Mondiali FIBA 2019, il quarto di finale che non ti aspetti. La Polonia si è lasciata dietro ostacoli in successione, la Spagna ha perso molti dei gioielli della corona, ma resta temibile, anche per la capacità di azzannare la partita quando conta. Una sfida affascinante, tra i biancorossi che sono stati una potenza fino agli anni Settanta e gli iberici che si apprestano a salutare definitivamente la loro Generazione d’Oro. Affascinante e ricca di spunti, che analizziamo di seguito.
Mondiali FIBA 2019: qui Spagna
Il canestro con cui la Spagna si libera degli azzurri, che è stata sua bestia nera nei giorni gloriosi del Novecento e in quelli nefasti del Duemila, è un po’ lo specchio di questa Roja. Marc Gasol, a secco fino a quel momento, prende palla sotto canestro, si gira, la sfera si abbarbica sul ferro e poi entra. La Spagna brutta copia di quella dei successi passati recenti batte un’Italia che i tempi belli manco se li ricorda, tanto sono, di giorno in giorno, più opachi.
Non è una Spagna priva di talento, sia ben chiaro. Perché ancora qualcuno della generazione d’oro ce l’ha e, anche se non sono più nel loro zenit, sono comunque ben lontani dal toccare il nadir. Almeno non finché hanno un Ricky Rubio sempre in controllo, la cui meccanica di tiro resta sempre non ortodossa ma tremendamente efficace. La prima volta che sentimmo parlare del ventinovenne play iberico fu in occasione del Mondiale 2006 in Giappone, Paese che ospiterà le prossime Olimpiadi e non lontano dalla Cina. Gasol è la presenza fondamentale nei pressi del canestro, in una squadra che è tutt’altro che brava a intimidire ma che trova canestri facili grazie a un gioco di posizione (di attacco dello spazio, per dirla alla Arrigo Sacchi) che ricorda il miglior Barcellona di Guardiola.
Nel complesso la Spagna è una compagine in cui dodici giocatori su dodici sanno crearsi da soli un tiro dal palleggio, siano essi il maestro di cerimonie Sergio Llull o l’insospettabile Juan Hernàngomez. Un bel vantaggio soprattutto per chi sa costruiti canestri, facili e difficili, grazie a passaggi a intelligenti favoriti da movimenti senza palla funzionali, ulteriormente favoriti da qualche pick and roll con scarico.
Mondiali FIBA 2019: qui Polonia
“Eh, ma c’hanno l’americano”. L’alibi è sempre quello. Poco conta che poi nel presente o nel passato anche chi si nasconda dietro i passaportati in realtà non ne sia stato immune. Memoria corta. Oddio, per la Polonia in realtà l’americano ci sarebbe pure, solo che il suo contributo in campo è limitato perché sta in panchina. Mike Taylor è, forse, un’eccezione alla regola che vuole i coach non incidere più di tanto nel basket. L’allenatore degli Hamburg Towers negli ultimi anni ha sempre fatto la spola tra la madrepatria e il Vecchio Continente: ha alternato Cekia, Germania, Inghilterra a Maine, Kansas e Rio Grande.
È ct della Polonia dal 2014, e ha portato la Polonia al primo Mondiale dal 1980, non senza una certa sorpresa. E sì, ha AJ Slaughter che molte volte tira fuori una tripla improbabile o una penetrazione diabolica, ma se il miglior marcatore dei polacchi al Mondiale finora è Mateusz Ponitka forse sarà il caso di concludere che nei bialo-cerwoni non è solo “l’americano più altri quattro”. Proprio la guardia dello Zenit San Pietroburgo, per dire, sa essere letale tanto in entrata quanto con il tiro da fuori.
A volte viene trovato da Lukasz Koszczarek, visto in Italia all’alba del secondo decennio del Duemila, nella Caserta che allenata da Pino Sacripanti disputava l’Eurolega (pura utopia, a pensarci ora). Il play non ha più l’atletismo di quei giorni, ma conserva invece ancora alcuni guizzi dei suoi, che lo rendono il primo assist-man dei suoi (3.6) pur giocando solo 15.4 minuti.
Andando oltre, Adam Hryacaniuk è un lungo con buone mani e visione di passaggio, caratteristiche che lo accomunano all’ala piccola Adam Waczynski, l’unico insieme a Slaughter e Ponitka in doppia cifra. A proposito di lunghi, è curiosa la coppia formata di ali forti, Aaron Cel l’atletico e Damian Kulig il grosso, goffo ma con tiro pregevole. Non è una squadra dall’età media bassa, la Polonia, ma l’Olek Bacelorwski giovane che si muove bene ha mostrato buone cose quando è stato chiamato in causa al Mondiale. Mentre in Italia va per la maggiore il pensiero che i giovani vadano fatti giocare quando non conta…
Le chiavi della partita
Quindi come si batte la Spagna? Anzitutto cercando molto il pitturato, in cui Victor Claver ha l’abilità di passare e di cercare i rimbalzi ma comunque manca di tonnellaggio, e in cui Gasol garantisce schermatura non, come già detto, intimidazione. Poi, a ben vedere, la Roja ha sofferto parecchio anche il contropiede primario.
La Polonia invece è complessivamente fragile ovunque e da nessuna parte: a volte si distrae e concede canestri facili nel pitturato, che invece saprebbe pur proteggere bene. Quindi per metterla all’angolo servirà attaccarla in continuazione e farle perdere il filo.