Ogni appassionato di Basket, non potrà di certo non attendere con ansia il week end più stellare di tutto l’anno! Skills, schiacciate, tiri da tre, insomma chi più ne ha più ne metta! Però io, senza sapere bene perché, ogni volta che penso all’ all star weekend, penso a Rasheed Wallace e a quella telecronaca marchiata Tranquillo – Buffa, dove si scherzava (ma non troppo) di come Sheed tentasse in maniera più che indifferente di sabotare la gara delle stelle. Effettivamente mi sono reso conto di essere interiormente io stesso diviso in due, sull’opinione di questo spettacolo. Ecco prima di tutto credo non si debba mai dimenticare in che chiave viene organizzata la situazione: Business is business. Appurato questo ogni possibile argomentazione potrebbe risultare alquanto sterile, ma credo sia comunque interessante riflettere su alcune osservazioni.
Showtime è la parola chiave
Per attirare il maggior numero di pubblico possibile, è chiaro che lo show debba essere sempre ad un livello più che elevato e ciò include vari fattori, tra i quali spiccano sicuramente i nomi dei giocatori coinvolti e il loro rendimento nelle competizioni organizzate. Per chi non sapesse come viene organizzato questo week end stellare è bene andare passo per passo: il venerdì troviamo la partita tra le celebrità, appartenenti al mondo dello spettacolo, musica ecc… un match a tratti tendente al comico, grazie anche a chi viene coinvolto nello show (Kevin Hart ne sà qualcosa), che però può regalare l’apparizione sul parquet di qualche ex stella del basket professionistico (chi non ama la “cioccolata bianca”?). Il livello impenna decisamente, con la sfida tra una selezione di giocatori U.S.A. ed una di player provenienti dal resto del mondo (tra gli esordienti del primo e secondo anno). Mi ricollego al discorso poco fa accennato… il grado di godimento della sfida, varia drasticamente in base ai nomi che troviamo tra i roster e questi dipendono esclusivamente dalla qualità delle annate. A mio avviso, ragionamento ancor più valido per gli eventi che si svolgono il sabato: gara di tiro dall’arco dei 3 punti; se diamo una rapida sfogliata tra le pagine di questa sfida durante gli anni, credo che il godimento per questa gara sia sempre stato piuttosto alto, dai tempi di Larry fino al trionfo di Marco. Molto piacevole anche la gara di skills, la quale consiste nell’eseguire un percorso più velocemente dell’avversario, però spesso l’impressione che si avverte è che il concetto di competizione con la C maiuscola, non sia sempre bene presente tra i partecipanti. Una delle sfide più attese è di certo lo Slam dunk contest;anche qua è d’obbligo una premessa… dopo Dr J, MJ e VC, il livello di aspettative è sempre molto alto oramai, proprio perché gli standard raggiunti, sono veramente incredibili e il desiderio di vedere e vivere momenti simili o addirittura superiori è talmente forte, che spesso si finisce per restar delusi. Però non ci si può di certo lamentare, dato che atleti come J – Rich, D12, Nate, Zach e Blake, hanno decisamente dato un contributo stellare, sia per fantasia che per esecuzione; altra nota un po’ dolente per questa competizione è la mancata e attesissima (aimè) partecipazione di Lebron, corteggiato lungo tutta la sua carriera, ma senza mai buoni esiti. Terminando con la domenica, giungiamo alla vera e propria sfida tra le stelle della lega; la formula originale prevedeva una sfida tra due formazioni d’elite, East vs West, composte da giocatori militanti rispettivamente in franchigie appartenenti alla costa est oppure ovest (l’ultima versione vede la scelta di due capitani rappresentanti le due conference principali, i quali andranno ha creare il proprio team con una sorta di lottery stellare). Da questa sfida, i momenti storici che si possono estrapolare sono molteplici e leggendari; sin dai primi anni ’60, è pazzesco vedere giocatori quali Bill Russell, Oscar Robertson , Wilt … come già avessero l’impostazione sia fisica che “stilistica” (intesa come attitudine in campo) del futuro di questo gioco. Idem nella fine degli anni ’70, dove Julius Erving e Pistol Pete, già rendevano possibile l’impossibile; negli anni ’80 Bird ha volato alto, spianando la strada allo spettacolo che Jordan e co. avrebbero messo in scena. A cavallo tra fine anni ’90 e l’inizio dei 2000, possiamo ricordare dei momenti particolarmente magici… il livello dei giocatori, in ambo i team, era veramente alto e distribuito in maniera molto omogenea e ben equilibrata. Marchi di quelle partite, le giocate di Iverson (con un tiro sospeso in aria e dietro al tabellone), Carter con i gomiti nel canestro e la remix di Tracy.
