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Super Bowl LV preview: Bay, watch!

di Olivio Daniele Maggio
Super Bowl LV preview

 A cura di Daniele Maggio e Luigi Ercolani

Che il Super Bowl LV sia un Super Bowl particolare, diverso dai soliti ultimi grandi atti, è un fatto concreto, come andremo ad analizzare nella consueta preview di avvicinamento che arriva ogni anno puntuale. Già, perchè la finale del campionato NFL si disputerà nel bel mezzo di una pandemia, e la seguiranno da vicino circa 22000 persone, di cui 7500 saranno operatori sanitari vaccinati contro il Covid-19, ha riportato ESPN.  Sostanzialmente un terzo della capienza totale del Raymond James Stadium di Tampa, che può arrivare ad ospitare 65000 tifosi.  Niente allegre e colorate ammucchiate, vigerà l’obbligo di mascherina e il distanziamento sociale. Si potrà dunque sostenere la propria squadra e e festeggiare, ma in maniera pù sobria, per i noti motivi di sicurezza.

A proposito del Raymond James Stadium, sarà in assoluto la prima volta che il Super Bowl verrà disputato nello casa di una squadra che prenderà parte alla partitissima. Infatti la struttura ospita le partite dei Tampa Bay Buccaneers, una delle finaliste, che affronteranno i Kansas City Chiefs campioni uscenti. Rimanendo nell’ambito delle prime volte, nel team arbitrale, ci sarà una donna, Sarah Thomas: 47 anni, originaria di Pascagoula (Missisipi), svolgerà il ruolo di down judge. Una svolta, vera e propria.

E non può mancare ovviamente il classico cliché che ci ritroviamo spesso in ambito sportivo e non, ossia lo scontro generazionale. Da una parte il totem Tom Brady, 43 anni, che dopo aver lasciato i New England Patriots ha portato al Super Bowl una squadra che ha partecipato l’ultima volta ai playoffs nel 2007: il suo obiettivo è lasciare ancora una volta il segno, calcificare il suo nome nell’Olimpo del football, regalando il Vince Lombardy Trophy ai Buccaneers per la seconda volta (la prima fu nel 2003).  Dall’altra c’è Patrick Mahomes, protagonista nello scorso Super Bowl vinto dai suoi Chiefs e legettimato dal titolo di MVP della contesa, pronto a raccoglierne il testimone. Sarebbe un repeat storico, per lui e il suo team. Ma non dilunghiamoci troppo  e andiamo ad analizzare le chiavi del Super Bowl LV.

Qui Tampa Bay

Super Bowl LV preview

Tom Brady.

Si può essere d’accordo o meno, ma potremmo dire che Tom Brady è una sorta di Re Mida che trasforma in oro tutto quello che tocca.  E  non a causa delle sue mani piene di anelli. Il nativo di San Mateo, al decimo Super Bowl in carriera, ha praticamente trasformato una franchigia, portando quella esperienza e cultura vincente che tanto servivano per fare lo step in più. E ha dato forma all’attacco dei Bucs, rendendolo una macchina macina-yard, soprattutto per quelle ottenute via passaggio: delle 1174 yard portate a casa in postseason, ben 829 sono quelle che si definiscono in gergo passing yard (il massimo nella classifica ad hoc).

La offensive line dunque sarà chiamata dunque a proteggerlo per permettergli di operare quanto meglio dalla tasca ed evitare così pericolosi blitz che potrebbero compromettere le operazioni dell’ex Patriots. Il football dei Buccaneers è propositivo e aggressivo, che tende alla continua ricerca dei ricevitori, anche in maniera rischiosa. Ritmo e verticalità fanno padroni in una manovra ‘ a trazione anteriore‘, condita da suggerimenti rapidi.  E i big play sono all’ordine del giorno, quei passaggi profondi e precisi per i vari Chris Godwin, Scotty Miller e compagnia cantante, abili con intelligenza a svariare su tutto il terreno alla ricerca di matchup favorevoli. Senza dimenticare il fedelissimo compagno di merende di Brady, che di mestiere fa il tight end, ossia Rob Gronkowski,che può venire utile nelle medio-brevi distanze e nel portare blocchi provvidenziali nel creare varchi per aiutare i compagni. La retroguardia dei Chiefs non può permettersi distrazioni.

