un canestro. Adesso, invece, i giocatori sembrano volersi venire incontro e la circolazione del pallone diventa molto più intensa azione per azione.
Così Utah nelle ultime 15 uscite Utah cattura il 54.3% dei rimbalzi totali (secondi in tutta la NBA), segna il 40.6% dei tiri oltre l’arco (primi nella lega), e il 48.8% dei tiri da 2 punti (terzi overall). I motivi sono da riesumare nella riscoperta compatibilità del trio Rubio-Gobert-Favors, in un Ingles eccellente su quasi tutte le letture di gioco a conferma della sua intelligenza cestistica, in un Mitchell incontenibile e decisivo nelle situazioni delicate dei match.
Infine la panchina. Sefolosha, oltre che uno splendido difensore, se chiamato in causa dopo lunghe rotazioni di palla, sa come pungere dalla lunga distanza. O’Neale (who is?) vede il campo per 6 minuti a partita nei primi 20 match di questa stagione. Da gennaio, Snyder gli concede più minutaggio e la fiducia viene ripagata. Sentiremo parlare sempre più spesso di questo undrafted. Anche Neto, Burks e Jerebko appaiono più sereni e distesi nel concretizzare i possessi, frutto di feeling all’interno di uno spogliatoio unito più che mai. La trasformazione di Utah non è completa: vi sono delle vittime da sacrificare nel percorso di crescita.
Il primo indiziato a fare le valigie in casa Utah Jazz era lui.
Colui che viene immolato è proprio una delle principali armi offensive di Snyder, che, tuttavia, sembra non essere uno dei protagonisti nel contesto appena descritto. Hood può convivere in un sistema come Utah, ma nel contempo può essere una mina incandescente. Se scoppia, l’intera piramide che sta cercando di erigere l’ex assistant coach dei LAL rischia di crollare immediatamente, per la fragilità delle mura con cui è stata eretta. Donovan e Rodney non possono crescere nello stesso ambiente. Se uno dei due incrementa i possessi giocati, l’altro ne risente negativamente. Tale fenomeno capita in parecchi dei match disputati da Utah. Così, la guardia che stava vedendo la sua miglior stagione dal punto di vista realizzativo saluta tutti e vola in Ohio.
Sono Derrick Rose e Jae Crowder a prendere il suo posto. Il primo viene immediatamente tagliato. Crowder è invece un ottimo difensore e un role player puro. La prima metà di stagione a Cleveland non è stata delle migliori, ma un qualunque appassionato del basket oltreoceano sa bene di cosa è capace se inserito in un contesto altruista con regole ben definite di circolazione del pallone. E Utah attualmente sta dimostrando di avere tutte le carte in regola per essere l’ambiente migliore per il giocatore from Marquette.
3 dei 15 punti messi a segno nella prima uscita di Jae Crowder con i suoi nuovi Utah Jazz.
La striscia di vittorie consecutive verrà prima o poi fermata, ma al momento i Jazz volano entusiasmandosi come nessun’altro team della Lega. Se i Playoff ad inizio stagione sembravano un miraggio, adesso sono ad un passo. Utah, infatti, tocca finalmente un record del 50% di vittorie dopo l’ultima di questa notte in Oregon, al Moda Center. Sono la decima corazzata ad Ovest e scrutano l’ottavo posto a due vittorie di distanza. Clippers, Pelicans, Nuggets e Trail Blazers sono le 4 franchigie che si posizionano davanti a loro in classifica. Nessuna di queste sembra più forte, nessuna di queste gioca meglio del team di Snyder. L’head coach sta finalmente scorgendo i risultati della scorrevole e luculliana pallacanestro che ha provato ad esprimere sin dall’inizio del suo progetto. Gli insegnamenti ricevuti da Mike Brown e da Ettore Messina cominciano finalmente a manifestarsi sulla sponda a nord-ovest del Great Salt Lake.
Giro palla e contropiede made in Utah Jazz.