Home NBA, National Basketball AssociationApprofondimenti Brittney Griner, il racconto della detenzione a cuore aperto: “Ho pensato di togliermi la vita”

Brittney Griner, il racconto della detenzione a cuore aperto: “Ho pensato di togliermi la vita”

di Carmen Apadula

Brittney Griner ha passato ben 10 mesi in una prigione, in Russia, nel 2022. Possiamo solo immaginare, e soltanto lontanamente, quanto questa orribile esperienza abbia lasciato un segno profondo nella sua vita.

La giocatrice ha infatti deciso di non lasciare che nessuno potesse “appropriarsi” del suo trauma, e di raccontarlo lei in prima persona, in un libro che uscirà il 7 maggio e si chiamerà “Coming Home”.

Ma, nonostante il trauma e le difficoltà nel superarlo, la Griner ha deciso di guardare il suo recente passato a testa alta e di affrontare quelle che sono le sue prime interviste dopo il rilascio.

Il suo racconto parte dall’inizio, quando ha messo l’olio di cannabis in valigia senza volerlo, a causa di un “innocente errore”. Un po’ come quando perdi le chiavi della macchina, ma “più fatale”.

Ha detto di aver fatto le valigie da sola il giorno in cui è atterrata in Russia, e di averci messo questo olio che le era stato prescritto da un medico. E si è ricordata di averlo nella borsa solo quando è arrivata al controllo doganale, quando era già in Russia. Quindi, pur volendo, era troppo tardi.

“Non appena ho sentito la cartuccia di olio riposta in una tasca interna dello zaino, il mio stomaco è sprofondato” ha confessato. “Mi sono detta subito che sarebbe andata a finire molto male”.

Ed è così che Brittney è stata arrestata in un aeroporto di Mosca, dopo che le autorità russe hanno trovato queste famose cartucce da svapo. La giocatrice, in seguito, si è dichiarata colpevole ed è stata condannata a ben 9 anni di carcere.

La Griner ha descritto il suo arresto, le condizioni scioccanti e insalubri che ha dovuto affrontare in carcere e il suo difficile riadattamento alla vita ordinaria.

“Non sono mai stata così sporca in vita mia. Nelle prime settimane volevo togliermi la vita, più di una volta. Avevo una gran voglia di andarmene”. 

Ma ha deciso di non farlo. Ha avuto il coraggio di andare avanti, di sopportare tutto ciò che di disumano le stava accadendo. Ma non perché sentiva di potercela fare. Purtroppo no. Semplicemente perché temeva che le autorità russe non avrebbero riconsegnato il suo corpo alla famiglia.

“La mia vita è diventata uno spazzare, pulire e pregare. Speravo di poter tornare a casa in qualche modo. Soffrivo perché sapevo di aver consegnato al mondo un’arma”.

E non è finita qui. Anzi. Brittney è stata anche il bersaglio della rabbia di molti americani. 

“Ho ricevuto tanto odio e tanti commenti su quanto io sia antipatriottica. Mi hanno detto che sono antiamericana e che non dovrei essere viva in questo momento”.

L’arresto della Griner è avvenuto poco prima dell’invasione dell’Ucraina, e ciò l’ha resa subito una pedina politica, mentre la Russia cercava di negoziare il rilascio di diversi cittadini di alto profilo imprigionati negli Stati Uniti.

Da allora, la Russia ha arrestato il giornalista statunitense Evan Gershkovich (con accuse di spionaggio che lui e il giornale per cui lavora hanno definito false), e il presidente russo Vladimir Putin ha lasciato intendere di voler garantire il rilascio di un sicario dei servizi di sicurezza russi, imprigionato in Germania. 

La Russia detiene anche l’ex marine statunitense Paul Whelan e diversi cittadini russo-statunitensi, tra cui la giornalista Alsu Kurmasheva.

La Griner ha infatti parlato anche della spinta delle pubbliche relazioni, guidata dai sostenitori della comunità nera, che alla fine ha portato l’amministrazione Biden a lavorare direttamente per risolvere la vicenda. 

Ha anche aggiunto che il presidente americano Joe Biden inizialmente aveva detto a sua moglie Cherelle di non fargli pressione in pubblico durante i negoziati, perché così facendo “avrebbe fatto il gioco della Russia”.

Alla fine, Biden ha risposto ad una lettera direttamente alla Griner, scrivendo: “Riportarti a casa è stata la cosa più importante per tutti noi”.

La giocatrice ha parlato del malessere psicologico e fisico durante la sua detenzione, soprattutto in quando donna afroamericana e gay, detenuta sotto l’accusa di traffico di droga.

Ha descritto il suo stato di angoscia in prigione, le sue preoccupazioni per il fatto che il suo caso poteva aver giocato a favore di stupidi stereotipi sulle persone nere in quanto drogate e pericolose, e della sua condizione di donna gay in una prigione in cui i progressi del movimento LGBTQ+ sono stati repressi con la forza. 

È stata ripetutamente sottoposta a insulti osceni e, addirittura, a violenze da parte delle guardie carcerarie russe, che la guardavano e la fotografavano nuda per umiliarla.

La fine di questo inferno è arrivata quando Brittney è stata scambiata con il trafficante di armi russo Viktor Bout.

Prima di essere rilasciata, la Griner ha detto di essere stata anche costretta a scrivere una lettera a Putin.

“Mi hanno fatto scrivere questa lettera. Era in russo. Dovevo chiedere perdono e ringraziare il loro cosiddetto grande leader. Non volevo farlo, ma avevo troppo bisogno di tornare a casa”.

Quando alla fine è stata rilasciata, Bout le ha stretto la mano e si è congratulato con lei. Ma la giocatrice non poteva fare a meno di rimanere delusa quando è salita sul suo aereo, diretta verso casa. Perché Whelan non era con lei.

“Non lo vedevo, pensavo sarebbe stato rilasciato con me. Quando l’aereo è decollato ho pensato che non potevano fare sul serio. Non hanno permesso a quell’uomo di tornare a casa”.

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