I Buccaneers però non si limitano a far viaggiare il pallone per aria.  L’opzione corse è tutt’altro che trascurato, anche perchè Leonard Fournette è una freccia che può far male alle difese avversarie. Il running back classe 1995 si è dimostrato una garanzia in questi playoffs nei momenti in cui bisognava dare una spinta di imprevedibilità: in 3 gare ha raccolto 211 rushing yard in 44 tentativi e messo a segno 2 touchdown. Buona la sua prova nel Championship contro i Green Bay Packers, dove si è fatto trovare sempre pronto e ha conquistato una meta di forza e prepotenza nel secondo periodo di gioco.

Difesa. L’assetto di base è una 3-4, che però a seconda della situazione si può mostrare duttile. La parola d’ordine da associare in questo frangente è pressione: la linea difensiva infatti tende a far collassare la tasca e a mettere in difficoltà il quarterback nell’eseguire dei passaggi, circostanza che dovrà verificarsi spesso per fermare l’inventiva di Mahomes. O per fermarlo nel vero senso della parola con un proverbiale sack. A tal proposito in questa offseason i Buccaneers hanno eseguito ben 7 sack, più di tutti, di cui 5 recapitati al solo Aaron Rodgers nella sfida coi Packers.  A recitare un ruolo da protagonista potrebbe essere il defensive end Ndamukong Suh, assieme al defensive tackle Vita Vea, anche per fungere da bloccanti e favorire le iniziative dei linebacker, in particolare di Shaquil Barrett, che spesso spunta dal nulla andando a mettere i bastoni fra le ruote. Un occhio di riguardo dovrà averlo la secondaria, che ha fatto di recente dei progressi ma che potrebbe soffrire le folate di Kansas City, il cui attacco è ricco di soluzioni.

Qui Kansas City

Super Bowl LV preview

Patrick Mahomes.

Quindi Patrick Mahomes, per il secondo anno consecutivo, per il secondo Super Bowl di fila. A soli venticinque anni, al suo quarto nella NFL, il fosforo dei Chiefs ha trascinato il proprio team a una doppietta di presenze al Gran Ballo difficilmente ripetibili da chiunque che non si chiami Tom Brady. Che sarà, guarda caso, il suo avversario dall’altra parte: meno talentuoso, Brady, ma con una leadership tremendamente efficace.
Mahomes è il futuro in termini di focalizzazione, e se effettivamente lo sarà prendendo il testimone direttamente da Brady non si potrà che parlare di passaggio di consegne. Come tecnica, su di lui i puristi hanno (e hanno avuto) sempre da dire: lanci fuori equilibrio, caricamento e rilascio non ortodossi, footwork spesso giudicato come scadente. Eppure… eppure Mahomes è ancora lì. E c’è perché è stato in grado di trasformare la sua non canonicità in forza: ha giocato a football, pallacanestro e baseball, lo sport del padre (che era stato lanciatore in MLB).

In merito, il ragazzo un anno fa ha dichiarato che crede che la pratica delle due altre discipline sportive abbia migliorato la sua tenuta e le sue abilità sul gridiron. C’è da credergli, e torna in mente José Mourinho quando diceva che chi sa solo di calcio non sa niente di calcio. Vale anche per Mahomes che ha un braccio, una mobilità, una lettura della difesa, una creatività, un’intuizione di improvvisazione che sono una miscela che lo rende letale.

