In quel di Salt Lake City gli Utah Jazz si lasciano alle spalle un’annata ricca sia di alti che di bassi, nella speranza di poter ritrovare alla Vivint Smart Home Arena, seppur eventualmente riempita in modo parziale e limitato, l’atmosfera giusta per incanalare le energie e puntare al trofeo che da sempre è il più ambito dell’intera lega: il titolo NBA. Ecco la situazione del team di Salt Lake City nella preview 2020/2021.
I Jazz sono sempre stati una delle mine vaganti della Western Conference, protagonisti di annate positive dal risultato inaspettato, ed altre, tra cui ad esempio quella appena conclusasi, che hanno lasciato l’amaro in bocca e quell’irritante senso di insoddisfazione. Utah, inoltre, non è mai stata una delle piazze più ambite dai maggiori free agent presenti sul mercato, perciò il lavoro del rispettivo front office si è concentrato, di anno in anno, sul rifinire il roster già a disposizione. Una cosa è però certa in casa Jazz: il futuro della franchigia passerà, e passa tutt’oggi, dalle mani della guardia che più ha fatto sognare il suo pubblico negli ultimi anni: Donovan Mitchell. Il ventiquattrenne è fresco di un rinnovo al massimo salariale da 163 milioni totali su base quinquennale, firma che concederà a Utah di mantenere la sua punta di diamante in squadra e contemporaneamente tentare l’assalto al titolo.
Sia la pandemia da Sars-CoV-2 che la ripresa nella bolla di Orlando hanno cambiato le carte in tavola, rimescolandole in un modo che forse nessuno si sarebbe aspettato. Gli Utah Jazz si presentano quindi alle porte della stagione 2020/2021 con aspettative simili a quelle degli anni precedenti: l’obiettivo è sempre lo stesso, la squadra escluso qualche aggiustamento idem, l’esperienza alle spalle è pero maggiore e con essa anche la voglia di ritornare vincere.
I movimenti nella off-season
Nessuna mossa da capogiro in questa free agency per i Jazz, solo qualche scambio da rifinitura della squadra. In primis, Utah si è inizialmente indebolita nel reparto lunghi perdendo sia Ed Davis che Tony Bradley, il primo spedito ai New York Knicks ed il secondo ai Detroit Pistons. Tuttavia, i Jazz sono subito corsi ai ripari portando in squadra un giocatore che la loro casacca l’aveva già vestita: Derrick Favors, sotto contratto per tre anni a 27 milioni totali.
Fondamentali invece sono stati i rinnovi, come già accennato, di Donovan Mitchell e di Jordan Clarkson, quest’ultimo rifirmato per quattro anni a 52 milioni. Insomma, in linea di massima una off-season piuttosto tranquilla che non ha di certo destabilizzato gli equilibri interni alla squadra, ma anzi ha cercato con l’aggiunta di Favors di porre rimedio ad uno dei problemi principali della scorsa stagione.
Al draft i Jazz hanno selezionato Udoka Azubuike con la numero 27, centro in uscita da Kansas, e Saben Lee alla numero 38, point-guard in uscita da Vanderbilt. Rimane ancora da definire, invece, l’eventuale firma di Emmanuel Mudiay, che nella scorsa stagione ha viaggiato a buone cifre come riserva di Mike Conley.
Jazz preview 2020/2021: il gioco
La fase offensiva degli Utah Jazz passerà, in primis, dalle mani del giovane Donovan Mitchell: il ventiquattrenne ha saputo sviluppare la capacità di crearsi un tiro dal palleggio, l’ideale per un giocatore del suo tipo che dovrà gestire in prima persona un alto numero di possessi.
Il focus principale di coach Quin Snyder rimane però un altro: le capacità da finalizzatore al ferro di Mitchell. Il prodotto di Louisville è in grado di sfruttare al meglio il suo atletismo, ed, una volta giunto nel pitturato, il ventaglio di conclusioni è sempre più ampio e variopinto. E’ per tal motivo che, nella scorsa stagione, i Jazz hanno fatto particolare affidamento al pick and roll centrale, solitamente con la palla nelle mani di Mitchell ed un lungo come Rudy Gobert a portare il blocco. Una volta che il centro si trova nella posizione corretta, Mitchell inizia a scrutare la situazione: spesso la difesa tende a raddoppiare sul perimetro per evitare un canestro da tre punti, ed è in tale occasione che la guardia spezza il raddoppio trovandosi una via diretta verso il ferro.
A questo punto, la difesa può effettuare due scelte: o collassare in area, concedendo però al portatore di palla uno scarico verso i tiratori esterni, e qui si inseriscono perfettamente le doti da cecchino di Bojan Bogdanovic; oppure lasciare che il difensore più vicino all’area se la veda con Mitchell. Un altro fattore fondamentale in questo contesto è Gobert, che subito dopo aver portato il blocco esegue un rapido taglio a canestro per due punti facili.
