Home NBA, National Basketball AssociationApprofondimenti Nikola Jokic e la dura vita da MVP

Nikola Jokic e la dura vita da MVP

di Giacomo Brogi
nikola jokic

Iniziare la nuova stagione da MVP in carica e con tutte le pressioni addosso non è facile, in particolare se hai terminato la precedente non nel migliore dei modi. Infatti, nonostante la vittoria del premio più ambito da qualsiasi giocatore di basket insieme all’anello e dopo una stagione dominante sotto tutti i punti di vista, l’annata magica di Nikola Jokic si è chiusa in agrodolce, con lo sweep subito dai suoi Nuggets per mano dei Phoenix Suns nelle semifinali di conference dei recenti playoffs. Ricorderete tutti la clamorosa espulsione alla fine del terzo parziale di gioco in gara 4, con il lungo serbo autore di un brutta manata ai danni di Cameron Payne e poi di un acceso confronto verbale con Devin Booker.

Non è la prima volta che Jokic, quando è notevolmente frustrato e viene provocato dagli avversari, reagisce, perdendo la testa, con dei comportamenti sconclusionati. Una settimana fa, durante il match della Ball Arena contro i Miami Heat, il serbo ci ricasca, e, dopo una prestazione mostruosa fatta da una tripla doppia di 25 punti, 15 rimbalzi, 10 assist e 10/14 al tiro (!!), a due minuti dalla fine della partita e con il risultato ampiamente sotto controllo, colpisce rabbioso con una vistosa spinta Markieff Morris, dopo che quest’ultimo lo aveva fermato e provocato con un fallo per fermare la transizione offensiva di Denver, lasciando stupiti tutti e scatenando pressioni e polemiche su di lui. Quest’ultime naturalmente si sono scatenate anche sul web, facendo diventare lo scontro un vero e proprio caso mediatico, con addirittura i rispettivi fratelli chiamati in causa.

Eh si, perché, più del singolo episodio tra i due diretti interessati, a divenire virali sono stati i botta e risposta a suon di tweet tra i Morris e gli Jokic Brothers, i cui contenuti però tralasciamo, anche perché negli ultimi giorni se ne è discusso più che apertamente. Nikola si è naturalmente scusato per l’esagerata reazione, raccontando in una recente intervista come le emozioni e la rabbia abbiano preso il sopravvento in quel momento, e di essersi sentito per questo molto male. Subito dopo l’accaduto, dal mondo NBA sono arrivati pareri discordi. Infatti, se alcuni hanno definito ignobile il suo comportamento, considerandolo una grave macchia per la sua reputazione, e affermando che The Joker è ancora carente sotto quel punto di vista e ben lontano dai più grandi della storia della lega, altri invece sostengono che quello che è successo sia stato solamente un singolo, e che il gigante serbo, con il suo spirito trascinatore tipico dei paesi balcanici, resti uno dei migliori centri al mondo.

A mio avviso le cose da precisare sono due. La prima è che, come ci fa notare Pat Graham di AP News,  Jokic non è certo il primo tra i lunghi NBA ad essersi distinto in questi comportamenti, (viene fatto l’esempio di Dwight Howard che, anche non andando a cercare troppo lontano, poche settimane fa reagì veementemente instaurando un litigio con il compagno Anthony Davis o più semplicemente il buon vecchio Shaq, che di diverbi nella sua carriera ne ha avuti non pochi)  che possono spesso far parte della vita di un centro. La seconda invece è vedere come, al rientro dalla squalifica, Jokic abbia impacchettato una serie di prestazioni monstre che hanno lasciato tutti a bocca aperta, a suon di triple-doppie e statistiche magistrali che lo fanno rientrare a mio avviso prepotentemente nella corsa per l’MVP, che fino ad ora si ipotizzava essere una corsa a due tra Stephen Curry e Kevin Durant

Come si fa a restare indifferenti di fronte a simili performance? Con la sua cinquantanovesima tripla-doppia in carriera, Jokic sta viaggiando, dopo 13 partite giocate, in doppia-doppia di media con 26.1 punti, 13.8 rimbalzi e 6.3 assist di media a partita, trascinando i suoi Nuggets che quest’anno, complice anche il lungo infortunio di Jamal Murray e quello più recente di Micheal Porter Jr (che fino ad ora sta disputando una stagione a dir poco pessima), sono ancor più dipendenti dalle sue giocate. Sembra un po’ di vedere gli Warriors della scorsa stagione, completamente Steph-dipendenti.

Ma al di là di ciò, non si può non notare che quest’uomo, pur con il suo carattere difficile e tutti i problemi del caso, a 26 anni si sta dimostrando come uno dei centri più versatili e funzionali della storia NBA, grazie a dei miglioramenti avvenuti in tempi brevissimi. Pensiamo infatti a tutte le difficoltà fisiche patite nel corso degli anni e ai tanti problemi di sovrappeso, i quali alla fine, anche grazie alla positività al Covid e il lockdown, sono stati parzialmente risolti anche grazie al lockdown e alla positività al Covid (Lo vediamo in foto, a destra ad inizio stagione 2019/20 e a sinistra, con 18 kg in meno, nella bolla di Orlando).  I complimenti in ogni caso non sono certo mancati e molti ex-giocatori o attuali coach non hanno fatto mancare parole di incoraggiamento e consigli a The Joker.  Stan Van Gundy lo definisce un giocatore che vorrebbe sempre mettere la squadra davanti a tutto ed un vincente nato. Dominique Wilkins vede in lui un centro europeo vecchio stile ma allo stesso tempo moderno, paragonandolo ai più grandi di sempre in quel ruolo. E infatti in quest’ultimo anno e mezzo,  nel corso della sua definitiva consacrazione, Jokic ha sviluppato un’intelligenza ed una visione di gioco fuori dal comune ed è diventato un tiratore affidabile sia dalla media che dalla lunga distanza oltre che un ottimo difensore, diventando un giocatore unico nel suo genere. Il problema quindi non è tanto quello che lui mostra in campo o come gioca a basket,  quanto quello di trattenere la rabbia e saper reagire alle provocazioni e alle pressioni, cosa che un grande cestista deve avere nel suo DNA.

Detto questo, se a 26 anni vediamo un giocatore di tale caratura e capace di mettere certi numeri, non vedo l’ora di vederlo tra qualche anno nel prime della sua carriera. Il futuro può essere davvero roseo per Jokic, se imparerà a regolarsi e a mostrare intelligenza e superiorità anche fuori dal campo, per far vedere a tutti che quel ragazzo di 19 anni in sovrappeso, quarantunesima scelta al draft 2014 e su cui nessuno avrebbe scommesso un euro, nonché uno dei giocatori più sottovalutati della storia del basket a stelle e strisce, è diventato adesso un campione a tutti gli effetti ed uno dei migliori al mondo.

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