Una manna per Andy Reid, che i suoi Chiefs li guida in maniera sicura, senza sbandamenti, e ha costruito un playbook variegato e flessibile capace di sfruttare in maniera puntale le caratteristiche dei singoli elementi. Tra queste la velocità dei due wide receiver, Mecole Hardman e, soprattutto, Tyreke Hill, sgusciante e dotato di un formidabile cambio di passo. Usato per le tracce profonde, come slot o… come esca, il prodotto di Oklahoma State in stagione regolare ha raggiunto il suo record di touchdown, e resta una risorsa preziosa, specie quando, insieme al collega, può allargare il campo.
La vera arma impropria a disposizione dei Chiefs è, però, il tight end Travis Kelce. Secondo in graduatoria complessiva per yard ricevute, ha lasciato da parte le intemperanze in campo ed è diventato un costante problema per linebacker e defensive back per le sue misure gronkowskiane (1.96 per 118 chili), molto difficili da contenere, ma anche per il suo contenimento, se si considera che il tight end, come ruolo, spesso è chiamato ad agire come aggiuntivo in linea offensiva.

Sulla difesa dei Chiefs, non essendo il reparto che fa brillare la squadra, possono essere fatte diverse considerazioni. Il defensive coordinator Steve Spagnuolo contro i Bills ha sciorinato un reparto cautamente aggressivo che potrebbe mettere non poco in difficoltà Brady e soci. Inoltre, lo stratega della retroguardia ha alternato la quantità di defensive back utilizzati, concedendo il lancio quel tanto che basta senza subire danni più del dovuto, grazie anche allo stratagemma di usare quattro grosse safety per eventualmente aiutare a proteggere anche sulla corsa.

Insomma, quello che rende pericolosi questi Chiefs è soprattutto la loro adattabilità, la capacità di modularsi in modo efficace. Una caratteristica che ricorda molto la Kansas City del passato, per la precisione quella del Super Bowl I allenata da Hank Stram. All’epoca i Chiefs trovarono l’ostacolo insuperabile rappresentato dai Packers di Vince Lombardi, le cui esecuzioni dei giochi toccavano la perfezione. Vedremo se anche i Buccaneers saranno in grado di rendersi impeccabili.

Super Bowl LV preview: che partita aspettarci?

In merito al Super Bowl LV, sui social si è letto di un confronto tra il più grande di sempre e il suo potenziale erede: probabile che né Mahomes né Brady in realtà potrà mai aspirare a esserlo, perché lo stesso quarterback dei Buccaneers, insieme a quell’Aaron Rodgers che Mahomes avrebbe potuto affrontare nel Super Bowl se i Packers non si fossero sciolti in difesa, hanno sempre indicato in Joe Montana il climax della professione di giocatore di football.
Meglio in ogni caso non scadere nel luogo comune che vede il quarterback come unico catalizzatore del football. Meglio non farlo perché poi capita di leggere, sui social, qualcuno che pensa che questo sport si traduca in un affidamento totale al proprio organizzatore di gioco. Per quanto la cinematografia hollywoodiana possa avere, in questo senso, offerto un’immagine distorta a un pubblico che il football non lo mastica sin dall’infanzia e quindi non ha modo di cogliere le sfumature, il quarterback in questa disciplina va considerato come la chiave che accende il motore, non il motore stesso.

Vale per Mahomes come per Brady, che giocherà davanti al pubblico di Tamba Bay, dunque il suo. Sempre tenendo buona la metafora, molto dell’esito del Super Bowl dipenderà dalla capacità dei due autisti, i coach, di trovare strade secondarie in cui l’avversario incespichi. Reid sembra avere le risorse umane più adatte al ruolo, ma il ‘quarterback whisperer‘ (dal nome del suo libro) Bruce Arians, da allievo di Bear Bryant, potrebbe avere in serbo qualche jolly, specie sul profondo.
Sarà, in ogni caso, come sempre uno spettacolo, pur se rallentato dalle contingenze attuali. Uno spettacolo come solo la NFL e un evento come il Super Bowl sanno offrire, che ormai non è più solo statunitense ma sta piano piano diventando globale. Se poi farà anche la storia del football americano con un passaggio di testimone, beh, lo scopriremo solo al termine. Fino ad allora, su gli occhi.

 

 

 

 

 

 

 

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