Una peculiarità dell’attacco dei Jazz è il loro pace: 99.15, uno dei più bassi dell’intera lega. Utah gioca quindi ad un ritmo più basso rispetto agli standard moderni, ma non è da escludere che, visti i progressi come trattatore del pallone dello stesso Mitchell, la squadra cerchi di spingere maggiormente sull’acceleratore in transizione nella prossima stagione. Per quanto riguarda l’offensive rating invece, con un valore di 111.8 i Jazz rientrano nella top 10 dell’intera lega. Utah cavalca inoltre l’onda del tiro da tre punti, risultando la migliore tra le trenta franchigie per percentuale dalla lunga distanza: 38.0%, un dato che sottolinea quanto la formazione di coach Snyder punti su questo aspetto del gioco.
Come detto in precedenza, le penetrazioni al ferro sono il clou dell’offensiva Jazz. E’ importante però evidenziare quanto questa filosofia di gioco non sia seguita solo da Mitchell, che ne è forse il miglior interprete, ma anche dal resto della squadra: 57.4 penetrazioni a canestro a gara, il numero più alto mai registrato dall’introduzione di questa statistica. Tra i 65 giocatori che hanno tentato almeno otto penetrazioni a partita, ben 6 di questi hanno vestito lo scorso anno la maglia dei Jazz. Attaccare il ferro crea inoltre maggiore spazio per i tiratori, ed in stagione regolare Utah ha tirato con il 41.3% da tre punti sui tiri in ricezione.
Ad alternare Mitchell nella gestione dei possessi sono Mike Conley e Joe Ingles, che nonostante i rispettivi cali di rendimento dello scorso anno possono comunque risultare utili alla squadra, magari il secondo di questi due meno come realizzatore e più come passatore. Mentre una buona parte dei giocatori dei Jazz penetra per cercare una conclusione, l’ala australiana penetra principalmente per cercare un passaggio vincente. Sul totale delle penetrazioni per gara effettuate da Ingles, il 15.7% di queste ha portato ad un assist. Sotto questo punto di vista, il tipico consegnato che il trentatreenne gioca principalmente con Gobert risulta alquanto difficile da difendere.
Infine, seppur spesso considerato solo per il suo contributo difensivo, non si può sorvolare sull’apporto che il lungo di origini francesi fornisce sotto canestro, e, soprattutto, sulla qualità dei suoi blocchi.
La scorsa stagione, interrogato alla voce screen assists, Rudy Gobert ha risposto con un bel 6.9 di media a partita, il secondo più alto della lega. Con tale dato si fa’ riferimento a tutti quei blocchi che conducono direttamente ad un canestro segnato, ed il ventottenne ha dimostrato di saper portare questo aspetto del gioco ad un livello elitario.Il tre volte all-NBA è anche, vista la sua stazza e la sua dominanza fisica, una costante minaccia in area. Nel corso della stagione 2019/2020, egli ha registrato un totale di 203 schiacciate, e coach Snyder con la seguente dichiarazione ha voluto sottolineare quanto la sua presenza nel pitturato sia importante. “I suoi tagli a canestro sono così efficienti e temuti che portano la difesa a collassare, proprio come se fosse una penetrazione con la palla in mano. Facendo ciò lui crea attacco per la squadra”.
Passando alla fase difensiva, Rudy Gobert è senza dubbio il perno fondamentale in questa metà campo: sotto canestro, o più in generale in area, il lungo francese contribuisce ad intimorire continuamente i penetratori avversari. Per di più, nel recente passato, il due volte difensore dell’anno ha sviluppato l’abilità di difendere anche al di fuori del suo habitat naturale.
Il ventottenne è ora noto per poter anche uscire sul perimetro, andando così a marcare giocatori senza dubbio più rapidi e veloci. Certo, una volta fuori dall’area anche il suo impatto difensivo un po’ ne risente, ma la sua acquisita versatilità garantisce comunque una maggiore tranquillità nel caso si dovesse verificare un cambio di marcatura. Braccia lunghe, celeri cambi di direzione e prontezza di riflessi, questi gli ingredienti di cui Gobert fa’ uso per servire almeno due stoppate a serata. Un protettore del ferro come pochi, che spesso in situazioni di pick and roll difende prima sul portatore di palla e poi scivola sul centro per mantenere l’egemonia difensiva del pitturato.
Per gli avversari arrivare al ferro quando Gobert è presente in area è abbastanza complicato.