I tempi cambiano… le emozioni no
La partita delle stelle, se vogliamo, riflette ed evidenzia alla massima potenza, anche gli eventi che in specifici anni sono stati estremamente rappresentativi per il mondo Nba: probabilmente uno tra i più emozionanti è stato nel 1992, la celebrazione del ritorno di Magic premiato come mvp della partita. Il successo di quello show è basato su uno dei più importanti miti della cultura americana ed in particolare afroamericana: don’t call it a come back. Qualunque persona/personaggio, simbolo e riferimento a livello pubblico, venga messo al tappeto dalla vita e abbia la forza di rialzarsi, ritornando più forte di prima, viene celebrato come campione a vita; Magic quell’anno oltre il super all-star game, diede spettacolo ai giochi olimpici… la storia è nota. Altra pietra miliare la possiamo piazzare nel 2003, evento all star dalla duplice importanza; prima di tutto, la convocazione di Yao Ming esalta il pubblico a livelli indescrivibili, considerando che Yao è uno di quei giocatori che hanno chiaramente una posizione ben marcata all’interno della storia. Magari per noi occidentali non è ai primi posti come potrebbe essere qualunque altra superstar,ma nella sua terra, il grado di divinità è per poco sfiorato, considerando anche il ruolo “politico” che viene assunto (involontariamente) da Ming, connessione importantissima tra due delle super potenze mondiali. Secondo motivo… bhe l’ultimo all star di MJ; quando c’è di mezzo il suo nome, non c’è mai nulla di banale,infatti per chi si fosse perso i secondi finali del 4 quarto, consiglio di rimediare subito dando un’occhiata… credo che Shawn Marion si stia domandando ancora oggi come Mike abbia fatto. Sempre citando mr. Buffa, Air Mike non è mai sceso in campo senza giocare forte, che fosse gara 7 o una partita d’esibizione, ed è proprio su questo tipo di attitudine che mi soffermo. Come palesemente visto da tutti, in certe frazioni della partita tra le migliori star del momento, ci sono dei momenti parecchio lontani dal concetto di match aggressivo, in particolar modo difensivamente parlando, dato che capita spesso che molti giocatori non tornino neanche in difesa. Ora nessuno pretende che la mentalità di MJ o Kobe o Magic, venga plasmata ad ogni giocatore, però sarebbe interessante vedere una gara veramente mozzafiato e mi risulta difficile credere che con il livello che è presente sul parquet, non ci possa essere una partita tendente al punto a punto, con tensione e fiato sospeso per chi assiste. Chiaramente sono consapevole di come la visione di certi giocatori possa essere più vicina al puro divertimento che al tipo di approccio tipico da gara, però oltre a quei momenti pazzeschi, in cui avvengono azioni straordinarie che solo dei fenomeni possono fare… sarebbe ancora meglio se tutto l’arco della partita fosse l’espressione massima del talento riunito in campo. Di certo quanti brividi ed emozioni sono state regalate ad ogni appassionato durante questi tre giorni; giocatori diversi, epoche diverse, momenti storici diversi… però è un attimo di passione che slitta facilmente oltre il lato business alla base di questa iniziativa, ed è la chiara manifestazione di come una gara, pur non equiparabile al valore di una finals, possa riunire milioni di persone in tutto il mondo, le quali sono ansiose di vedere qualcosa che faccia crollare la barriera della realtà. La soluzione migliore e sicuramente più sana, è accettare quello che c’è, sperando sempre che i giocatori siano contestualizzati in una situazione stimolante, che evochi il loro spirito competitivo alla massima potenza, ma anche in caso contrario, per quanto possa andare male, per ogni fan di questo sport, è un momento fantastico da godersi pienamente.
E.R. – stile in prima linea