Il dominio
La stagione 2013\14 è eccellente per Golden State. Termina con il record di 51-31, più di 50 partite vinte come non succedeva dal 1994. Nei playoffs però escono al primo turno, perdendo 4-3 contro i Clippers. La dirigenza non è contenta, e nonostante i grandi risultati raggiunti decidono di fare lo step definitivo nella creazione della dinastia: il 6 maggio coach Jackson viene esonerato e il 15 maggio viene assunto Steve Kerr, alla sua prima esperienza come allenatore e reduce da un ottimo lavoro come GM dei Suns, dove aveva cercato, senza successo, di portare Curry (ve lo immaginate con Steve Nash?).
Inizia l’era Kerr. E anche qui, cerchiamo di riassumere il quinquennio successivo.
1°anno, 2014/15) Complice anche la fine di alcune grandi squadre (San Antonio e Miami su tutte), è come se ci fosse un vuoto di potere nella NBA. Curry e gli Warriors elevano ancor di più il loro gioco, limano alcuni dettagli e diventano una macchina da basket inarrestabile e bellissima. Il record dice 67-15, vanno ai playoffs da inaspettati favoriti. Curry viene premiato con il suo primo MVP in carriera e nella post-season, i pronostici vengono rispettati. In finale, ecco i Cavs del figliol prodigo LeBron, nella prima delle loro 4 Finals consecutive. Finisce 4-2 ed è gloria. Steph non vince il premio di MVP della Finals (e non ci riuscirà mai) che va, anche meritatamente, a Iguodala. Ma non è quello che importa. Il figlio di Dell, il bambino con il fisico gracilino ce l’ha fatta: è sulla cima del mondo.
2°anno, 2015/16) Fin dall’inizio dell’anno si sente che c’è qualcosa nell’aria. Gli Warriors si presentano ai nastri di partenza ancor più oliati dell’anno scorso. Personalmente, ricordo molto bene quell’anno. È come se tutti lo sapessero già ma nessuno si azzardava a dirlo ad alta voce. Il 13 aprile 2016, Golden State batte Memphis. Curry sfora le 400 triple in stagione, record assoluto. Ma ancor di più record assoluto è il 73-9 incredibile con cui Golden State finisce l’anno: miglior squadra della storia, “battuti” i Bulls di Jordan del 1995\96 (72-10). C’è anche un certo secondo premio di MVP, ma ci torneremo. Nota a margine: il 27 febbraio 2016 realizza 46 punti in una prestazione a dir poco incredibile contro OKC: è senza dubbio il giocatore più divertente della lega. La rincorsa di quel folle record è però un’arma a doppio taglio. Ai playoffs gli Warriors arrivano stanchi. Rimontano da un 1-3 proprio contro Oklahoma, contro Durant e Westbrook, in una serie a dir poco bellissima. E si fanno rimontare incredibilmente dopo essere stati sopra 3-1 in finale, ovviamente contro Cleveland, nella serie in cui il Re abbraccia il suo destino.
3°anno, 2016/17) “Se non puoi batterli, unisciti a loro”. Arriva Kevin Durant. E qui torniamo all’estate 2012, quando Golden State firma Curry a cifre alte per allora, irrisorie per quello che poi è diventato. Senza quel contratto, non avremmo mai potuto vedere la più grande squadra offensiva della storia del gioco. E non solo per i nomi che la squadra propone. È come giocano, così perfetti, così umili nell’accettare ognuno un ridimensionamento del proprio ruolo.
I playoffs sono una “passeggiata di salute”. Arrivano alle Finals con il record di 12-0, prima squadra di sempre a farlo. Ancora Cleveland, ancora LeBron, ma stavolta non può nulla: 4-1. Il secondo titolo per il nativo più giovane di Akron.
4°anno, 2017/2018) La stagione non è semplice come la precedente, soprattutto nella post-season. Anche perché Curry si fa male a marzo, al collaterale del ginocchio, e rientra solo al secondo turno dei playoffs contro New Orleans. Ma la grande paura arriva in finale di Conference, contro Houston, in una serie altalenante dove gli Warriors prima danno lo scarto più grande della loro storia in una partita di post-season, e poi vengono trascinati dai Rockets fino a gara-7, dove hanno la meglio.
Alle Finals c’è senza manco dirlo Cleveland, nella loro ultima versione prima dell’addio definitivo di James. Golden State passeggia, “sweepata” Cleveland, 4-0. MVP ancora a KD ma di nuovo, non è quello che conta, ciò che conta è che Steph è ora un 3 volte campione NBA.
5°anno, 2018/2019) L’ultimo anno della Dinastia. L’anno più turbolento di tutti, partendo dall’inizio, con il litigio Durant/Green a fare da eterno sfondo per tutta la stagione. E il finale è tra i peggiori e che tutti abbiamo imparato a conoscere. Prima l’infortunio al tendine d’Achille di Durant in gara 5. Poi l’infortunio al crociato anteriore di Thompson in gara 6. I Raptors figli degli Dèi del basket vincono il loro primo e storico anello. Curry si deve arrendere.
La Dinastia (per ora) finisce. Ma da quanto visto quest’anno, quello del 30 e della squadra della Baia sembra solo un arrivederci.