Per quanto riguarda la scorsa annata, con Gobert in campo i Jazz hanno concesso 107.4 punti su un totale di 100 possessi. Al contrario, con il ventottenne in panchina, Utah ha concesso 115.6 punti sugli stessi 100 possessi. Una bella differenza tra i due dati, spesso capace di ribaltare da una parte o dall’altra l’esito del match. Ed è in questo contesto, quello dove Gobert è assente sul parquet, che si inserisce perfettamente un giocatore che, l’anno prossimo, potrà fare la differenza contemporaneamente su entrambe le metà campo.
Un potenziale fattore: Derrick Favors
La firma di Derrick Favors calza a pennello con le difficoltà dei Jazz: con Rudy Gobert in panchina, la formazione di coach Snyder ha faticato molto nella metà campo difensiva, ed era quindi necessario portare in squadra un ulteriore lungo capace di difendere l’area, catturare rimbalzi, ed assicurare una presenza costante sotto canestro. Quale miglior nome allora, rispetto a quelli presenti sul mercato, di Favors? Probabilmente nessuno. Il ventinovenne ha giocato ben nove stagioni in maglia Jazz, esclusa l’annata appena conclusasi dove ha vestito la casacca dei New Orleans Pelicans.
In quel di New Orleans, Favors ha fatto la differenza sin da subito, e le sue statistiche difensive riflettono tale contributo: con il prodotto di Georgia Tech in campo, gli avversari hanno tentato in generale il 6.6% in meno di tiri a canestro. Inoltre, Favors ha catturato di media il 24.3% dei rimbalzi scaturiti da un errore al tiro degli avversari, un dato impressionante che dimostra quanto sia efficace la sua presenza nel pitturato. Il ventinovenne darà il suo contributo anche nella fase offensiva, pur avendo in tale metà campo un ruolo più limitato. Lo scorso anno ha dimostrato di poter essere produttivo pur tentando pochi tiri a gara: 9.0 punti con il 61.7% dal campo, il tutto in soli 6.6 tentativi a partita.
Derrick Favors è esattamente quel che il dottore aveva prescritto ai Jazz. Serviva più difesa? Favors torna utile. Serviva una panchina più lunga e solida? Favors torna utile. Serviva un giocatore capace di dare il cambio a Gobert? Favors torna più che utile.
Jazz preview 2020/2021: le aspettative stagionali
In ottica playoffs, la ripresa nella bolla di Orlando è stata un fallimento per gli Utah Jazz. L’essere stati eliminati al primo turno, specialmente dopo essere saliti in vantaggio sul 3-1, è una sconfitta a dir poco amara che deve aver fatto riflettere a lungo i giocatori dello Utah. Nonostante ciò, i Jazz avranno la possibilità di rifarsi a partire dal prossimo 22 di dicembre, in una stagione 2020/2021 sicuramente più normale rispetto a quella precedentemente vissuta.
E’ ovvio che l’obiettivo principale è uno solo, e sempre quello rimarrà. Tuttavia, per arrivare al titolo NBA il cammino è lungo e spesso richiede anni di tentativi e di maturazione. I Jazz un po’ questa esperienza già la possiedono, ma per fare il salto di qualità sono tanti altri i fattori da dover impiegare: primo fra tutti, la continuità.Continuità che è sicuramente mancata la scorsa stagione, ma che potrebbe venir molto meno quest’anno: i Jazz, oltre alla presa di Favors, ritroveranno Bogdanovic, assente nell’ultima corsa al titolo. Donovan Mitchell e Rudy Gobert, in particolare il primo, avranno bisogno di essere sul pezzo dal primo all’ultimo momento, visto che oramai il sistema di gioco di coach Snyder è ben conosciuto, definito, e soprattutto oliato.
Un risultato migliore rispetto a quello dell’anno precedente, il che non vuol dire per forza primi ad ovest, è un traguardo sicuramente raggiungibile: nella stagione 2019/2020 i Jazz sono arrivati sesti, dietro ad Oklahoma City Thunder e Houston Rockets, squadre che Utah può tranquillamente superare dal punto di vista del posizionamento. Alla tre troviamo invece i Denver Nuggets, i quali hanno però perso Jerami Grant, perciò Utah potrebbe contendersela con la formazione capitanata da Nikola Jokic.
Dal basso della classifica, al contrario, rincorreranno sicuramente i Dallas Mavericks, i Portland Trail Blazers, ed i Phoenix Suns. Dando quindi un’occhiata un po’ più ampia alla Western Conference, gli Utah Jazz hanno tutte le carte in regola per subentrare nelle migliori cinque. Considerarli nella top 3 è sicuramente un azzardo, ma viste le sole due vittore che l’anno scorso hanno separato Jazz e Nuggets, niente di tutto ciò è impossibile.